Francesca Panico accende la “Terra dei Fuochi”

11872643_1027157660641640_681442473_nIn occasione della preparazione del film “Marcella” (a sua volta parte di un progetto cinematografico denominato CINEPAESE, cui partecipa un’intera comunità, in questo caso Malvito (CS) e i paesi limitrofi) è stata presentata l’installazione di Francesca Panico, con la relativa performance, dal significativo titolo “Terra dei cuochi”.

L’idea, subito rivelatasi vincente, è di dare continuità e conferire alla stessa azione dell’artista, Terra dei Fuochi, una maggiore pluridirezionalità in vista di una più efficace estensione positiva del suo contenuto. Ma la carica dell’artista, la simpatia, la sua verve e soprattutto la forza e la verità del suo messaggio hanno sprigionato un’energia e una gioia che nessuno si aspettava.
La gente ha capito il valore della sua azione, che è stata davvero esplosiva e di una prorompente vitalità. L’artista, questa volta, ha acceso i cuori e la sua azione è diventata scena, anzi, proscenio, palcoscenico di un teatro mirabile, antico e contemporaneo insieme che chiamiamo Sud, in questo meraviglioso sogno collettivo, ad occhi aperti che in un paesino della Calabria ci stiamo re-intentando, e che chiamiamo Cinema…. e accendiamoli davvero questi fuochi nei quali sprizzano scintille di gioia e allegria, di sapori e profumi di una terra capace di mostrarsi benigna anzichè maligna e positiva, benefica, energetica e vitale.

Francesca dei Miracoli ha capito tutto questo e con un semplice lenzuolo, uno scherzetto di parole, un gioco fonetico, insomma, rimescola le carte e carica di ulteriore senso la terra del Sud, già dell’alternativa e della differenza, con un’azione che è di continuità rispetto alla sua precedente Terra dei Fuochi, ma che la supera in positivo mutandola nella Terra dei Cuochi, con tutto il carico di energia che la comprende. Insorgono, in tal modo, i sapori e i profumi del grano, dell’ulivo e della vite, brillano le falci, splendono le reti, lumeggia la lampara e tutto si prepara al rito antico di una gran festa apparecchiata sui prati della tradizione.

Ciò che occorre, suggerisce l’artista, è una semplice azione di pulizia, un indossare gli abiti migliori, quella della festa, della natura delle genti e della nostra terra. Ed ecco il valore del messaggio, simbolico e metaforico, dell’artista. Il paese di Malvito, forse dai greci nominato Temesa, poi capitale dei Longobardi, poi sede di giustiziariato Normanno e adesso sconosciuto paese della Calabria, mantiene intatti i valori della tradizione, della cucina e dell’accoglienza, che sono come quelli di Napoli, di Tunisi, di Palermo e di Taranto dove si accendono ancora i fuochi, ma nei camini e al focolare domestico.

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Redazione

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