Aversa. “Ho ucciso il cane nero”, presentato il libro di Roberto Gervaso

DSCF8178Interessantissimo l’incontro avvenuto ieri presso l’Aula Magna della Facoltà di Ingegneria, con il noto scrittore e giornalista Roberto Gervaso.

Lo scrittore autore dell’ultima fatica, “Ho ucciso il cane nero”, alla presenza di numerosi cittadini ed ospiti, quali l’assessore alla cultura Nicla Virgilio,la quale ha così commentato: “Il libro di Gervaso forse può aiutare anche a comprendere meglio i segni della malattia per essere meno ciechi verso il depresso che è accanto a noi. Soprattutto perché ci fa capire come il male colpisca tutti indistintamente senza differenze fra ricchi o poveri; dal miliardario al giornalista di successo, dall’attore o dal cantante famoso, al sacerdote che per primo cerca di aiutare gli altri a sopravvivere. Tutti possiamo essere potenziali vittime della depressione, specie quando, oltre a venir meno il lume della ragione, viene a mancare anche l’altro fondamentale baluardo a difesa della nostra esistenza, ossia la fede“.

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Presente anche l’ex senatore Giugliano, la madrina dell’evento Nunzia Orabona presidente di Aversadonna, ha spiegato che tutto è possibile quando si è affetti dalla depressione. Ma si può guarire da una depressione? Certo ma è necessaria tanta pazienza e soprattutto tanta voglia di lottare. Roberto Gervaso, è entrato nel tunnel della depressione e ha provato sulla propria pelle il desiderio di farla finita, di mettere fine ad un’esistenza ritenuta vuota e totalmente priva di motivazioni.

“Ho ucciso il cane nero” è il titolo del suo ultimo romanzo pubblicato da Mondadori, attraverso il quale Gervaso racconta la sua odissea di depresso che però, alla fine, è riuscito ad averla vinta sul male. E più di altri il suo maestro di giornalismo, Indro Montanelli. A lui Gervaso deve tutto. Da giovane raccoglieva «scientificamente» i suoi articoli, per leggerli ed imparare. Un giorno si decise a scrivergli – racconta – una raccomandata espresso alla sede romana del Corriere della Sera chiedendo di poterlo incontrare. Fu la svolta della sua vita. Montanelli, che non lo conosceva, rimase colpito dallo stile fluente della lettera. Lo fece chiamare, invitandolo a pranzo. Capì che in quel giovane che arrivava da Torino, benchè nato a Roma, c’era stoffa. La prima cosa che Montanelli disse al futuro giornalista fu:«Il tuo padrone non sarà né l’editore né il direttore, ma solo il lettore. Sarà difficile conquistarlo, ma perderlo per sempre è questione di attimi. Come scrivere? Essenziale e sintetico. Quando vorrai mettere qualche aggettivo, prima dovrai chiedermi il permesso».Gervaso racconta di quando non esisteva libro, film, tipo di svago che potesse in qualche maniera suscitare un suo interesse; tutto era vuoto, terribilmente vuoto intorno a lui a parte l’orribile sensazione di oppressione che si provava nel profondo dell’animo. Sono questi i momenti in cui la vita sembra diventare la causa primaria della propria sofferenza, l’origine di tutti i mali; è in quei momenti che il suicidio sembra diventare l’unica strada possibile per ritrovare serenità e tornare in pace ed in equilibrio con se stessi. Gervaso è guarito dalla depressione e nel romanzo ci spiega come ha fatto, come è riuscito a piegare la testa del “cane nero” che tormentava la sua esistenza. Una lotta lunga, difficile, piena di insidie, ma vinta. Purtroppo tanti altri non ce l’hanno fatta e non soltanto fra i personaggi più o meno conosciuti.

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