Claudio Santamaria: “Con Jeeg Robot abbiamo inventato un genere: un ruolo che vorrei rifare”
Claudio Santamaria, vincitore del David di Donatello per il ruolo di Enzo Ceccotti, ha incontrato i giurati Generator nel penultimo giorno del Festival e ha ricevuto il Giffoni Experience Award. “È un premio bellissimo, stupendo. Davvero grazie di tutto” ha detto il protagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot: “Mai – ha dichiarato – mi era successo di poter interpretare un personaggio così distante da me. Avrei iniziato a girare il film il giorno dopo aver letto la sceneggiatura. Sapevo che avrebbe avuto successo perché tocca una parte infantile di ciascuno di noi. Segna uno spartiacque nel cinema italiano”. “Un’opera importante” aggiunge Santamaria, perché ha introdotto un nuovo genere in Italia: “Il regista Mainetti ha girato cinque anni per trovare una produzione: gli rispondevano che in Italia non interessano i film di genere. Il pubblico ha dimostrato che non è così. A livello di storia e di profondità dei personaggi e non ha niente da invidiare ai quelli americani”.
Il film, pluripremiato, ha avuto un grandissimo successo di critica e di pubblico: “Lo hanno definito un incontro tra i Marvell e Pasolini e io mi trovo d’accordo – ha aggiunto l’attore – Solo Pasolini era in grado raccontare la periferia in maniera così viva. Quella purezza che Pasolini sapeva tradurre in immagini e che abbiamo trovato a Tor Bella Monaca abbiamo voluto conservarla nel film. Ci abbiamo provato e credo che ci siamo riusciti”. Santamaria si augura un sequel: “Mi piacerebbe interpretare di nuovo questo personaggio. So che il regista e gli autori stanno pensando a come far evolvere la storia. Serve un conflitto a cui legarlo, altrimenti è solo un’operazione commerciale. Se si riesce ne sarò contento”.
Nel frattempo Santamaria ha finito di girare il film Brutti e cattivi, opera prima di Cosimo Gomez: “Il personaggio che interpreto – confessa ai giurati di Giffoni – è un cane randagio, è un mendicante. Il film è una commedia nera, è la rivincita degli emarginati. Un film già cult in scrittura. Sono convinto che sarà un altro grande, piccolo film di culto”.
“Il cinema è un’arma potente, più dei notiziari. Ha una forza maggiore perché porta lo spettatore a identificarsi con la storia e a vivere una catarsi” aggiunge, toccando anche l’esperienza del film Diaz, ambientato ai tempi del G8 di Genova del 2001: “La cosa scandalosa e sconvolgente di quella notte – ha commentato l’attore – è da allora che in Italia non è mai passata la legge sul reato di tortura. Bisogna insistere, lottare con i mezzi di cui si dispone, fare pressioni sul governo”.