Sandro Ciotti, dieci anni dopo

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Un’assenza che dura da dieci anni, quella di Sandro Ciotti, ma che non sbiadisce nel ricordo, forse ancora più forte in un panorama totalmente cambiato e in cui resta ancora impresso il suo segno inconfondibile.

Non possono non ricordarlo le generazioni di appassionati che hanno seguito rapiti le oltre 2.400 partite di calcio che ha raccontato attraverso la radio nella sua carriera quarantennale, oltre a mille altri eventi, e di sicuro non lo hanno dimenticato due dei suoi allievi alla Rai, Bruno Gentili e Riccardo Cucchi, che ancora lo chiamano “maestro”. “Dal 18 luglio 2003, che ricordo ancora con dolore, e prima ancora, dall’ultima radiocronaca di Sandro – afferma Gentili -, é cambiato tutto: il calcio e il modo di raccontarlo.

Anche Tutto il calcio minuto per minuto, di cui Ciotti era uno dei tenori con Enrico Ameri, è cambiato sotto la pressione di uno sport dal ritmo più frenetico, dalla pressione di una tv onnipresente, dell’informazione continua in tempo reale sul web. Non c’è più spazio per l’immaginazione, le piccole bugie, i racconti fioriti: le azioni incalzano, l’errore è dietro l’angolo e la critica è spietata. Sandro però aveva doti professionali e un livello culturale tale che anche oggi avrebbe spopolato, pur in un ambiente in cui forse stenterebbe a ritrovarsi”. L’ironia, il garbo, lo stile, la compostezza assoluta al microfono, la capacità di gestire con calma ogni situazione o imprevisto, l’attenzione per il dettaglio sono i particolari che ne facevano un fuoriclasse della categoria, concordano Gentili e Cucchi.

“Lui, Ameri, Alfredo Provenzali, e prima Nicolò Carosio, si inventarono un genere che non esisteva, quello della radiocronaca, il racconto del calcio che allora nessuno poteva vedere se non allo stadio – sostiene Cucchi -. E la voce di Sandro, così particolare, ha dato ancora più forza quella sorta di imprinting che ha legato milioni di tifosi. Tutto è cambiato molto, la tv ha preso il sopravvento, ma l’abitudine all’ascolto del calcio alla radio non è venuta meno, proprio grazie a quel particolare insegnamento di professionisti straordinari”. “Ho lavorato anni con lui – sottolinea Cucchi – e lo rivedo ancora arrivare alla postazione armato di penna, taccuino e sigarette. Non aveva bisogno di cartelle per documentarsi, non esistevano, e poi sapeva già tutto. Era enciclopedico e non solo per lo sport. Poi, quando si metteva la cuffia, cominciava il suo racconto, trascinando tutti nella malia del gioco”. “Il tratto speciale di Sandro? L’ironia – conclude Gentili -. Era formidabile a sdrammatizzare ogni situazione. Era un vero appassionato e assoluto intenditore di calcio, ma cercava comunque di renderlo lieve e di estrarne tutto quello che c’è di positivo. Una lezione, un comportamento che andrebbe seguito”.ocronache, raccontò oltre 2.400 partite

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Redazione

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