Caserta. Bacino di Crisi, il grido dei lavoratori: “Siamo il dramma della nostra provincia”

L’emergenza migranti si fa sempre più accentuata in Italia, dove migliaia di rifugiati si trovano costretti a vivere in centri di accoglienza sempre più affollati. Queste persone vivono alla giornata aspettando solo l’arrivo dei pasti e senza la possibilità di lavorare, svagarsi e provare a costruirsi il proprio posto nella nostra società. Mentre mezzo paese li accusa di essere parassiti, o peggio, qualcun altro ipotizza soluzioni più o meno efficaci per integrare queste nuove vite nel funzionamento e nella quotidianità della nostra cultura.

Il nostro caro Prefetto Dott. Mario Morcone ha spiegato a parole proprie il suo piano per rendere effettiva l’integrazione: “Diamo Lavoro ai migranti”. Caro Dott. Morcone noi non siamo la barzelletta di nessuno, ma come lei non conosce la problematica del lavoro nella nostra provincia? lei imita Renzi non vede i disoccupati che ci sono qui nella nostra Provincia di Terra di Lavoro. Il problema principale dell’Italia è l’occupazione. Di problemi in realtà ne vediamo tanti ogni giorno, ma quello con la P maiuscola da cui dipendono a cascata molte altre debolezze del Paese è la mancanza di posti di lavoro. E ciò che il governo dell’ottimismo sembra non voler vedere (o ammettere) è che tale mancanza non può essere sopperita guadagnando a fatica qualche decimale all’anno. Sembra che l’Italia e i sostenitori dell’esecutivo di Renzi abbiano perso l’aderenza alla realtà, il rapporto con le grandezze di misura. I posti di lavoro che mancano all’Italia sono circa 7 milioni: negli anni della crisi il Belpaese ha visto sfumare circa un milione di posti di lavoro. Ma anche prima del 2007 la situazione del mercato del lavoro italiano era ben distante da quella delle altre economie avanzate europee che offrivano in media 6 milioni di posti di lavoro in più rispetto a noi. Diciamo che questi 7 milioni di posti di lavoro rappresentano la distanza che c’è tra l’Italia e la media europea, la normalità; la discrepanza tra le promesse e la realtà. 7 milioni di posti di lavoro equivalgono a circa 10 punti percentuali in più di occupazione. Si tratta di aumenti nell’ordine di numeri a doppia cifra, non certamente di decimali e prefissi telefonici. Se un balzo del 10% dell’occupazione è un pura fantasia, l’Italia potrebbe però accontentarsi di registrare un +2/3%. In questo caso il tasso di occupazione avrebbe un impatto tangibile sulle famiglie italiane e il governo avrebbe davvero qualcosa per cui festeggiare. Ma con gli aumenti dello zero virgola a cui siamo abituati, il mercato del lavoro italiano per arrivare alla normalità europea impiegherà 30 anni, quando i giovani di oggi saranno in età da pensione.E questi lavoratori non hanno tempo da perdere. L’ISTAT rivela che la stima del numero di giovani disoccupati a settembre diminuisce rispetto al mese precedente del -2,2%, -14 mila. Ma, allo stesso tempo, la stima degli occupati 15-24enni diminuisce dell’1,2% rispetto ad agosto, -11 mila. Sempre su base mensile, il tasso di occupazione giovanile, pari al 15,2%, diminuisce di 0,2 punti percentuali.Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi è pari al 40,5%. Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, alcuni perchè impegnati negli studi, gli altri sfiduciati. La stima del numero di giovani inattivi è in aumento dello 0,5% nel confronto mensile, +22 mila. Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni aumenta di 0,4 punti percentuali, arrivando al 74,4%. Leggere questi dati ISTAT sulla condizione dei giovani è come leggere un bollettino di guerra. La disoccupazione cala di pochi decimali, ma intanto crescono gli inattivi. E gli occupati, cioè coloro che hanno trovato un posto di lavoro, continuano a calare. Caro Dott. Morcone ora con questi dati capisce com’è la situazione lavorativa in Italia.

Noi del Bacino di Crisi – Caserta notiamo, la licenziosa continua sbornia di ottimismo e poco contatto con la realtà, da parte del governo, Il Governo può essere accusato anche di scelte sbagliate. I principali strumenti messi in campo per combattere la disoccupazione e la precarietà lavorativa si sono rivelati davvero scarsi. Il boom di contratti a tempo indeterminato non si è visto nemmeno lontanamente, mentre continuano a crescere i contratti precari. E la responsabilità dell’esecutivo è quella di aver speso diversi miliardi di euro per ottenere in cambio un pugno di mosche. Altro elemento scarso spuntato nell’arco di Matteo Renzi è stato il programma Garanzia Giovani. Messo su con il finanziamento europeo non può essere considerato una spesa sbagliata, ma certamente un’occasione nulla. Un progetto nullo che non ha dato il risultato sperato. Di fronte a una platea di circa 1,7 milioni di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 destinatari del programma, ad oggi si sono iscritte circa 800mila persone. Di questa platea che rappresenta meno della metà dei destinatati, solo 500mila hanno ottenuto qualche forma di servizio (tirocinio, formazione, avvicinamento al lavoro, bonus occupazione, corsi di formazione) e di questi soltanto 15mila hanno trovato un’occupazione grazie a Garanzia Giovani, meno dell’1%.Le cause sono molteplici: i centri per l’impiego italiani non all’altezza dell’incarico, tempi lunghi per l’attivazione dei servizi, pochissime offerte di lavoro, scarsa burocrazia, troppi paletti per le aziende e tempi infiniti per il pagamento, ma soprattutto discriminazione per la graduatoria. Molte testimonianze raccontano di lavoratori che a distanza di mesi dal termine del tirocinio stanno ancora aspettando dall’INPS il pagamento del primo mese di lavoro.Caro Prefetto ora con queste notizie lei capirà che la situazione davanti i suoi occhi è disastrosa. Come si può favorire con il lavoro l’integrazione dei rifugiati, se nella nostra provincia non si conosce il futuro lavorativo nostro? La colpa del governo (Stato-Regione-Provincia) che da anni cercano di drogare il mercato del lavoro italiano spingendo l’attivazione di nuovi contratti grazie al taglio dei contributi, anzichè andare a cercare e combattere i motivi che tengono in stallo il mercato del lavoro, soprattutto quello giovanile. Perchè le imprese non assumono più i giovani? La situazione attuale è il risultato di un puzzle di cause vergognose. Ma tra quelle che stanno in cima alla lista c’è il cuneo fiscale, il costo del lavoro tra i più elevati in Europa. La decontribuzione triennale non è sufficiente per spingere le nuove assunzioni, servono misure strutturali e stabili nel tempo per convincere i datori di lavoro a scommettere sui giovani. La crisi economica dal 2007 ad oggi ha fortemente inciso sulla produttività italiana: se non c’è domanda, non c’è produzione e non servono dipendenti. Anzi in questi anni abbiamo registrato un tasso altissimo di fallimenti e all’impennarsi del ricorso a cassa integrazione o part-time. La nostra situazione resta tragica, l’occupazione aumenta di percentuali irrisorie di fronte ai milioni di giovani senza lavoro e il governo che ha buttato via soldi pubblici per curare i sintomi anzichè la malattia si permette anche di festeggiare i risultati ottenuti. Alla faccia dei giovani e della realtà. Caro Prefetto come vede noi abbiamo la priorità, rispettiamo i migranti – ma la nostra situazione risulta drammatica. Qui c’è da combattere per la sopravvivenza, c’è in gioco l’essere umano.

BACINO DI CRISI – CASERTA

Redazione

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