Caso Tortora. Trent’anni dopo parla Di Persia: “Non ci furono errori giudiziari”

“Vuole sapere cosa penso del caso Tortora? Si legga ‘Il Mattino’ di mercoledì 8 giugno 1988 quando fui costretto a difendermi in sede disciplinare e dissi ‘Ministro anch’io sono innocente’”. A primo impatto risponde così in esclusiva al VELINO Felice Di Persia il magistrato che con Lucio Di Pietro fu titolare dell’inchiesta che mise alla sbarra Enzo Tortora, il popolare conduttore televisivo. Un caso giudiziario che ancora scotta e fa discutere soprattutto alla luce delle dichiarazioni di questi giorni rilasciate al Garantista da colui che sostenne l’accusa in aula contro Tortora, Diego Marmo, oggi nominato tra le polemiche assessore alla Legalità del Comune di Pompei. Ha fatto le sue scusa per aver chiesto la condanna di un uomo dichiarato innocente con sentenza passata in giudicato. Da anni di Pietro e Di Persia non parlano di quel capitolo della loro storia professionale.

Di Persia, contattato dal VELINO ribadisce: “Ci vogliono ore per affrontare il caso Tortora”. Dopo lunghe insistenze Di Persia commenta però le recenti dichiarazioni di Marmo. “Non ho letto quello che ha detto con precisione, ho saputo che si è pentito: di cosa? Di aver apostrofato Tortora in aula come mercante di morte? Allora ha ragione la signora Scopelliti (compagna di Tortora, ndr) a dire che ‘si è pentito con trent’anni di ritardo’ e fa bene a chiedere scusa perché un magistrato non può mai scomporsi, tanto meno in aula. Se si è pentito invece per aver chiesto la condanna, doveva farlo il giorno dopo. Non oggi. E se è convinto del suo pentimento deve auto cancellarsi dalla vita sociale. Tra l’altro avrebbe dovuto chiedere scusa anche ai circa 130 imputati del cosiddetto ‘troncone Tortora’, assolti con il presentatore”.

“Di quei 130 liberati, a differenza di Tortora morto in condizioni così tragiche, un numero imponente venne successivamente ammazzato in conflitti a fuoco tra clan di camorra, altri addirittura si pentirono tutti offrendo la prova ulteriore della correttezza della nostra indagine istruttoria che portò alla condanna di ben 480 imputati. Tortora fu assolto – continua Di Persia – e rispetto il dispositivo di quella sentenza perché nella dialettica processuale non ritennero le prove raccolte idonee a una condanna: questo fa parte della fisiologia del processo. Dunque non ci furono errori giudiziari di magistrati che con la loro carriera quarantennale hanno onorato la magistratura”. Di Persia aggiunge: “Nel processo Tortora, Marmo c’entra come il cavolo a merenda visto che non ha fatto nulla: è andato a giudizio ripetendo meccanicamente ciò che era scritto nei faldoni dell’accusa”. L’ex titolare dell’inchiesta non vuole dilungarsi e conclude: “A quanto pare Marmo è il primo magistrato pentito della storia italiana. In questo caso, come fanno i pentiti, dia riscontri chiari alle sue tesi. Perché ha chiesto la condanna di Tortora? Spero lo faccia, ma non rifugiandosi però nel nome di qualcuno che non può smentirlo perché morto”.

Redazione

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