(VIDEO) Terremoto ad Amatrice: insieme ai soccorritori della Polizia

I primi segni della distruzione che il terremoto ha portato al confine tra Marche e Lazio si vedono lungo la via Salaria, nel tratto che risale la valle del Velino, in direzione di Amatrice.

A cinquanta chilometri dal centro reatino una lunga fila di macchine in fuga era letteralmente ricoperta da uno strato di polvere rosata. Mattoni polverizzati dal sisma di magnitudo 6 che, alle 3.36, ha quasi raso al suolo il paese di Amatrice.

Proseguendo verso il centro colpito, in un bar, incontriamo un superstite che con gli occhi sbarrati dalla paura e cerchiati dal sonno racconta al barista che è rimasto chiuso in camera da letto per ore: la violenza che ha fatto tremare la terra ha scardinato le porte di un armadio a muro ed ha riversato gli scaffali sulla porta della camera da letto impedendo all’uomo di uscire, scappare, per diverse ore. Ora finalmente libero fugge a Roma da un cugino che lo ospiterà per un pò.

Arrivati allo svincolo per Amatrice una lunga teoria di mezzi speciali con cucine, fotoelettriche, ruspe ponteggi e tanto altro attende il via libera della Polizia stradale che da subito sta cercando di regolamentare l’accesso dei soccorsi in paese.

“Siamo stati tra i primi ad arrivare qui – racconta Mauro, un assistente capo della Polizia stradale di Rieti – sentito il terremoto ci siamo sentiti al telefono con tutti i colleghi della Sezione ci siamo messi l’uniforme e siamo venuti su”.

“Nei primi momenti siamo stati gli unici a scavare con le mani e a tirare fuori qualche superstite, noi, insieme ai colleghi della finanza e della forestale. In breve tempo sono arrivati i primi soccorsi dei Vigili del fuoco e abbiamo capito – continua Mauro mentre dentro un’uniforme piena di polvere continua a regolamentare il traffico – che se non ci fossimo messi a fare il nostro lavoro, in poche ore i soccorsi sarebbero rimasti bloccati fuori dal paese in un unico grande ingorgo. Con il nostro dirigente abbiamo stabilito quali vie di accesso presidiare e quali veicoli far entrare ad Amatrice per rendere i soccorsi i più rapidi ed efficienti possibili”.

“Non è semplice – ci dice Luca Iobbi responsabile della Sezione, anche lui sul posto dalle 4 – curiosi, giornalisti parenti preoccupati, sono un ostacolo alla circolazione dei mezzi di soccorso; permettere un flusso costante su queste strade è un grande impegno. Ci stanno aiutando pattuglie arrivate da Roma e da Viterbo”.

Con lui entriamo in paese. Ad accogliere i soccorsi una donna sulla cinquantina scossa dal dolore e dalla paura che ad alta voce, gli occhi nel vuoto, rivolta più al Destino che agli Uomini esclama: “Questo non ce lo doveva fare, noi di Amatrice siamo gente buona. Agosto era un mese in cui tutti lavoravano con i turisti. E invece no. Non verrà più nessuno”.

Giuliano è un assistente capo delle volanti di Rieti e lo incrociamo in pieno centro, sotto il campanile di via Roma il cui orologio è fermo all’ora del sisma.

Anche lui, insieme alle tante uniformi presenti sul luogo del disastro, è stanco, sporco e salta da un detrito all’altro. Ora per aprire la porta di una casa, ora per allontanare troupe televisive e free lance in cerca di notizie. “È pericoloso – ripete come un mantra – non c’è nessuna sicurezza, andate via andate via”.

Dentro il paese si ha l’impressione di essere all’interno di un unico gigantesco caotico cantiere in cui il vigile del fuoco corre con un attrezzo in mano vicino ad un carabiniere che sfiancato si riposa con una bottiglietta d’acqua in mano; un gruppo di militari, armati di piccone, sfila vicino a dei volontari che circondano una ruspa in movimento in attesa di intervenire con le mani.

Un formicaio in cui ognuno sembra sapere quello che deve fare e invece, come dice Giuliano “Semplicemente fa quello che può: scava” .

In lontananza intravediamo un ragazzo del Reparto mobile in cima ad un cumulo di macerie la sua uniforme è ormai bianca come il casco e la visiera; eppure sta li, fianco a fianco con finanzieri forestali e vigili del fuoco a scavare per tirare fuori un corpo di un uomo senza vita appena intravisto.

Ci colpisce la presenza dei numerosi cani della protezione civile addestrati per la ricerca di persone. Chiediamo delle unità cinofile della Polizia e ci dicono che sono dovuti andar via: i cani avevano fatto un buon lavoro individuando diversi corpi sotto le macerie ma erano esausti ed i loro conduttori li hanno dovuti allontanare per farli riposare.

Poco più in la, defilati, due agenti della Polizia scientifica; davanti ad un cortile, in modo discreto, allontanano i curiosi che sbirciano dentro. Appoggiati sul prato e coperti con lenzuola e coperte ci sono i corpi di oltre venti persone. Gli agenti hanno finito il lavoro destinato all’identificazione dei corpi e aspettano che le salme vengano trasportate al centro sportivo dove è stato allestito uno spazio per la raccolta dei corpi delle persone decedute.

La sera che sta arrivando non fermerà la ricerca dei dispersi; le lampade fotoelettriche daranno luce al “formicaio”; le braccia dei soccorritori, la forza. Lungo la Salaria intanto, sulla strada del ritorno, si incrociano centinaia di lucciole blu, lampeggianti dei mezzi di soccorso che continuano da tutto il Paese ad arrivare per portare aiuto, conforto e speranza; tutte cose delle quali i nostri fratelli colpiti dal terremoto avranno certamente bisogno.

Redazione

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