La storia aversana: la lapide di via Toti o comunemente chiamata ”Areto e’ Capune”

Aversa è una città particolare: luminari, storici e letterati, ne hanno illustrato la storia e le peculiarità artistiche che le hanno fatto guadagnare l’appellativo di ”Città delle cento chiese”. Sono innumerevoli i segreti celati che le sue vie nascondono, troppi sono i particolari che appaiono irrilevanti agli occhi dei suoi cittadini, particolari però, che sono al contrario degni di nota e che ci aiutano a ricostruire la storia cittadina.

Quante volte sarete passati in Via Toti, strada compresa nella zona conosciuta dagli aversani come ”areto e’ capune”, forse miriadi di volte. Cominciamo col dire che il toponimo ”areto ‘e capune” è sorretto da un dualismo; alcuni erroneamente affermano che il termine ”capune” deriverebbe dalla presenza in passato del ”cavone” la fogna a cielo aperto che defluiva nella zona fino agli anni 80 del secolo scorso, ma il perchè di tale toponimo, sarebbe da spiegare nella presenza di un palazzo signorile che ancora insiste in quel luogo, stiamo parlando dello storico palazzo di proprietà della famiglia Golia dal 1905, il quale venne edificato dal Marchese Capone alla fine del Seicento. Elegante ed imponente, confinante attraverso un ampio giardino con la Chiesa dell’Annunziata e la Facoltà d’Ingegneria.

La zona in questione è a ridosso di un borgo, il più antico della città normanna, stiamo parlando dell’antico villaggio di SABINIANUM (Savignano) per secoli rimasto fuori le mura cittadine. Grazie ad una stradina caratterizzata da percorsi naturali scavati dalle acque, la parte sud-orientale della città poté collegarsi col suddetto villaggio. Stiamo parlando di Via Isonzo, già Via della Mandrie, toponimo che rimase in uso fino all’Ottocento. È accertato già durante il Quattrocento, lo svolgimento di una fiera lungo il tracciato dell’antica Starza di Iomentano (compresa tra Via Roma, l’Annunziata e il borgo di Savignano), tale fiera riguardava prettamente il commercio di animali, gli atti conservati rimandando ad un privilegio concesso da Alfonso I nel 1440, e stabilivano che il commercio di bestiame era da celebrarsi ogni anno e poteva durare per otto giorni.

Anche Via Toti come tutta la zona alle sue spalle (Variante) fino alla fine del Settecento, mostrava le sembianze di un luogo ameno e bucolico, ricco di boscaglia vegetazione, uno scenario ormai lontano di cui ci resta solo una lapide commemorativa posta sulla facciata del suddetto fabbricato, ne riportiamo la traduzione: ”Visita i luoghi ridenti entro giusti confini, questa merita il nome di via piacevole, allena cosi l’animo a compiere i passi giusti, per questi si apre la fulgida via del cielo (Aversa 1705)”. Sarà verso la fine dell’Ottocento il periodo della proliferazione di masserie e caseggiati.

Luigi Cipullo

Redazione

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