Ciro Esposito il tifoso ferito resta in coma. «L'ho visto cadere a terra, i soccorsi sono arrivati in ritardo»

 

Ciro Esposito, 30 anni, il tifoso napoletano ferito ieri prima della finale di Coppa Italia, è ancora in sala di rianimazione in coma farmacologico: è stato colpito sotto l’ascella e ha avuto una lesione al polmone e alla quinta vertebra. Qui all’ospedale Gemelli dove è ricoverato già da ieri sera sono arrivati numerosi parenti dopo essere stati, in questa via crucis del dolore, a Villa San Pietro, la struttura sanitaria dove è stato inizialmente portato il ferito.

Ore di angoscia per il padre Giovanni e per i due fratelli di Ciro, Pasquale e Michele, e per la fidanzata Simona Rainone.

Il ragazzo lavora nell’autolavaggio di famiglia, nel quartiere di Scampia, alla periferia nord di Napoli. A raccontare le concitate sequenze dell’aggresione a Saxa Rubra è il cugino di Ciro, Domenico Pinto, anche lui 30enne.

Dice Mimmo: “Eravamo arrivati a Roma con due auto, con un gruppo di amici che solitamente segue le trasferte del Napoli. Siamo stati anche a Liverpool e Manchester. Eravamo in dieci, abbiamo parcheggiato seguendo i percorsi obbligati. Ci stavamo avviano a piedi verso lo stadio. Per noi doveva essere una festa, avevamo con noi anche i casatielli e la frittata di maccheroni, quando da un vivaio è uscito un energumeno che, quando ha capito che eravamo tifosi del Napoli, ha cominciato anche a sparare”.

A Domenico le parole si strozzano in gola e la rabbia lo fa andare avanti con lentezza: “Ciro è caduto subito a terra e ha detto: “Mi hanno ferito al petto”. Poi ha perso conoscenza, hanno cercato di rianimarlo mentre aspettavamo l’arrivo dell’ambulanza che si è fatta viva solo dopo molto tempo. Io ho cercato di entrare nell’ambulanza, ci hanno allontanati e tenuto all’oscuro di ogni notizia”.

Il padre Giovanni rincara la dose: “Sono stato avvertito da mio nipote e mi sono precipitato subito a Roma. Pensavo che mio figlio fosse solo ferito alla mano. Invece sta lottando per la vita. Siamo qui al pronto soccorso e abbiamo passato la notte di angoscia in questa sala d’attesa senza che nessuno dalla Questura ci comunicasse ufficialmente cosa era successo e cosa stava accadendo”.

Nello stesso ospedale è ricoverato anche l’ultrà che ha sparato.

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Redazione

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