Caserta. Bacino di Crisi, i lavoratori incontreranno l’onorevole Sgambato
“Il nulla si nasconde dietro le battute sessiste” – si questa affermazione per noi risulta vera. Amaramente affermiamo che la politica oggi in Terra di Lavoro, rappresenta il nulla. Oggi i politici sono il nulla, ma vogliamo ancora avere la speranza attendendo con ansia l’esito dell’incontro del 27 Luglio.
Dopo l’interrogazione del Onorevole Arturo Scotto (Sel) finalmente anche il PD si muove, tramite l’Onorevole Camilla Sgambato il 27 luglio ci sarà una convocazione presso il Ministero della Politiche Sociali di una riunione importante, dove si parlerà del futuro del BACINO DI CRISI DI CASERTA. Nonostante l’incontro del 27 Luglio fissato a Roma, noi lavoratori continueremo la nostra protesta fino a quando verranno tolte tutte le forme di discriminazioni fortemente penalizzanti per tanti lavoratori che da diversi anni non percepiscono alcun sostegno e cercando di trovare una soluzione tangibile per tutto il <Bacino di Crisi di Caserta>.Insomma problemi di grande, grandissimo respiro. La fine della grande industria, un sistema creditizio chiuso e incapace di finanziare le nuove imprese, un mercato sotto pressione. E soprattutto uno Stato privo di politica industriale. Bisogna agire, correre per evitare tragedie come quella del povero lavoratore dell’Ixfin (leggi qui).
Punto di partenza dovrebbe essere la revisione del modo in cui viene oggi assicurata la stabilità ai rapporti di lavoro, perché è in gran parte qui la radice della diffusa spinta alla utilizzazione di rapporti di lavoro caratterizzati dalla temporaneità, con l’effetto di produrre un’ingiusta segmentazione del mercato del lavoro e una socialmente intollerabile precarietà della condizione lavorativa. Bisogna riconoscere che non può non apparire grezzo e fortemente scarso un sistema, come quello attuale, vecchio di una quarantina di anni, che non appresta schemi e incentivi per promuovere esplicitamente una stabilità occupazionale, ma si limita ad affidare la tutela dell’interesse dei lavoratori a un semplice controllo del carattere per così dire “non abusivo” del licenziamento, rimesso integralmente, con formule indeterminate, alla mediazione giudiziaria e alle relative lungaggini e incertezze, con conseguenti problemi di costo, talvolta spropositato. Occorrono tecniche diverse, ma soprattutto occorre un piano di lavoro per il Sud. L’elaborazione di tecniche volte a promuovere in termini positivi la stabilità della condizione lavorativa non può che essere frutto di una concertazione, a vari livelli (nazionale, territoriale, aziendale), che sia capace di mobilitare e mettere in sinergia risorse, pubbliche e private, di vario genere (normative, economiche, organizzative) al servizio di politiche mirate a concretizzare il “debito di stabilità” nei confronti delle persone che dal lavoro e dalla disponibilità al lavoro hanno diritto di trarre i mezzi di sostentamento necessari – per dirla con le parole della nostra Costituzione – a una vita libera e dignitosa. Cenni di possibili strade da percorrere e sviluppare sono presenti nella nostra esperienza. Si pensi al trattamento di disoccupazione con requisiti ridotti, che rappresenta già un modello appropriato alla cura delle discontinuità lavorative; opportunamente governato, si presta a sostenere percorsi di “stabilizzazione”.
Se il Governo non attiverà attraverso fondi distribuiti a garanzia dello sviluppo e dei livelli essenziali della prestazioni sociali, la Campania sarà costretta a ripiegare ulteriormente, ci sarà un crollo totale della nostra industria, tutto morirà sotto i nostri occhi. Il Welfare regionale stretto fra l’incudine dei vincoli finanziari e il martello di crescenti bisogni sociali, dovrà essere più efficiente e distribuire la spesa in modo più equo ed efficace fra i diversi gruppi sociali e i diversi bisogni. Occorre ridisegnare un nuovo sistema di welfare attraverso politiche di welfare attivo (workfare) per aiutare i giovani a trovare opportunità per non emigrare; insistendo sull’integrazione fra servizi pubblici e privati; sulla sussidiarietà; sul ruolo del volontariato e degli enti bilaterali, bisognerà offrire il sostegno a tutti i lavoratori licenziati, (non riteniamo giusta la strada dei corsi di formazione, anche se saremo costretti ad accettare i corsi). Un welfare quindi che non si limiti al mercato del lavoro, ma che affronti tutti gli ambiti significativi dello Stato Sociale. Perché al centro del disegno ci sia “la persona” in un sistema integrato di tutele: dalla salute al lavoro, dalla formazione alla previdenza, dal sostegno al reddito al quoziente familiare, dalle opportunità alla sussidiarietà e alla solidarietà.
Un piano per il lavoro che parta da queste condizioni e si ricolleghi alla soluzione di queste criticità diventa, quindi, un progetto per il futuro prossimo, che non si fa schiacciare da un presente problematico ma vuol costruire, a partire dalle attuali difficoltà una prospettiva positiva per le persone e le comunità. Ci auguriamo che durante l’incontro del 27 Luglio ci siano queste premesse per la tematica del lavoro. Difendere il valore del lavoro, contro le gabbie salariali e la deregolazione contrattuale, promuovere il lavoro buono e legale, promuovere sviluppo basato sulla diffusione della formazione, dell’istruzione e dell’economia della conoscenza, combattere la disoccupazione e contrastare risolutamente le mafie, l’economia criminale e l’illegalità: questa la via maestra per affrontare e uscire dalla crisi, ma soprattutto eliminare i corsi di formazione, cercando di rintrodurre (il Pac). Vogliamo la garanzia che ci sia il sostegno, ma soprattutto vorremmo sapere cosa ne sarà del nostro futuro dopo i corsi di formazione, cercando anche di capire i criteri per accedere alla graduatoria dei corsi di formazione, cosa ancora sconosciuta a tutti noi lavoratori. Ricordatevi c’è la vita in gioco di tanti lavoratori, se davvero vogliamo evitare una crisi umana della nostra società civile.