MATESE: PROMETTEVA FONDI PER LA RISTRUTTURAZIONE DEI RUDERI, ARRESTATO
I militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Piedimonte Matese hanno passato al setaccio i conti correnti riconducibili ad un ex dipendente delle Poste Italiane e a conclusione di un’attività di verifica, dai riscontri ottenuti, hanno recuperato a tassazione oltre 200 mila euro di “proventi illeciti”.
L’accertamento fiscale è scaturito da una pregressa, complessa e articolata indagine di polizia giudiziaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che ha avuto origine da diverse denunce presentate presso gli uffici delle Fiamme Gialle matesine da persone che accusavano il predetto dipendente delle Poste ed un professionista di aver estorto alle stesse somme di denaro, dietro la promessa di contributi statali, nonché di posti di lavoro presso noti Istituti di Credito.
In particolare, i due soggetti, a fronte del pagamento in contanti di 6 mila euro come acconto, promettevano ad ignari malcapitati l’ottenimento di finanziamenti dalla Regione Campania e/o dalla Comunità Europea per la ristrutturazione di fabbricati rurali, nonché posti di lavoro presso diverse banche, vantando legami e conoscenze con importanti funzionari regionali.
La complessa indagine di polizia giudiziaria, effettuata anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, si concludeva con l’arresto, in flagranza di reato, del professionista, S. G. originario di Caserta, che ufficialmente svolgeva il lavoro di geometra ma di fatto faceva il procacciatore di affari illeciti, per millantato credito e truffa, nonché con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, nella misura degli arresti domiciliari, nei confronti dell’ex dipendente pubblico, I. A. originario di Alife (CE), responsabile dei medesimi reati.
Fondamentale per la scoperta del raggiro è stato il contributo fornito da una delle vittime, la quale, collaborando con la Guardia di Finanza, si prestava a svolgere un ruolo di finta accondiscendenza alle pretese estorsive dei due truffatori, recapitando banconote, precedentemente fotocopiate per il successivo riscontro, ad uno degli indagati. La consegna del denaro, avvenuta in un bar di Alife, veniva abilmente registrata dai Finanzieri mediante intercettazioni ambientali e l’utilizzo di microspie ed utilizzata come prova schiacciante della truffa perpetrata.
Le successive indagini consentivano di individuare complessivamente oltre quaranta vittime del raggiro posto in essere dai due indagati, nei confronti delle quali veniva applicato un vero e proprio piano tariffario che variava in base all’importo del contributo da ottenere, nonché al posto di lavoro offerto: per la categoria di impiegato corrispondeva una tariffa di circa 15 mila euro, mentre per quella di usciere la cifra si aggirava intorno agli 8 mila euro.
I proventi derivanti dalle attività illegali producono ricchezza che costituisce la causa del pagamento dei relativi tributi. La non tassabilità dei guadagni illeciti determinerebbe una grave discriminazione tra i cittadini-contribuenti, in contrasto con i principi costituzionali, favorendo per assurdo i “disonesti” piuttosto che gli “onesti”.