La storia aversana: “Giacchino ‘o cavallaro” di ”abbascio ‘a funnina”
Quasi tutti conoscono i personaggi aversani importanti, quelli che hanno scritto la storia locale, ma ce ne sono altri non molto noti che, seppure in minima parte, hanno contrubuito con la loro presenza a costruire tasselli della storia cittadina. Tra questi, va’ senz’altro ricordato: “Giacchino ‘o cavallaro”.
Abitante di Via La Marmora, luogo toponomasticamente conosciuto dagli aversani come ”abbascio ‘a funnina”, insieme alla moglie Maddalena, era propietario di una ”cantina” molto avviata nella zona, che fungeva anche da osteria, scomparasa poi, verso la fino degli anni 50 del secolo scorso.
In quegli anni, il vicino Borgo di Savignano era popolato da operai, per la maggiore ciabattini, i quali dopo il lavoro, specialemente in estate, cercavano refrigerio in qualche bicchiere di vino fresco cu ‘a percoca, accompagnato magari da un boccone di cotica al sugo, potremmo dire un tipico piatto ”take away” (cibo pronto da asporto) di quegli anni.
Giacchino oltre alla suddetta taverna, era gestore di un avviato commercio di cavalli, da qui il soprannome ”cavallaro”. Non era di certo un uomo affabile, nè con la clientela, nè con il vicinato, il suo carattere dispotico e autoritario fu però fonte di ispirazione per il popolo.
Difatti, quando in certe situazioni si voleva sottolineare l’antipatia di qualcuno, la gente era solita utilizzare l’espressione: ”Me pare Giacchino ‘o cavallaro”, una frase che ancora qualcuno utilizza oggi.
Per questo non è importante solo descrivere i fatti, ma capire quali sono stati i sentimenti, le passioni, che hanno portato i protagonisti di tante storie, come quella del nostro personaggio, ad agire in quel modo, storie di amarezze e di brutture, storie consumate quando la distanza tra classi sociali era assai più marcata di oggi.
Luigi Cipullo