Striscione Ciro, Tavecchio: “Non capisco come sia potuto accadere”
ROMA – “Esprimo tutta la mia solidarietà e la mia vicinanza alla signora Leardi, gravemente offesa nel suo dolore più profondo dal contenuto degli striscioni apparsi allo stadio Olimpico di Roma”.
Il presidente della Figc Carlo Tavecchio si rivolge alla madre del tifoso napoletano Ciro Esposito, morto in seguito agli incidenti occorsi prima della finale di Coppa Italia dello scorso anno.
Tavecchio esprime anche stupore per l’esposizione indisturbata degli striscioni: “Condanno l’accaduto – sottolinea -, del quale la Procura Federale si è già interessata. Sarebbe però da chiarire come sia possibile che succeda in uno stadio con il massimo livello di sicurezza. Le partite del nostro campionato dovrebbero essere un luogo di gioia e non di insulto, per questo lavoriamo sulla trasmissione dei valori alla base del calcio – conclude il massimo dirigente della federcalcio -: l’ignoranza e la violenza sono mali sociali che si estirpano con progetti comuni, di tutte le componenti sportive e politiche, oltre al contributo fondamentale dei media”.
LEGALE FAMIGLIA ESPOSITO: “PENALIZZARE LA ROMA DI 5 PUNTI” –“La Roma silente e i suoi tifosi si sono dimostrati più volte violenti e discriminatori nei fatti e nelle azioni. Chiediamo pertanto al Coni e alla Federcalcio per la palese responsabilità oggettiva e le gravi violazioni un intervento urgente e fermo secondo i noti principi della Uefa ‘No Razzismo No Violenza’ verbale e materiale nel Calcio, applicando secondo le regole europee 5 punti di penalizzazione per la Roma
e squalifica dello Stadio Olimpico di Roma”, commenta il legale della famiglia Esposito, Angelo Pisani. “Comunque adiremo tutte la autorità competenti e gli organi Uefa per il rispetto della legalità e valori dello sport. Se la Figc non combatte fattivamente e concretamente la violenza verbale e materiale della Roma, secondo le regole Uefa, sarà ritenuta responsabile di eventuali reazioni, seppur ingiustificate, da parte dei tifosi di Italia super indignati”.
fonte: la repubblica