Caterina Brigante, una storia vecchia 150 anni
Dei fatti che raccontiamo, non si conserva nulla di scritto, non sappiamo molto sui personaggi di questa vicenda, nemmeno i cognomi, forse dimenticati già da qualche generazione.
Mia nonna, mi racconta, che suo padre, durante le fredde notti d’inverno, accanto alla ”vrasera”, le raccontava di un suo antenato, Angelo, che di mestiere faceva il fruttivendolo, il quale, una notte, in compagnia di sua figlia Caterina, mentre trasportava delle verdure che il mattino seguente avrebbe dovuto vendere al mercato, si imbattè in una scorribanda di briganti, intenzionati a depredere il pover uomo di tutto ciò che possedeva. I malviventi, però, non sapevano che il capo della loro gang, era il fratello di Angelo, che già da giovane aveva intrapreso la strada della delinquenza.
Siamo nel periodo post unitario italiano, Aversa come tanti paesi del meridione, era terra di briganti, i quali erano rei di rapimenti e saccheggi, riuniti in bande, guidate da un capobrigante, infestavano aree in cui il controllo delle autorità non riusciva a imporsi.
Assaltavano chiunque capitasse nella loro area d’azione trovando rifugio spesso in montagne, boschi, e zone appartate. Preso d’assalto, il povero Angelo, non potè far altro che invocare il nome del fratello, rivendicando una certa parentela con il noto ”fuorilegge”, nel frattempo, la bambina fu condotta in una vicino casolare e messa al riparo. Dopo varie ore, giunse il capobanda, che riconobbe subito il fratello, ma preso da vecchi rancori disse: ”Me si frato, è vero, ma voglio vedè si Caterina, ricunosce ‘o sango suojo”.
La bambina fu portata in aperta campagna mentre veniva accerchiata da tutti i componenti delle banda, le fu chiesto di riconoscere tra i tanti chi fosse suo zio, non si sa come, nonostante non avesse mai visto lo zio, Caterina, timidamente, indicò tra i malviventi il fratello del padre, ma tutto questo non bastò. Soddisfatto e compiaciuto, il brigante volle consacrare il riconoscimento di sangue, e con un coltello sfregiò la piccola procurandole un taglio in volto. Da quel momento, le sorti di Caterina e di suo padre cambiarono notevolmente, lo zio, che non aveva figli, prese a ben volere la nipote, regalandole tutto quello che aveva accumulato in lunghi anni di sottrazioni, si dice che, numerosi furono i monili d’oro che le diede in dono. Dopo centocinquanta anni ancora dobbiamo considerare il brigantaggio come una reazione borbonica o un fatto criminale? I buoni da una parte ed i cattivi dall’altra?. La Storia ha sempre due facce come le monete, e il brigantaggio fa parte della nostra storia; nel bene o nel male, ma ne fa parte.
Con questa racconto non vogliamo emanare sentenze, nè giudicare chi siano stati questi ”briganti”, uomini e donne descritti ora come ladri e malviventi, ora come semplici patrioti stanchi dei soprusi dello stato che si facevano legge ”a modo proprio”.
Luigi Cipullo