Sgominato un gruppo criminale dedito allo spaccio di stupefacenti

Il 2 marzo p.v., a Salerno, Battipaglia (SA), Bellizzi (SA), Pontecagnano (SA), Giffoni Valle Piana (SA), Montecorvino Pugliano (SA), Eboli (SA), Napoli e Boscoreale (NA), i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno, supportati da due unità del Nucleo Cinofili di Sarno (SA) e da un equipaggio del 7° Elinucleo di Pontecagnano (SA), avvalendosi dell’ausilio dei reparti territorialmente competenti, eseguiranno un provvedimento cautelare emesso dal GIP presso il Tribunale di Salerno su conforme richiesta della locale Procura della Repubblica-DDA nei confronti di 33 indagati (13 in carcere, 15 agli arresti domiciliari e 5 obbligo di dimora), ritenuti responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti (6 persone), nonché del reato di spaccio di stupefacenti del tipo “cocaina”, “hashish” e “marijuana” (27 persone).

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GENESI DELL’INDAGINE
Le indagini – condotte dal citato Nucleo Investigativo con metodi tradizionali supportati da attività tecniche – compendiate nell’operazione convenzionalmente denominata “THUNDERBOLT” (I bombardieri americani Thunderbolt P-47, nel settembre 1943 bombardarono massicciamente Battipaglia, Bellizzi ed Eboli), hanno avuto inizio a seguito dall’omicidio di PERSICO Vincenzo (perpetrato a Montecorvino Rovella-SA il 19 gennaio 2014), con lo scopo di definire il contesto delinquenziale in cui era maturato il delitto e le dinamiche sottese alla motivazione dello stesso. All’esito dei primi sviluppi investigativi, il 25 gennaio 2014 furono individuati e sottoposti a fermo di indiziato di delitto quattro pregiudicati locali (VOLPICELLI Alberto, DI LUCIA Angelo, BRUNETTO Nicola e LAMBERTI Domenico), ritenuti coinvolti a vario titolo (esecutori materiali i primi due, favoreggiatore e mandante) nell’omicidio.
L’analisi delle risultanze info-investigative emerse sul conto del pregiudicato LAMBERTI Domenico (alias “Mimmo ‘a mafia”) ha, in particolare, consentito di accertare che lo stesso era elemento di riferimento per una fitta rete di pusher locali dediti allo spaccio di stupefacenti nei Comuni di San Cipriano Picentino (SA), Montecorvino Pugliano (SA), Giffoni Valle Piana (SA) e località limitrofe, e che i contrasti con il PERSICO erano sorti a causa dell’intromissione di quest’ultimo negli affari illeciti e nella gestione dello spaccio nei medesimi Comuni.
Pertanto, l’attività investigativa sottesa al provvedimento odierno è stata indirizzata ai soggetti gravitanti nella rete di spacciatori riferita al LAMBERTI, anche allo scopo di comprendere le necessarie nuove dinamiche nella gestione dello spaccio di droga nell’area Picentina, dopo l’intervenuto arresto del predetto.

“THUNDERBOLT”
Le investigazioni, in particolare, hanno consentito di:
– individuare i componenti di un nuovo gruppo criminale operante a Battipaglia (SA) e località limitrofe, delineando i ruoli ricoperti dai sodali (promotore, organizzatori delle attività di spaccio, fornitori abituali, corrieri addetti all’acquisto ed al trasporto dello stupefacente e pusher), le modalità di smercio dello stupefacente e il volume di affari giornaliero (stimato in circa 2.500 euro al giorno);
– accertare la contestuale operatività, nella Piana del Sele, di quattro significative reti di spaccio, autonome rispetto al gruppo criminale pur con saltuari rapporti di collaborazione con lo stesso, composte da diversi pusher che si rifornivano alternativamente presso la piazza di spaccio di Napoli-Scampia (la “Vela”, lotto H) e l’hinterland partenopeo (Boscoreale), approvvigionando il mercato illecito di Pontecagnano, Bellizzi, Eboli e dei Comuni Picentini;
– trarre in arresto una persona e deferirne due in stato di libertà, nonché effettuare diversi recuperi di sostanza stupefacente sugli acquirenti.

IL GRUPPO CRIMINALE (ART.74 D.P.R. 309/90) COMPOSTO DA DI MARCO ANTONIETTA (PROMOTRICE), DAI FIGLI CONVIVENTI DI BENEDETTO GIANLUCA E JESSICA PAOLA (PREPOSTI ALL’ORGANIZZAZIONE DELLO SPACCIO E DELLE ATTIVITÀ CONNESSE), DALLA FIGLIA DI BENEDETTO ALDA E DA SUO MARITO PARISI BIAGIO (FORNITORI), NONCHÉ DALLA COMPAGNA DEL FIGLIO GIANLUCA, COPPOLA ROMINA (ADDETTA AL TRASPORTO)
Il nuovo gruppo criminale, composto dai 6 indagati indicati (legati tra loro da vincoli di parentela ovvero di affinità) e con sede operativa a Battipaglia (SA), è emerso sin dal marzo-aprile 2014 come punto di riferimento per tutti gli acquirenti di “cocaina” insistenti in quel centro.
Le investigazioni hanno consentito di comprendere sin nei minimi dettagli le linee organizzative attraverso le quali DI MARCO Antonietta (definita dagli stessi figli “la padrona”) aveva promosso il sodalizio, avvalendosi, per le decisioni strategiche e per la condotta delle attività di spaccio, dei due figli conviventi DI BENEDETTO Gianluca e DI BENEDETTO Jessica Paola. L’organizzazione familiare, nello specifico, contemplava anche una ben precisa ripartizione dei ruoli tra i tre: le due donne curavano le attività di spaccio nelle ore diurne, mentre Gianluca riceveva gli acquirenti durante la notte, fino a tarda ora, in un contesto di totale collaborazione familiare e con ritmi di consegna dello stupefacente particolarmente frenetici (in un’occasione, Gianluca si lamenta con la compagna COPPOLA Romina che “è andato a dormire alle sei del mattino, perché durante la notte è venuta la corte di Cristo”; in un’altra Gianluca dice alla sorella Jessica che “la gente sta venendo e vuole “il pane” come l’acqua fresca e non so cosa dargli…”).
Nello stesso contesto familiare, tuttavia, alla madre DI MARCO Antonietta era riconosciuto un ruolo di indiscutibile preminenza, quale promotrice e coordinatrice delle attività del sodalizio, che dirigeva con carattere autoritario e talvolta addirittura dispotico, di buon grado accettato dai figli: a lei spettava la tenuta della contabilità (Gianluca spiega alla compagna Romina “come si porta il conto mamma…”), la verifica su eventuali ammanchi nei pagamenti ai fornitori (Gianluca dice alla compagna Romina che “è successo un macello… dice che ci mancano i soldi, si trova 300-400 euro di meno…”, riferito a una litigata tra madre e figlio per questioni contabili), la ripartizione dei proventi dell’attività illecita (Gianluca spiega alla compagna Romina “qua se non vendiamo la droga non mangiamo…”) e la concessione di dilazione nei pagamenti ai clienti ritenuti più affidabili (Gianluca con un acquirente “però, metà oggi e metà domani”… “senti, devi parlare con mia mamma per questo…”; la donna acconsente, previa trattenuta della patente di guida dell’acquirente); alla donna, inoltre, i figli giornalmente rendicontavano l’esito dell’attività di spaccio e l’andamento della stessa.
I figli DI BENEDETTO Gianluca e DI BENEDETTO Jessica Paola, nello specifico, si occupavano di predisporre il necessario per affinché le attività di spaccio potessero garantire un significativo provento: l’approvvigionamento (contatto e trasporto) dello stupefacente dai fornitori PARISI Biagio e DI BENEDETTO Alda (contattati anche personalmente dalla madre DI MARCO Antonietta, che in un’occasione litiga con il figlio Gianluca sostenendo “non ti do niente! Ma perché, la droga la compri tu? Ma per piacere! Ma vedi che i soldi a Biagio li porto io!”), il taglio della droga (“pigliane 5 grammi per volta”, “io lo sparto la sera…”, “ci pigliamo 10 grammi e ci facciamo tutti pallini”, “li faccio io e Jessica…”) e al suo confezionamento in dosi (“ci facciamo tutti pallini, tutti 0,15 a 20 euro”, “mi serve l’accendino per chiudere i pezzi”, riferendosi al procedimento di termosaldatura dei pallini e delle bustine di cellophane, “sul bilancino esce 1 e 0”, riferito a Gianluca che spiega alla madre la taratura dello strumento), i contatti con gli acquirenti (talvolta serviti anche a domicilio, con forte preoccupazione di Gianluca per la sorella, in caso di controllo da parte delle Forze dell’ordine) e lo smercio della “cocaina” presso la dimora familiare, ovvero in luoghi di volta in volta concordati, utilizzando un linguaggio criptico e collaudato (“la ragazza è con te?”, “ti porto un pensiero…”), con l’accortezza anche di verificare preliminarmente che non vi siano pattuglie nella zona (“c’è movimento là…”).
PARISI Biagio e la moglie DI BENEDETTO Alda (figlia di DI MARCO Antonietta) si occupavano di rifornire il sodalizio di sostanza stupefacente, secondo un vero e proprio “protocollo di intesa” noto alle parti, senza bisogno di accordarsi per le modalità di dettaglio che compendiavano un modus operandi collaudato: quando c’era disponibilità di stupefacente (, ovvero a seguito di reiterati solleciti da parte dei sodali perché la “cocaina” era terminata (“siamo fermi stasera…”, “quella roba era molto buona, adesso li sto solo apparando, se vengono domani sera è molto meglio…”), vi erano contatti tra le parti e, quasi contestualmente, il rifornimento di stupefacente. I due non si limitavano a saltuarie somministrazioni di cocaina da immettere nel mercato battipagliese, ma – in piena adesione al programma delittuoso del sodalizio – assicuravano uno stabile canale di approvvigionamento della cocaina, con costante continuità e con la consapevolezza (atteso anche il vincolo familiare) di contribuire al profitto dell’organizzazione in modo permanente.
Invero, in un’occasione, a seguito di un litigio tra DI MARCO Antonietta e PARISI Biagio per un significativo ritardo nella consegna di una fornitura “urgente” di cocaina (a un acquirente, la DI MARCO replica seccata “no, io gli ho dato un ultimatum, fino a stasera, massimo alle cinque, poi vado da un’altra parte… la vado a prendere da un’altra parte!”), l’approvvigionamento sarà garantito da MANDIA Felice (a lui viene contestato il solo art.73 d.P.R. 309/90), che poi non verrà più utilizzato come canale dai sodali.
Del gruppo criminale faceva infine parte COPPOLA Romina (compagna di DI BENEDETTO Gianluca), che aveva il compito di accompagnare DI BENEDETTO Jessica Paola presso i fornitori, allo scopo di agevolare il reperimento e il trasporto della droga da spacciare. La COPPOLA, inoltre, percepiva giornalmente dal compagno Gianluca la somma di 100 euro al giorno, quale quota spettante dalla ripartizione dei guadagni provento di spaccio.
Le indagini, infine, hanno consentito di delineare il giro d’affari del sodalizio, che era in grado di realizzare un guadagno di circa 1000 euro al giorno, vendendo la cocaina al prezzo di 90 euro per ciascuna dose (di circa 0,6 grammi).
In sintesi, le investigazioni hanno consentito di disarticolare un gruppo criminale, di matrice familiare, che, per le modalità organizzative, per le cautele particolarmente attente adottate, per il consistente volume di affari garantito dalle attività illecite e per la costante ed esclusiva dedizione alle stesse, si può ritenere una vera e propria “piazza di spaccio”, logisticamente insediata a Battipaglia (SA), presso l’abitazione della DI MARCO.

LA RETE DI SPACCIO (ART.73 D.P.R. 309/90) COMPOSTA DAI CONIUGI RAINONE FRANCESCO E DI MATTEO ANNA RITA, NONCHÉ DA RIZZO LORETO (PUSHER); DA SORRENTINO ANTONIO, ROMANIA FRANCESCO, PONE VITTORIO, ABBATE ROSANNA E DEL MASTRO PIETRO JUNIOR (FORNITORI)
Il prosieguo investigativo ha consentito di accertare che tra coloro che si rivolgevano a DI MARCO Antonietta e ai figli DI BENEDETTO Gianluca e DI BENEDETTO Jessica Paola per l’approvvigionamento di “cocaina” vi erano i coniugi RAINONE Francesco e DI MATTEO Anna Rita, oltre ad una persona di loro fiducia identificata in RIZZO Loreto, tutti di Bellizzi.
I tre, con cadenza particolarmente frequente, si recavano – preferibilmente in tarda notte – presso il domicilio di DI MARCO Antonietta (indicata spesso come “la signora di Battipaglia”), per acquistare lo stupefacente necessario a soddisfare le insistenti e continue richieste provenienti dalla loro abituale clientela, realizzando così una attività di spaccio particolarmente frenetica e alquanto redditizia.
I contatti con gli acquirenti e con i fornitori erano tenuti indistintamente dai due coniugi, che indicavano la disponibilità dello stupefacente ovvero accoglievano le richieste di cocaina da parte dei clienti (“le sigarette”, “la birra”, “quella cosa la”), curando personalmente le consegne a domicilio nella stessa Bellizzi (SA), oppure convocando il cliente di turno presso la loro dimora. Tra questi clienti, in particolare, figurava il RIZZO.
Il rapporto dei due con RIZZO Loreto è particolare: quest’ultimo, infatti, oltre ad approvvigionarsi dai due per il proprio fabbisogno, a fronte di un significativo debito maturato si propone come collaboratore della coppia nelle attività di rifornimento e di spaccio dello stupefacente, nonché per le consegne di droga ai clienti abituali.
L’approfondimento investigativo ha inoltre consentito di individuare – oltre a quello già indicato, dal quale scaturisce l’attività di indagine specifica – altri e precedenti canali abituali e stabili di approvvigionamento della cocaina da parte dei due coniugi, ovvero SORRENTINO Antonio (detto “zi’ Antonio”) e il suo figliastro ROMANIA Francesco, pregiudicati di Boscoreale (NA), persone legate dal comune interesse illecito oltre che dal richiamato vincolo familiare.
I contatti con i due fornitori sono frequenti e l’arrivo di una partita di cocaina è solitamente preannunciata; dopo l’acquisto, che avviene a Boscoreale (NA), lo stupefacente viene subito immesso nel mercato locale dai coniugi, anche attraverso la collaborazione di RIZZO Loreto.
In frequenti occasioni, però, RAINONE Francesco lamenta di aver patito un significativo danno (perdita della clientela abituale e conseguente calo delle vendite di droga) a causa della scarsa qualità della cocaina approvvigionata, per cui chiede il rimborso delle spese o, in alternativa, formula al SORRENTINO e al ROMANIA la “richiesta di cambiare una vecchia gomma ad un’auto con una nuova” (di avere una partita di cocaina di qualità migliore), soluzione che viene accettata dai fornitori.
L’altalenanza della qualità e il mancato pagamento dell’ultima fornitura da parte degli acquirenti portano, nel marzo 2014, alla chiusura del rapporto commerciale.
Dopo l’interruzione del canale torrese, le indagini hanno consentito di documentare come i coniugi RAINONE abbiano allacciato analoghi rapporti con una coppia di fornitori napoletani, PONE Vittorio e ABBATE Rosanna, marito e moglie che abitano a Scampia, nel “Lotto H” del noto quartiere partenopeo, sotto il controllo dei girati della Vinella-Grassi.
Il PONE e la ABBATE regolano la loro attività di fornitura di “cocaina” in modo diverso dai canali di approvvigionamento finora delineati, perché, diversamente dagli altri, riforniscono i coniugi RAINONE “a domicilio”, portandosi personalmente a Bellizzi (SA), con frequenza pressoché giornaliera. Nei frequentissimi contatti, le parti indicano lo stupefacente con termini convenzionali quali “la ruota nuova”, “la pasta”, “le magliette” e concordano le modalità di scambio della merce dietro corrispettivo: la coppia di Scampia, con particolare astuzia e per evitare gli inconvenienti spesso connessi ai pagamenti delle singole forniture di droga, chiede agli acquirenti di effettuare un versamento preliminare – ricaricando della somma pattuita la carta di credito Poste Pay dei fornitori – pari alla metà dell’importo complessivo del carico.
Il volume di affari registrato è molto significativo, atteso che i coniugi RAINONE acquistano e smerciano, di media, l’equivalente di circa 100/200 euro al giorno di cocaina.
Nel corso delle investigazioni è emerso infine il ruolo nella rete di spaccio anche di DEL MASTRO Pietro Junior, quale fornitore sporadico dei coniugi RAINONE-DI MATTEO, contattato secondo le necessità contingenti del momento, che non consentivano un diverso approvvigionamento sui canali preferiti dalla coppia. Invero, a carico di DEL MASTRO Pietro Junior sono stati riscontrati numerosi episodi di cessione autonoma di sostanza stupefacente – del tipo “hashish” e “cocaina” – nei confronti di diversi acquirenti di Bellizzi (SA), mediante un contatto diretto, connotato dal classico linguaggio ermetico e allusivo (l’hashish è definito “pezzo di cioccolato”, la cocaina “birra”).

LA RETE DI SPACCIO (ART.73 D.P.R. 309/90) COMPOSTA DA LANDI CARMINE, GENOVESI NELLO, IANNELLO CARLO (PUSHER), PONE VITTORIO E ABBATE ROSANNA (FORNITORI)
Il significativo volume di affari della coppia di Scampia ha imposto un ulteriore approfondimento investigativo, nel corso del quale è stato individuato LANDI Carmine (titolare di un negozio di cibo per animali e tolettatura, di Battipaglia-SA), pusher battipagliese che abitualmente si riforniva – con cadenza settimanale – di diversi tipi di sostanza stupefacente (“cocaina”, “hashish” e “skunk”) dal PONE e dalla ABBATE, per poi immetterli nel mercato dello spaccio di Battipaglia e Bellizzi.
Nei frequentissimi contatti, le parti indicano lo stupefacente con termini convenzionali quali “pacchettini di sk”, “quella verde”, “la macchina” e concordano le modalità di scambio della merce dietro corrispettivo: la coppia di Scampia, con particolare astuzia e per evitare gli inconvenienti spesso connessi ai pagamenti delle singole forniture di droga, chiede al LANDI (come ai coniugi RAINONE) di effettuare un versamento preliminare – ricaricando della somma pattuita la carta di credito Poste Pay dei fornitori – pari alla metà dell’importo complessivo del carico. Nel caso di specie, inoltre, il PONE concede il saldo totale a una settimana dalla fornitura.
Una volta ricevuto lo stupefacente, il LANDI si dedicava in modo sistematico all’attività di spaccio presso la sede della sua attività commerciale, concordando con diversi e frequenti acquirenti quanti “sacchetti di cibo per cani” volessero acquistare, oppure indicando allusivamente alla droga con termini quali “il barboncino”, “il mangime per uccelli”, “i croccantini per cani”, “la cuccia per il cane”. Riguardo il “mangime”, un acquirente in particolare si lamenta con il LANDI per la scarsa qualità di “un grammo di mangime”, a fronte di una spesa di 90 euro. In altre occasioni, invece, è lo stesso LANDI a recriminare per pagamenti non ancora ricevuti a fronte di cessioni significative di stupefacente.
Le indagini, al riguardo, hanno cristallizzato un episodio particolare, in cui il LANDI ha fatto da intermediario con PONE Vittorio, affinché garantisse a un suo conoscente – GENOVESI Nello – la fornitura di 50 grammi di cocaina, per un prezzo concordato di 2500 euro. Concluso positivamente l’affare, il LANDI ha curato (da buon mediatore) anche il pagamento del corrispettivo al PONE da parte del GENOVESI. Invero, dalle investigazioni emerge che il rapporto tra LANDI Carmine e GENOVESI Nello era improntato sul “mutuo soccorso”: lo stupefacente utile a soddisfare la clientela veniva rifornito reciprocamente a chi manifestava la necessità momentanea; l’esigenza veniva rappresentata l’uno all’altro con il gergo convenzionale “preparami i topolini che tra poco passerò a prenderli”.
Nel prosieguo investigativo è stato inoltre acclarato che lo stesso GENOVESI era dedito a una significativa attività di spaccio a Battipaglia (SA), e che lo stupefacente approvvigionato dal PONE gli serviva per soddisfare l’esigenza richiestagli dai clienti abituali nella settimana di riferimento. Le modalità di spaccio del GENOVESI sono di fornitura “porta a porta”, ovvero a seguito di incontri fissati pochi minuti prima dello scambio, con riferimenti a luoghi e circostanze perfettamente conosciute dalle parti. Per garantire un servizio celere e puntuale, il predetto si avvaleva della collaborazione assidua di IANNELLO Carlo, al quale impartiva le disposizioni necessarie a concludere la trattativa per lo scambio di droga (prevalentemente “hashish” e “marijuana”) e persona alla quale dirottava saltuariamente i propri assuntori, quando non aveva la concreta possibilità di soddisfarli oppure di recarsi sul luogo dell’appuntamento.

LA RETE DI SPACCIO (ART.73 D.P.R. 309/90) COMPOSTA DA CASTAGNA MARIO, FRANCIONE ADRIANO, CURCIO GIUSEPPE, STROLLO VINCENZO, SALERNO GIUSEPPE, COPPOLA ROMINA, CAPRIGLIONE MARIO (PUSHER), MOFFA ANDREA, DI BENEDETTO GIANLUCA, LAMBERTI ANDRÉ JEAN VICTOR, OLIVIERI CARMINE E DI MARTINO GUGLIELMO (FORNITORI)
Le indagini, proseguite con il monitoraggio dei pusher battipagliesi, hanno consentito di certificare diverse interazioni tra lo IANNELLO e CASTAGNA Mario, i cui esiti hanno confermato la dedizione anche di quest’indagato allo spaccio di diverse tipologie di sostanze stupefacenti (“cocaina”, “hashish” e “marijuana”), ancora una volta nei confronti di una pletora di acquirenti che venivano incontrati dal pusher – previo appuntamento concordato con linguaggio criptico e convenzionale – nei luoghi più disparati di Battipaglia (SA), prevalentemente locali pubblici e bar, ad ogni ora del giorno e della notte, come sono tipicamente connotati i rapporti tra cliente e spacciatore.
Il CASTAGNA, nel corso dei vari contatti con gli acquirenti indicava di volta in volta il prezzo che propone sul mercato per il quantitativo richiesto (1 pallino di cocaina da 0,3 grammi, 40 euro), riservando trattamenti di favore e piccoli sconti ai clienti abituali e dimostrandosi particolarmente veemente nei confronti di assuntori insolventi (anche per cifre consistenti, superiori ai 700 euro). Per la gestione dello spaccio di droga, il CASTAGNA si avvaleva della costante collaborazione di CURCIO Giuseppe, al quale lo legava un rapporto di reciproca cooperazione nell’attività illecita, tanto che gli assuntori si rivolgevano indistintamente all’uno o all’altro pusher, allo stesso prezzo di mercato.
Alla stessa attività, con costante coinvolgimento concorreva anche FRANCIONE Adriano (fratellastro del CASTAGNA), il quale, benché fosse dall’ottobre del 2014 assoggettato alla misura alternativa della detenzione domiciliare per reati specifici in materia di stupefacenti, in diverse occasioni contribuiva a favorire la condotta illecita del fratello, sia facendo da tramite tra lo stesso e gli acquirenti sia provvedendo personalmente (presso la dimora in cui era costretto) a rifornire gli assuntori (indicati come “i ragazzi del paese”), non risparmiando critiche al CASTAGNA per le scarse precauzioni che prendeva quando si spostava portando con sé la droga (“ma tu così vai camminando in mezzo alla strada? Ma sei tutto scemo?”).
I due si rifornivano abitualmente da MOFFA Andrea, nei confronti del quale avevano comunque forti posizioni debitorie per partite di stupefacente non pagate. Questo sarà il motivo per il quale, nel dicembre del 2014, i rapporti tra il fornitore e gli acquirenti cesseranno, pur dopo significativi scontri verbali tra i fratellastri (FRANCIONE accusa CASTAGNA di aver dissipato 800 euro di guadagno in una sola serata) e la palese volontà di passare alle maniere forti da parte dello stesso MOFFA, placate solo dal pagamento del debito con il danaro personale del FRANCIONE.
Le indagini hanno poi consentito di individuare in STROLLO Vincenzo un altro pusher in stretto contatto con il CASTAGNA e il FRANCIONE, dedito allo spaccio di diversi tipi di stupefacente (“cocaina”, “hashish” e “marijuana”) nei confronti di una pluralità di acquirenti; in particolare, a uno di questi che gli chiedeva “quella dell’altra sera al cavalcavia”, lo STROLLO replicava che al momento “ci sto, però sto con un’altra cosa… è a pois”, proponendogli l’acquisto di un altro tipo di stupefacente. Anche il prezzo fissato dallo STROLLO era di 40 euro a dose per la cocaina (“quello è 40 il motorino…”); lo stesso poi, in un episodio di “recupero crediti” appare particolarmente duro nei confronti del debitore, al quale rivolge significative minacce fisiche qualora avesse deciso di non onorare il debito o di denunciare l’accaduto alle forse dell’ordine (“devo trovare quello scemo di ieri sera… fa che chiama le guardie che gli schiatto la testa…”).
Quando lo STROLLO non disponeva di stupefacente per soddisfare le richieste degli acquirenti, dirottava abitualmente i clienti dall’amico SALERNO Giuseppe – anch’egli pusher dedito allo smercio di “cocaina” e “hashish” con le medesime modalità descritte per lo STROLLO – contattandolo preventivamente perché curasse la fornitura alla persona che lui stesso gli stava inviando, ad un prezzo favorevole (che il SALERNO fissava a 30 euro per ogni dose di cocaina). Per le consegne agli acquirenti, SALERNO Giuseppe si avvaleva della collaborazione della fidanzata COPPOLA Romina (già compagna di DI BENEDETTO Gianluca e parte attiva nel sodalizio criminale descritto nel primo paragrafo!), che a seguito della cessione dello stupefacente riscuoteva anche quanto pattuito.
Anche il SALERNO aveva a che fare con diversi assuntori insolventi, nei confronti dei quali esigeva personalmente il credito maturato. Invero, in occasione di un debito pendente, l’acquirente gli faceva notare che la qualità della droga (cocaina) era decisamente scarsa (“una sòla”), motivo per cui l’indagato lo invita a restituirla impegnandosi, nel contempo, a reperirne di qualità migliore (cosa che faceva, rivolgendosi a DI BENEDETTO Gianluca). Questo episodio induceva il SALERNO a pubblicizzare presso tutta la sua clientela il cambio di fornitore, viste le lamentele ricevute, chiedendo a tutti gli acquirenti di fare adeguata pubblicità presso altri assuntori anche per recuperare a sua volta il danaro necessario a saldare il conto con il precedente fornitore.
In realtà le investigazioni hanno fatto emergere che SALERNO Giuseppe aveva diversi canali di approvvigionamento dello stupefacente:
– LAMBERTI Andrè Jean Victor (detto “Attilio”), che lo riforniva di “cocaina” nonostante le temporanee difficoltà economiche in cui versava il SALERNO, il quale era costretto a poter acquistare solo a credito la droga da smerciare. I rapporti tra i due si interrompevano dopo poco, per l’insostenibile insolvenza del SALERNO. A sua volta, comunque, emergeva dal contesto investigativo una significativa attività di spaccio posta in essere dal LAMBERTI a Bellizzi e Pontecagnano in favore di diversi assuntori, Comuni in cui lo stesso smerciava la cocaina per un prezzo concorrenziale di 25 euro a pallino;
– DI MARTINO Guglielmo (pizzaiolo di Bellizzi, definito da Romina COPPOLA “uno da miez’ a via”), che nel novembre 2014 aveva fornito al SALERNO, a credito, una sola partita di “cocaina cotta”, per un valore di 300 euro, della quale aveva ricevuto il pagamento solo diverso tempo dopo e per la quale solo l’intervento di DI BENEDETTO Gianluca e di DI BENEDETTO Jessica Paola aveva scongiurato più gravi conseguenze;
– OLIVIERI Carmine, ebolitano, per diverse forniture di “cocaina” per le quali il SALERNO era debitore di oltre 350 euro, tanto da costringerlo a far intervenire DI BENEDETTO Gianluca per il ristoro del debito e, successivamente, a minacciarlo in modo significativo per indurlo alla corresponsione di quanto dovuto. Inoltre, comunque, emergeva dal contesto investigativo una significativa attività di spaccio posta in essere dall’OLIVIERI a Eboli e Battipaglia, nonché la saltuaria fornitura di stupefacente del tipo “cocaina” a DI BENEDETTO Gianluca e al cognato CAPRIGLIONE Mario (compagno di DI BENEDETTO Jessica Paola), a sua volta pusher nella cittadina della Piana del Sele (significativo, prima di ogni accesso nella dimora della famiglia DI BENEDETTO, la richiesta che l’OLIVIERI faceva “dai un’occhiata… vedi il tempo fuori com’è”, finalizzata ad escludere la presenza di forze dell’ordine in zona).

LA RETE DI SPACCIO (ART.73 D.P.R. 309/90) COMPOSTA DA D’ALESSIO GERARDO, MERCADANTE RAFFAELE, LAMBIASE GAETANO, LAMBIASE VINCENZO, GIULIANI SAMUEL (PUSHER)
Non residuale, infine, è la rete di spaccio da cui le indagini hanno preso inizio, delineata a seguito di attività investigativa mirata sui pusher riferibili all’attività di spaccio di stupefacenti condotta da LAMBERTI Domenico (“Mimmo ‘a mafia”) nelle cui dinamiche è maturato l’omicidio di PERSICO Vincenzo.
Le indagini infatti hanno consentito di acclarare una frenetica, reiterata e capillare attività di spaccio di stupefacenti nei Comuni Picentini (Giffoni Valle Piana, Montecorvino Pugliano e Pontecagnano Faiano) condotte da D’ALESSIO Gerardo nei confronti di molteplici acquirenti, molti dei quali noti assuntori, mediante numerosi appuntamenti fissati nei luoghi più disparati (bar, passaggi a livello, vicoli) secondo modalità tipiche dei rapporti tra spacciatore e consumatore e indicazioni allusive alla droga (“servizio buono”, “caffè pronto”, “una cosa da prendere”). In molti casi poi è lo stesso D’ALESSIO che informa la propria clientela sulla disponibilità o meno di stupefacente (“come viene vengo”, “sto a piedi, capisci al volo”, “vieni più tardi devo trovare uno che sto a piedi”) e del tipo di droga che detiene per lo spaccio (“conigli bianchi” inteso cocaina, “conigli neri” e “pippe” inteso hashish).
Per condurre la sua attività di spaccio al minuto, il D’ALESSIO si riforniva di stupefacente da diversi soggetti, che cedevano al predetto significativi quantitativi di hashish, anche a credito, da smerciare nei Comuni di riferimento. Le modalità di fornitura, spesso, venivano rallentate a causa delle frequenti insolvenze del D’ALESSIO il quale, in un’occasione, a seguito di indebite pressioni del fornitore sbottava sostenendo “io non devo dare più niente… sto ancora aspettando che mi dovevi portare l’altra macchina… quella macchina là io l’ho pagata…”).
Sul medesimo territorio, quali pusher indipendenti ancorché legati al D’ALESSIO da rapporti di amicizia e di mutuo soccorso in caso di necessità di reperire in breve tempo sostanza stupefacente per soddisfare acquirenti, gravitavano inoltre GIULIANI Samuel, i fratelli Gaetano e Vincenzo LAMBIASE, e MERCADANTE Raffaele (detto “nanetto”). I predetti smerciavano prevalentemente “hashish” e “cocaina”, con le modalità più volte descritte e negli stessi Comuni del D’ALESSIO, provvedendo in proprio o congiuntamente (in modo saltuario) al rifornimento dello stupefacente, al trasporto e al successivo spaccio.

LE PERQUISIZIONI
Nel contesto delle operazioni è stato eseguito un decreto di perquisizione domiciliare e personale nei confronti di ulteriori 10 indagati per il reato di spaccio di stupefacenti.
Nel corso delle attività di perquisizione presso i domicili degli indagati, i Carabinieri hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro 25 grammi di cocaina, 25 grammi circa di hashish e 20 grammi di skunk, nonché due pistole giocattolo (replica della Beretta 92F) prive di tappo rosso, oltre al materiale utile per la suddivisione e il confezionamento dello stupefacente.

 

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