Matteo Rovere ai Masterclass: “La mia vittoria? Un pubblico preparato come quello del Giffoni”

“Sono rassegnato a me stesso, perché sono il mio peggiore nemico quando lavoro”. È ironico Matteo Rovere nel descrivere la sua professione di regista. In due intense ore di confronto con i ragazzi presenti per l’ultimo giorno di Masterclass, il cineasta romano ha passato in rassegna i piccoli segreti del suo mestiere, alcuni fugaci dettagli della sua vita privata e le sue maggiori passioni. “Mi piace credere di essere l’unico ad effettuare una sorta di storyboard mentale – ha proseguito – in cui ricostruisco scena per scena le varie inquadrature. A seconda della sensazione che ho voglia di far nascere nello spettatore, prediligo una modalità piuttosto che un’altra. La forza di un regista, in realtà, è proprio questa: una stessa immagine può essere ripresa e trasmessa allo spettatore in decine di modi e, a seconda di queste scelte, si finisce con l’essere riconosciuti e catalogati”.

Anche questi gli elementi che hanno reso grande il suo ultimo lavoro: “Veloce come il vento è figlio del mio personale desiderio di superare molti luoghi comuni sui film in cui è centrale il rapporto tra l’uomo e la macchina. Non è un caso che abbia cercato di rendere una storia che risultasse prima di tutto verosimile e che, di conseguenza, inglobasse anche attori non professionisti come nel caso della figura di Matilda. Lei, classe ’95, è stata bravissima a piegarsi alle esigenze narrative del film e alle mie piccole fobie artistiche”.

Poi una riflessioni su Giffoni: “Mi ha inorgoglito l’invito a questo Festival. Voi mi confermate di essere riuscito a farmi comprendere anche da un pubblico giovane ed esperto, come da sempre il mondo considera la giuria del Giffoni Film Festival”.

Redazione

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