PISANI: Sul dramma e scandalo campi Rom abusivi ci sono ancora troppe domande senza risposte ???

Per fermare la verità e fuorviare l’opinione pubblica si e’ alzato un falso polverone scatenando una polemica sulla bugia del taglio di acqua e luce nei campi Rom ( dove tutt’ora si rubano le forniture in mancanza di reale assistenza nonostante i milioni stanziati ) che ha ingannato perfino i giornali .

Per questo continuo a chiedere fin quando non avrò risposta o lo scoprirà la magistratura come e da chi sono stati spesi , gestiti e divisi i tanti milioni di euro pubblici destinati alle popolazioni Rom e alle presunte politiche sociali ??? Non era meglio impegnarsi a garantire la salute e la vivibilità di tanta gente e bambini abbandonati in condizioni infernali anziché pubblicizzare qualche corso di lingua o di costume ??? Anche a Napoli la politica avrebbe dovuto garantire diritti e integrazione sociale anziché produrre solo drammi , degrado, sprechi e speculazioni. Arriva l’anno 2015 ma non si deve dimenticare che tra il 2005 e il 2011 a Napoli sono stati stanziati per politiche abitative e di integrazione dei Rom oltre 24 milioni di euro di denaro pubblico, di cui 11 milioni e 537mila effettivamente spesi, anche se io non capisco come visti i risultati . Il dato rientra nel rigoroso rapporto dal titolo “Segregare costa. La spesa per i Campi Nomadi a Napoli, Roma e Milano”, realizzato a fine 2013 daLunaria, organizzazione nazionale di volontariato che dal 1992 è impegnata a contrastare qualsiasi forma di xenofobia. Obiettivo del Rapporto è stato quello di portare a conoscenza della pubblica opinione quanto sia costata e costi alla collettività quella che l’associazione stessa definisce “l’economia del ghetto”, nella prospettiva più ampia di indirizzare correttamente i flussi di denaro finora sprecati senza alleviare le drammatiche condizioni di vita dei nomadi in Italia, in particolare a Napoli e provincia. Proprio a Napoli, come sosteniamo da tempo, a ricevere benefici dalle ingenti provvidenze pubbliche destinate all’integrazione dei Rom sono state quasi esclusivamente le sigle – cooperative sociali o associazioni aventi come scopo il sostegno ai migranti – che hanno provveduto ad accrescere i propri fatturati grazie a quei finanziamenti pubblici, lasciando le famiglie Rom nelle tragiche condizioni documentate recentemente, per quanto riguarda Scampia, anche dalla Asl di competenza oltre che dall’autorità giudiziaria . Certo, come sottolineano i ricercatori di Lunaria, l’errore capitale sta a monte, sta nell’aver privilegiato quella politica, che è stata giustamente definita in questi giorni “della carità pelosa”, rispetto ad una serie di interventi strutturali che risultano “di massima urgenza” almeno da dieci anni a questa parte. In altre parole, come si è potuto pensare di destinare milioni di euro a progetti di matrice linguistica o di mediazione culturale, quando a queste famiglie mancano perfino i servizi igienici e sono costretti ad utilizzare il selciato per le loro più elementari necessità? La ratio di scelte così scellerate non sta solo in un’ottica miope o distorta da retaggi culturali ormai ampiamente scavalcati dalla storia. No: come accaduto in casi analoghi, a prevalere sono state le logiche del business e dell indifferenza per la tutela dei diritti umani . Servono insomma a qualcosa progetti come le “Passeggiate interculturali”, quando poi la sera, rientrando nella baraccopoli, i destinatari del progetto rischiano di essere azzannati dai topi e devono bruciare rifiuti velenosi e nocivi per riscaldarsi o squagliare il rame? Un altro esempio sono i bilanci di cooperative sociali divenute autentiche holding finanziarie grazie ai fondi pubblici destinati ai Rom. Non so quante imprese a Napoli possano chiudere, di questi tempi, bilanci con un giro d’affari da tre milioni di euro e passa. Lo ha fatto però qualche cooperativa sociale che ha come scopo primario l’integrazione dei migranti e rientra in uno dei colossi imprenditoriali esperti in politiche sociali . Dal Bilancio di una di queste società ( per ora altri di simili associazioni non sono pubblici) approvato al 31 dicembre 2013 leggiamo che la cooperativa ha “distribuito ricchezza” (testuale) al personale dipendente per oltre un milione di euro (1.049.982,71), ai “collaboratori a progetto” per euro 276.926,87 e ai collaboratori occasionali per euro 118.313,88. Quanto alla voce “fatturato 2013”, si passa dai 2 milioni circa del 2012 ai quasi 2,5 milioni del 2013, con una netta prevalenza di finanziamenti provenienti da committenza pubblica, ed un attivo circolante pari ad oltre 3 milioni. Nulla da eccepire, da parte nostra, sotto il profilo formale. Ma sul piano sostanziale è lecito chiedersi quali benefici reali siano derivati ai destinatari di tanta generosità pubblica, visto che nei Campi Rom continuano a dilagare abusi, illegalità , malattie e disperazione. E altrettanto giusto e necessario domandarsi se i benefici non si siano riversati solo sulle prospere linee aziendali di queste cooperative sociali, tutte decisamente “in salute” rispetto a quelli che dovrebbero essere gli assistiti più deboli, proprio mentre l’ultimo rapporto della Camera di Commercio ha tracciato l’ennesimo quadro nero sulla crisi che colpisce le imprese partenopee. Anche nel caso dei Rom è dunque evidente che lo “stato di emergenza permanente” arricchisce più i bilanci di pochi, lasciando nell’inferno i reali destinatari degli aiuti. Non è di questo che ha bisogno Napoli. Non è di questo che hanno bisogno i Rom.

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