"Nostro figlio è stato ammazzato due volte": Carlo Pisco e Gioia Parboni, non riescono a trattenere le lacrime quando parlano del loro Mario,
«Nostro figlio è stato ammazzato due volte: quando ha finito di
respirare in quella sala di rianimazione al Cardarelli e quando i
magistrati hanno deciso di archiviare il caso senza trovare nessun
colpevole. Vogliamo che si indaghi, solo questo». Carlo Pisco e Gioia
Parboni, non riescono a trattenere le lacrime quando parlano del loro
Mario, morto a 17 anni in un incidente stradale in via Pietro
Castellino il 16 giugno 2011. Per il pm il caso è da archiviare:
«Nessun colpevole».
La sua fine senza risposte ha devastato quella famiglia. La sorella
19enne non riesce più a dormire nella camera che condivideva Mario.
Passa ogni notte sul divano con la madre e deve andare in terapia.
Anche il padre è in cura da uno psicologo: «Se non faranno giustizia
loro, sono disposto a farmela da solo», dice.
Ma per Carlo e Gioia, che in questi anni hanno indagato su quella
fine, ci sono troppe cose che non vanno. A partire dalla ricostruzione
dell’incidente.
Mario viaggiava su uno scooter 200, che non poteva guidare, in via
Castellino, quando è stato travolto da un’auto. Secondo la polizia
municipale l’automobilista, una donna, ha effettuato regolarmente la
manovra per svoltare e il motorino si è schiantato contro la sua
macchina. Secondo i genitori l’auto ha girato all’improvviso, mentre
lo scooter le era di fianco. A dimostrarlo la marmitta danneggiata nel
punto di impatto: «Se si fosse schiantato come dicono, doveva rompersi
la parte anteriore della moto».
La seconda anomalia, a giudizio dei genitori della vittima, riguarda i
rilievi che sono stati fatti subito dopo l’incidente avvenuto intorno
alle 17. «L’auto è stata spostata. La persona che la guidava è potuta
tornare tranquillamente a casa, per poi presentarsi, alle 21, quattro
ore dopo, in ospedale per i test su alcol e droga».
Nel dossier che la famiglia Pisco ha presentato in Procura c’è anche
una denuncia al titolare della lavanderia dove lavorava il 17enne,
che, quel giorno, gli aveva affidato la moto che non poteva guidare.
L’imprenditore ha negato che il ragazzo lavorasse nella sua bottega.
«Anche su questo particolare – dicono i genitori – Non si è indagato.
C’è stata una fretta eccessiva nel voler chiudere il caso».
L’ultima anomalia riguarda l’ospedale Cardarelli, dove il 17enne è
arrivato già intubato. Appena giunto in ospedale è stato trasferito in
terapia intensiva. «Aveva un’emorragia, perdeva sangue. Ma i medici
nulla hanno fatto per capire dove intervenire. In quell’ora non è
stata chiesta alcuna consulenza chirurgica. Nessuno si è accorto che
il fegato di mio figlio era spappolato. Lo hanno lasciato morire,
minuto dopo minuto, aspettando semplicemente che egli versasse tutto
il suo sangue. Lo hanno scoperto dall’autopsia dove emerge che Mario
quel giorno era sobrio e non sotto l’effetto di sostanze e che
indossava il casco».
«La verità – dice mamma Gioia – è che Mario è la vittima, vittima
della strada, vittima dell’indifferenza, vittima delle istituzioni. Il
suo sangue però grida – dice – come quello di tutte le vittime, perché
non ci sono vittime di serie B, e la sua morte si poteva evitare. La
sua morte deve costituire un precedente affinché questo non accada
più. Ecco perché abbiamo querelato quelli che riteniamo i
responsabili. Se loro si assumono le loro responsabilità, allora la
morte di Mario avrà salvato tanti giovani».
Gioia ora fa parte delle “Mamme Coraggio” dell’associazione Amcv
onlus. «Quelle che scendono in piazza con le foto dei loro figli
appese al collo, per fermare questa strage e per dialogare con le
istituzioni – afferma – Oggi le mamme coraggio già operative da anni
nell’agro Aversano, hanno aperto una nuova sede, quella del Vomero
dedicata a mio figlio Mario Pisco. Anche a nome loro chiediamo con
forza “Giustizia per Mario».