Le settimane di Carta si aprono con “Vino e pane”
…ho rivisto le spelonche dell’egoismo e dell’ipocrisia da cui fuggii.
di Grazia della Volpe.
“Le settimane di carta”, neonata rubrica promossa dalla redazione de “La Rampa”, alza il sipario della sua prima con un libro di Ignazio Silone “Vino e Pane”.
Cenni sull’opera:
Scritto fra il 1935 e il 1936, durante gli anni dell’esilio politico dello scrittore, “vino e pane” conferma il successo della penna di Silone. Mentre “Fontamara” quasi come un’iniziazione era stato una sorta di esercizio di scrittura a seguito di una presa di coscienza, “Vino e pane” rappresenta la concretizzazione di questa presa di coscienza sulla crisi contemporanea: è infatti l’angoscia di un intellettuale di sinistra alle prese con una realtà refrattaria alle sue idee. In Italia “vino e pane” sarà pubblicato nel 1955.
Cenni Biografici:
Ignazio Silone è lo pseudonimo di Secondo Tranquilli, nacque a Pescina nella Marsica (Abruzzo) il 1° Maggio del 1900. Rimase orfano a 14 anni, i genitori morirono in un terremoto della Marsica, da giovanissimo iniziò a militare fra le fila comuniste, fu redattore dell’ ” Avanguardia” e del “Lavoratore” di Trieste. Fu clandestino con Gramsci, poi a seguito di una delazione fu costretto a scappare in Svizzera (1930); sono questi gli anni della rottura con il movimento comunista avendo in Russia preso il potere Stalin. Espulso dalla Svizzera e poi dalla Francia Silone rientrerà in Italia nel 1944, atterrando all’ aeroporto di Capodichino e pernottando a Caserta. La sua produzione letteraria sarà realizzata quasi tutta quanta all’estero. Morirà a Ginevra nel 1978.
Propisitio: brevi sul contenuto dell’opera
Opera sensazionale, “Vino e Pane” narra la vicenda di un esule rivoluzionario Pietro Spina che a causa di problemi di salute è costretto a fermarsi e a prendere l’identità di un sacerdote “Don Paolo” per poter tranquillamente trascorrere un periodo di riposo nelle sue terre. Inizia così una fase di meditazione sull’applicabilità delle sue idee e di osservazione della vita del microcosmo della Marsica, un microcosmo fatto di contadini carico di affanni e superstizioni. Un incontro col suo passato, un costante ribollio dei suoi ideali per i quali ha sacrificato la vita che non può manifestare liberamente nella sua veste da prelato, confronti con individualità rassegnate all’andamento delle cose vissuto come inesorabile e immutabile e infine l’incontro con un decaduto nucleo della borghesia agraria locale, un altrettanto microcosmo infarcito di reazione dove Don Paolo riesce a fare breccia nella sensibile figura di Cristina, un fine che lascia un tanto di amaro in bocca. Questo il percorso del libro.
È questa un’opera da leggere tutto d’un fiato, che nel lettore sensibile accende degli interrogativi che nonostante la distanza di tempo non possono assolutamente definirsi anacronistici. Perchè gli interrogativi sul pensiero, sull’etica, sulla coscienza, sul se ne valga o meno la pena difendere le proprie idee e agire secondo esse, escono dal divenire del tempo.