ACERRA SALUTA IL VIGILE ANTI ROGHI

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Di Annalisa Aiardo

ACERRA. “Michele ha perso?”. Per monsignor Antonio Di Donna, che stamane ha voluto celebrare il rito funebre di Michele Liguori, “la domanda rimane aperta: spetta a noi dare una risposta personale. Anzitutto alla Regione e al Governo. Troppe cose non quadrano nell’intervista verità rilasciata in punto di morte, una confessione a cui io credo”. Molti i riferimenti del vescovo di Acerra al problema delle morti per cancro legate all’inquinamento, durante l’estremo saluto che la città ha voluto dare al casco bianco, che ad Acerra aveva inventato il nucleo ambientale di polizia municipale, di cui era unico componente. Liguori è morto all’età di 59 anni, per due tumori. Grazie a lui sono state scoperte molte discariche abusive sul territorio, che stando ai suoi ultimi racconti, erano colme rifiuti anche speciali e tossici. Un migliaio circa le persone presenti nella chiesa di Sant’Alfonso. Amici, parenti, cittadini, autorità civili e militari (che hanno trasportato il feretro in chiesa): dal capo gabinetto della Prefettura Esposito, al commissario straordinario per i roghi tossici, Donato Cafagna, dal tenente colonnello del comando provinciale dei carabinieri di Castel Cisterna, Luca Corbellotti, al vice questore di Acerra, Pietropaolo Auriemma. E non sono mancati gli ”amici” di sempre, quelli con i quali Liguori andava alla ricerca di discariche, come il comandante della stazione di Marigliano del Corpo forestale dello Stato, Geremia Cavezza, il quale ha ricordato, poco prima della funzione religiosa, “l’uomo onesto e sincero”. ”Eravamo soli – ha ricordato – avevamo come unico supporto la Procura. Ma questo non ci ha fermati, ed ora grazie al suo esempio mi sento più forte di prima. Ora le cose sono cambiate, ma il suo deve essere un esempio per tutti, perchè nonostante la malattia lui ha sempre continuato a lavorare e collaborare”. Ad attendere il feretro, davanti alla chiesa, un picchetto formato da carabinieri, polizia, vigili urbani, e volontari della protezione civile e delle associazioni ambientaliste che al termine della funzione, hanno letto una lettera, in memoria della sua “integrità, onestà, competenza e del suo coraggio, spesso macchinosamente sviliti”. Commosso, il vescovo ha sottolineato che la morte di Michele “è un simbolo di questa terra martoriata”. ”Era una sentinella zelante, un martire – dice monsignor Di Donna – che faceva il suo lavoro con scrupolo, perchè diceva di non poter far finta di non vedere ciò che accadeva sulla terra di suo padre e di suo figlio. Grazie a lui sono state condotte indagini preziose. Ora ci chiediamo, come ha fatto lui, se il suo sacrificio è stato vano, se si trattava di un moderno don Chisciotte. Lui ha lottato contro la bestia. E se dicessi che il suo sacrificio non è stato inutile, non sarei sincero. I vari gruppi ambientalisti, che devono unirsi, la Chiesa che deve educare i giovani ai valori della giustizia. E i cittadini, che non devono più voltarsi dall’altra parte. Nessuno deve delegare altri”. Commosso, il vescovo ha poi voluto salutare la moglie di Michele, Maria, ed il figlio Emanuele, 32enne ingegnere informatico che spesso accompagnava il padre nella sua ricerca di discariche sul territorio. Il giovane, disoccupato, a settembre si è iscritto alla facoltà di medicina, per ”cercare di trovare risposte e soluzioni alla malattia del padre”, raccontano gli amici.

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