Deportati ed internati italiani nei lager nazisti, medaglia d’onore al finanziere Simeone

Con una toccante cerimonia, tenutasi presso la Sala Purificato della Prefettura, Emilia Zarrilli, Prefetto di Frosinone, ha consegnato ai familiari del finanziere Biagio Simeone la “Medaglia d’onore per i deportati ed internati italiani nei lager nazisti: 1943-45”. Il titolo onorifico è stato conferito dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, in quanto il “prigioniero di guerra” Simeone la sera del 27.10.1943 è entrato nel campo di concentramento di M. Stammlager, 8^ A., che si trovava nella città di Breslavia in Polonia, per poi essere trasferito a Vistegerdof, rimanendovi fino all’ottobre del 1944, e far ritorno in Italia solo il 24.10.1945, a conflitto finito.

A settanta anni dalla Seconda Guerra Mondiale è particolarmente significativo che lo Stato Italiano abbia ricordato in maniera solenne e con la partecipazione delle massime autorità e dei familiari degli insigniti, i tanti giovani che si arruolarono volontari, “ignari del durissimo destino che si addensava sulla loro povera giovinezza, di una vita appesa ogni giorno ad un filo capriccioso e di tante sofferenze da patire”.

Come raccontava Simeone, la deportazione comportava una totale spersonalizzazione perché non si era più un essere umano ma semplicemente un numero, il 4109, che veniva stampigliato dietro la schiena con la sigla KG, vale a dire prigioniero di guerra. Solo perché tali, si doveva lavorare dodici ore al giorno, spesso sotto la pioggia o la neve, solo con un pò di brodaglia di verdura per rancio. Questo stato di prostrazione rendeva inebetiti, fino all’abbrutimento che, facendo perdere ogni speranza, incattiviva al punto di non avvertire più alcun senso di umanità e non avere voglia nemmeno di pregare. Come sottolinea la figlia Sofia, è un ricordo amaro che il padre ha affidato ad un diario nel quale scrisse di questi ricordi con la volontà di lasciare una testimonianza viva e vera di anni strazianti per le sofferenze patite, le atrocità indicibili, tanta barbarie e tanta umiliazione.

Pertanto appare quanto mai opportuno affidare questo ricordo alle giovani generazioni perché sappiano “dell’enorme ingiustizia consumata contro migliaia di esseri umani abbandonati, nelle mani di feroci aguzzini che, senza scrupoli e pietà, cercavano di annientare la loro dignità”.

Come tutte, anche questa medaglia che riporta lo stemma della Repubblica Italiana, ha il suo rovescio che, per raffigurare un filo spinato, spezzato nella parte superiore, non simboleggia solo la forza d’animo di chi, pur ridotto pelle e ossa, riesce a sopravvivere a stenti, sofferenze e malattie ma soprattutto ci vuole dire che la guerra, essendo il simbolo della ferocia umana, a motivo delle sue inenarrabili atrocità, va assolutamente bandita anche dal lessico dei cittadini di questo mondo.

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Redazione

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