PADRE MAURIZIO PATRICIELO: SPERANZA E AMAREZZE

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Non ho timore di essere infangato. L’ ho messo in conto fin dal primo giorno. Andando per le campagne a fotografare immondizie e roghi tossici quasi sempre sono ritornato con le scarpe sozze. So bene che il disastro ambientale è immenso. So bene che le armi per abbattere il nemico sono poche e si inceppano facilmente. So bene che la gente è disperata. Tra la gente c’è la mia famiglia, i miei amici, i miei parrocchiani. Il problema non è questo. Il problema è un altro. Posso anche sbagliarmi, ma non credo. Tra poco ci saranno le elezioni. Essere eletti, diventare sindaci, deputati, senatori, europarlamentari fa gola a tanti. Legittimamente, per carità. Anzi, visto che tra chi ci ha governato in questi anni, nascosti ben bene, c’erano tanti ignavi e incapaci, cambiare si rende necessario. Ho il sentore, però, che qualcuno stia preparando la sua ascesa strumentalizzando il malessere e la sofferenza della “ Terra dei fuochi”. Però non lo vuole dire. Ho anche l’ impressione che si siano infiltrate nei gruppi di volontari, persone con l’unico scopo di indebolire dall’interno il lavoro fatto fino a oggi. È sempre successo. Succede a noi, succederà ancora. In tutti i movimenti occorre fare attenzione a queste persone non facilmente riconoscibile. Intanto un primo risultato lo hanno ottenuto: l’attenzione mediatica si è spostata dal vero problema. Il tempo passa. Poi verrà Natale. L’anno nuovo ci troverà distratti in altre cose. La stanchezza si fa sentire. Lo scoraggiamento pure. Tanti già pensano di gettare la spugna. Il patrimonio accumulato, invece, non deve andare perduto. Il dramma campano ormai è diventato nazionale. Non è successo sempre. Anzi, a dire il vero, mai. E’ la prima volta. I meriti non mi interessano. Chiunque può assumersene la paternità. Adesso viene il tempo delle proposte serie. Il tempo della lotta vera, difficile. Occorrono armi spuntite e adatte. Gridare al governatore della Campania o a chicchessia: “ Sei complice, fai schifo!” nel cortile di una chiesa, lascia il tempo che trova. Serve? A dividere, certamente. Le posizioni sono diverse. Anche le fedi politiche e religiose dei “ combattenti”. Ma a noi che importa? L’amore per la nostra terra e per la nostra gente, ci fa superare ogni barriera. Il rispetto per coloro che stanno combattendo insieme a me è fondamentale. Che io fossi un prete, lo si sapeva dall’inizio. Se qualcuno non sopporta i preti sono fatti suoi. Prima di credere o di non credere, però, viene l’onestà intellettuale. Dunque, il presidente della Regione mi fa telefonare dal suo segretario chiedendomi di incontrarmi. Prima di dargli una risposta, ne parlo con il Coordinamento comitati fuochi che nacque il 4 luglio 2012 nel cortile della mia parrocchia e di cui nutro grande rispetto e stima, che si dice favorevole. La notizia viene immediatamente resa pubblica. Tutto è fatto alla luce del sole. L’ora mattutina è scelta solamente perché ambedue, Caldoro e io, siamo terribilmente impegnati in questi giorni. Il Coordinamento prepara un documento che viene dato a Caldoro che legge. Un altro documento gli viene consegnato da altri comitati, con noi alleati da qualche mese. Presento il Governatore che prende la parola. Dopo parla il dottor Antonio Marfella, poi intervengono coloro che hanno chiesto di parlare. Io resto in silenzio per tutto il tempo. Credo fermamente che il dialogo con le istituzioni sia l’unica via per uscire da questa assurda situazione in cui siamo stati gettati. L’altra alternativa per cambiare lo stato delle cose è la rivoluzione. Rivoluzione vera, però, non a parole. Rivolta alla quale, naturalmente, non credo e non prenderei parte. Venerdì sono stati ascoltati tra gli altri anche i contadini che stanno vivendo momenti di grande difficoltà. L’incontro termina con la promessa di Caldoro di incontrarci a gennaio. Non so che all’esterno della sala, nel cortile della parrocchia, alcuni nostri “ alleati” hanno deciso di inscenare una protesta. Mi accorgo che qualcuno ha il volto mascherato. Perché mai? Che cosa teme? Perché ha paura di metterci la faccia? Chi era? Un infiltrato? Un volontario? Qualcun altro grida: “ Complice, fai schifo…”. Costoro, dalla stampa, vengono definiti “ attivisti”. E quelli che in sala dialogavano, protestavano, chiarivano, interrogavano chi erano? Marfella, Lino Chimenti, Lucia De Cicco, Giovanni Caruso, Francesco Malmo, Emilia Scafuto, Franco Novi, Daniele Police, Anna Crò, Armando Corsini, Novella Vitale, Lucio Rigetti, Chiara Bellisario, Salvatore Passariello, Mauro Pagnano e tanti altri di cui non ricordo il nome che cosa erano? È pericoloso. La china si fa ripida. La trappola è in agguato. Protestare è un conto. Lo abbiamo fatto, lo facciamo e lo faremo ancora. Offendere, inutilmente, chicchessia è un altro conto. Offendere le autorità costituite, rischiando anche una querela è altra cosa ancora. Chi lo vuol fare se ne assuma le responsabilità. Può andare tutti i giorni sotto la sede della Regione, per esempio, e gridare tutte le offese che vuole. Non mettendo in difficoltà gli “ alleati”, né il prete che in questi mesi non si è risparmiato. Da questa gente io prendo le distanze. Occorre riprendere fiato. Occorre riposarsi per meglio organizzarsi. Necessita strutturarsi anche legalmente per non dare a chiunque la patente di “ presidente”, “ portavoce” o altro. Il 16 novembre 2013 è patrimonio di tutti. In quel corteo c’erano le lacrime e le fatiche di migliaia di persone. A nessuno è dato di accampare meriti. In questi mesi si è lavorato bene. Non disperdiamo il lavoro fatto. Se dovessimo cadere in questo diabolico tranello, pur senza volerlo, faremmo solamente il gioco di quel potere becero e ignavo che vogliamo debellare. A tutti buona domenica. Padre Maurizio PATRICIELLO.

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