Napoli. Crisi del commercio al Vomero: a fine mese chiude Mega Magic
“Il Vomero era una delle aree commercialmente più attive del Comune di Napoli, ma negli ultimi anni ha fatto registrare segni di forte crisi”. Lo afferma Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari.
“Il numero di attività commerciali che hanno chiuso o si sono trasferite a causa dei costi elevati di gestione è aumentato col passare del tempo. Mentre sono spuntate come funghi attività legate ai pubblici esercizi, principalmente bar e sfizioserie oltre a diverse attività del commercio cinese. L’ultimo caso, in questi giorni, riguarda uno store presente da alcuni lustri in via Merliani, il negozio di abbigliamento Mega Magic che, con un cartello posto all’ingresso, annuncia alla clientela la chiusura per il 31 luglio prossimo col classico “fuori tutto”. Al suo posto si parla, ma al momento sono solo voci, dell’arrivo dell’ennesimo fast food”.
“Conseguenti alla chiusura delle attività commerciali, presenti da tempo nel quartiere collinare, sono state, da un lato, la desertificazione di alcune zone, dall’altro il drastico calo dei livelli occupazionali connessi alle attività del terziario commerciale – prosegue Capodanno -. Passando ad un analisi più approfondita del fenomeno bisogna premettere che oltre , naturalmente, al perdurare della crisi economica che colpisce, contemporaneamente, il potere d’acquisto dei consumatori e gli stessi commercianti, occorre anche considerare che il Vomero era, e oggi non lo è più, un fondamentale punto di riferimento commerciale anche per chi veniva dai Comune della Provincia”.
“Difatti – puntualizza Capodanno – il quartiere collinare, negli ultimi dieci anni, ha dovuto fare i conti con l’aggravamento dei problemi legati alla viabilità, determinati, tra l’altro, dall’adozione di alcuni provvedimenti di pedonalizzazione, tra i quali quelli di alcuni tratti di via Scarlatti e di via Luca giordano, non accompagnati dalla contestuale creazione di infrastrutture, come parcheggi pubblici. Tutto ciò ha notevolmente contribuito ad allontanare i potenziali consumatori che un tempo raggiungevano il quartiere anche da fuori città e che ora devono fare i conti con i prezzi stellari dei pochi parcheggi privati, visto che gl’insufficienti stalli delle strisce blu, che peraltro hanno ridotto l’ampiezza delle già striminzite carreggiate, sono perennemente occupati dai residenti”.
“A questo punto – sottolinea Capodanno – il Vomero si è pian piano uniformato agli altri quartieri cittadini. Non c’è più l’artigianato, non c’è più la cultura, visto scomparse anche alcune importanti librerie in uno a diverse sale cinematografiche. Infine, sul piano turistico, non si è mai data pratica attuazione a iniziative tese al rilancio di siti che, sulla carta, rappresentano dei notevoli attrattori, come San Martino e la villa Floridiana, che purtroppo versa ancora in pessime condizioni, con la chiusura al pubblico di gran parte del parco, in uno ai rispettivi musei”.
“Inoltre – ricorda Capodanno – la politica portata innanzi dall’amministrazione comunale negli ultimi due lustri ha palesemente favorito l’ambulantato e, più in generale, le attività commerciali non a posto fisso, le quali si sono appropriate d’interi tratti di strada, a partire da quelle presenti nell’isola pedonale di via Scarlatti. Tutte attività, queste ultime, fortemente concorrenziali rispetto la commercio stanziale, anche perché presentano ovviamente costi di gestione nettamente inferiori, potendo effettuare le vendite a prezzi decisamente concorrenziali, sovente bypassando le normative fiscali”.
“Eppure – conclude Capodanno – basterebbe poco per cercare di arginare questa vera e propria ecatombe di esercizi commerciali al Vomero, molti dei quali storici. Infatti, seppure al momento solo sulla carta, da un paio d’anni a questa parte esiste una legge regionale per valorizzare gli esercizi e le botteghe storiche della Campania che avrebbe dovuto allineare la nostra regione ad altre regioni italiane, dove tale normativa è presente da lustri. Ma a Napoli, per quanto è dato sapere, essa è rimasta, in gran parte, sulla carta in quanto non risulta che sia stato ancora completato il censimento delle attività che potrebbero fruire dei benefici, anche economici, previsti nella suddetta legge”.