Ricordando Omar Sharif: “C’era una volta” la certosa di Padula
Nelle cucine della certosa, venne girata l’evocativa scena della frittata delle 1000 uova.
Di Grazia della Volpe
Sull’onda del successo che gli consacrò il film ” il dottor Zivago”, l’attore egiziano venne scelto dal produttore Carlo Ponti per il suo film “Cera una volta”, diretto da Francesco Rosi e cointerpretato da Sofia Loren. Un film, una favola fatta di buoni e di cattivi, di principi e di principesse, di belle cenerentole e di atipiche madrine della buona sorte. Una trama che sfugge alla banalità favolistica perchè impiantata su un canovaccio d’eccezione le novelle del Pentamerone di Gian Battista Basile. Il nucleo originario della Certosa era una antica grancia appartenente all’abbazia di Montevergine che fu acquistata da Tommaso Sanseverino, conte di Marsico fondatore del cenobio nel 1306 che per i successivi 450 anni fu punto di riferimento di storia religiosa ma anche civile di un territorio vastissimo. Gli ambienti delle certose si dividono in “casa bassa” e “casa alta”: nella prima rientrano i luoghi di lavoro (depositi, granai, stalle, lavanderie, ecc.), la seconda, invece, è la zona di residenza dei padri, il regno dei silenzio e della più stretta clausura. Questa netta divisione rispecchia in pieno le esigenze di un gruppo monastico composto sia da padri di clausura che da conversi, monaci questi ultimi a tutti gli effetti, ma che volontariamente, non prendono il voto di clausura per occuparsi delle varie attività. Il grandioso complesso monastico, di stile barocco ha forma di graticola, a ricordare la morte di San Lorenzo,di cui porta il nome, che come si sa, mori arso vivo su di una graticola arroventata. Il chiostro della certosa è il più grande del mondo, 12.000 metri quadrati contenuto e delimitato da 84 colonne e comprende anche una scala a chiocciola ellissoidale, che porta alla biblioteca, in tutto una superficie di 51500 metri quadrati con 350 stanze. Tra gli ambienti, tutti degni di menzione, per rendere particolar omaggio all’attore scomparso, ci soffermiamo sulla cucina della certosa, tutta rivestita di piastrelle. Acquisisce l’aspetto attuale nel corso del ‘600, probabilmente venne riadattato un vecchio refettorio. La cucina divenne luogo di una celebre storia, quella della frittata delle 1000 uova.
Questo episodio fu riferito per la prima volta nel 1640 dal sacerdote scrittore Camillo Tutini che descrisse l’avvenimento dettagliatamente. L’evento storico è il ritorno trionfale in Italia dell’Imperatore Carlo V. Questi, dopo aver sconfitto il 4 luglio 1535, a Tunisi, in una cruenta battaglia l’ammiraglio ottomano Khayr al-Din (detto Barbarossa), sbarcò in Italia a Reggio. Fu acclamato dal popolo, e sulla strada del ritorno fece varie tappe, giungendo il 10 agosto 1535 a Padula dove decise di fermarsi alla Certosa. L’accoglienza dei monaci fu tale che l’Imperatore vi sostò per due giorni, accompagnato dal suo intero esercito. Carlo V per rispetto alla regola dei certosini, impose ai suoi uomini di non mangiare carne ed egli stesso si adeguò alla severa regola claustrale. Inoltre l’Imperatore rifiutò ogni comodità offertagli dai monaci, volle adeguarsi alla vita monastica decidendo di dormire in una umile cella, concedendosi il solo agio di sostituire il pagliericcio con un materasso e le lenzuola di lana con quelle di lino. Durante questo soggiorno, i monaci si prodigarono per offrire agli ospiti una mensa di tutto riguardo, degna di un illustre sovrano. Tra le tante pietanze, fu preparata nella cucina del monastero una leggendaria “Frittata delle Mille uova”, per sfamare l’intero esercito. Carlo rimase lusingato dalla maestria del cuoco, e dall’ospitalità ricevuta ricambiando la comunità monastica di Padula assegnando loro ulteriori privilegi. Ebbene nel film di Rosi la stessa frittata deve essere preparata per il principe “Sharif” ma per un incantesimo le uova, durante la notte che precede la mirabile preparazione, si dischiudono nascendo quindi 1000 pulcini.