Cumpare e cumpariello, il significato dell’espressione: ”Simmo San Giuvanne!”
Il trascorrere del solstizio estivo, collega la tradizione a particolari riti del giorno di San Giovanni Battista (24 giugno). Quante volte avete sentito l’espressione: ”simmo San Giuvanne!”. E’giusto spiegare questo modo di dire che appare a molti misterioso.
Nelle nostre zone, c’è l’usanza del comparatico, cioè quel vincolo che lega compari e comari. Con questa espressione si vuole indicare il rapporto di “comparatico” (cumparanze) di qualsiasi tipo, anche se, in realtà, ci riferisce il più delle volte ai rapporti tra figliocci e padrini o madrine di battesimo o cresima. Era un rapporto spirituale che non doveva essere tradito, questo rito, secondo i più, vorrebbe ricordare il vincolo sacro stabilitosi quando San Giovanni Battista battezzò Gesù nel fiume Giordano.
Essere ”cumpare ‘e San Giuvanne” significava rispettare un legame quasi superiore a quello esistente tra due fratelli. Diventare compari, quindi promettere il comparatico, voleva dire fino a qualche anno fa essere legati alla reciprocità, ovvero promettersi favori e disponibilità anche attraverso lo scambio di doni. Oggi questo tipo di tradizione si è svuotata semanticamente. Il significato del rituale, infatti, si è alleggerito, pur mantenendo le stesse simbologie, inscrivendosi in un contesto più superficiale. Questo legame, a seconda della zona, prevede una serie di regole da rispettare e di obblighi. In Sicilia il comparatico è quasi più importante della parentela perché sfocia nella sacralità. Non a caso in spagnolo “compadre” significa padrino o più largamente ”amico fraterno”.
San Giovanni Battista punisce, secondo la tradizione meridionale, chi non rispetta la fede del compare e soprattutto chi tradisce il compare. Anche in Romagna vi è l’usanza per la festa di San Giovanni, regalare alla morosa un mazzo di fiori che viene contraccambiato nel giorno di San Pietro. I due vengono chiamati compare e comare di San Giovanni e in qualche modo ufficializzano il loro amore. Ancora, a Milano, si dice: ”San Giuan fa minga ingan!”, anche se questa espressione ha origini fiorentine. Il fiorino, all’epoca principale moneta di scambio europea, recava l’immagine del giglio e di San Giovanni, Patrono di Firenze. La figura del santo aveva anche scopo deterrente contro i falsari, forse a causa del suo ben noto “caratteraccio” che la tradizione ci offre. A questo santo fumantino non era proprio il caso di recare offesa! Il comparatico, quindi, realizza un legame inscindibile, perché sacralizzato, che va oltre la sincera amicizia, oltre il legame di sangue, per arrivare a costituire anche un’alleanza tra famiglie.
Luigi Cipullo
(in foto due aversani: il compare Salvatore Migliaccio e il figlioccio Francesco Pizzo negli anni Sessanta)