ECCEZIONALE: CASSAZIONE, LE ASSICURAZIONI DEVONO RESTITUIRE GLI INGIUSTI AUMENTI
Roma. Via libera dalla Cassazione agli automobilisti che pretendono, dalle assicurazioni, il rimborso dell’aumento del 20% del costo delle polizze Rca pagato per gli anni 1996-2000. La controversia era già stata oggetto di un verdetto dell’autorità garante del mercato e della concorrenza che, con la decisione 8546 del 2000, ha sanzionato le società assicuratrici per aver stretto una «intesa orizzontale» con il risultato che in Italia le polizze erano più care che nel resto d’Europa.
La suprema corte ha infatti accolto il ricorso di un automobilista campano, l’avvocato Adriano L., contro la decisione con la quale la corte di appello di Napoli, nel 2006, aveva escluso che la società assicuratrice da lui chiamata in causa nel 2003 per l’illecito caropolizza dovesse restituirgli alcunchè per gli anni 1997-2000 e che, comunque, il diritto alla restituzione si era in parte prescritto.
In proposito la Cassazione con la sentenza 27527 della terza sezione civile depositata oggi, sottolinea che in queste cause, attivate da moltissimi automobilisti, la data della prescrizione decorre dalla pubblicazione del provvedimento sanzionatorio dell’antitrust che funge da base al diritto al rimborso.
Pertanto Adriano L. non ha perso la chance di essere rimborsato di circa 1.051,85 euro più interessi, cifra pari al 20% dei premi pagati per i tre anni richiesti, compreso il 1997 che secondo i giudici napoletani – ora sconfessati – si era prescritto essendo trascorso, nel 2003, il termine dei cinque anni.
Inoltre, in favore degli automobilisti salassati, la Cassazione obietta che se è vero che l’antitrust ha sanzionato l’ipotesi di intesa illecita e non quella del cartello dei prezzi, tuttavia «non è esatto però sostenere che il Garante non si sia affatto pronunciato sul collegamento causale tra l’intesa illecita e l’abnorme incremento dei premi che ne è conseguito».
«Ha formulato al contrario – proseguono gli ermellini – ampi rilievi in proposito, tali da giustificare la presunzione, o quanto meno da prospettare significative ragioni di sospetto, circa la sussistenza di un tale collegamento».
La stessa Agcm – nota l’alta Corte – ha evidenziato che «lo scambio di informazioni è andato ben oltre le finalità, lecite e fisiologiche per le imprese del assicuratrici, di comunicarsi i dati rilevanti per la determinazione del ‘premio purò e si è esteso a comprendere i dati sensibili che concorrono a determinare il premio ‘commerciale», creando un «equilibrio di mercato collusivo, anche in assenza di accordi espliciti sui prezzi».
Rimandando la causa ai magistrati d’appello, gli ermellini li ammoniscono a ricordarsi che «indicazioni emerse in sede comunitaria» ritengono sia «sommo interesse dell’ordinamento giuridico economico» assicurare il risarcimento alle vittime delle violazioni al libero mercato, «anche in funzione preventiva e dissuasiva rispetto ad ulteriori illeciti» e ai danni che ne «derivano alla collettività intera».
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