La storia di Carinaro: “‘E mazze ‘e Sant’Eufemia”

L’agro aversano è ricco di tradizoni secolari. Come di consueto, anche quest’anno si svolgerà la tradizionale ”gara delle mazze” in onore di Sant’Eufemia Patrona di Carinaro.

La chiesa ricorda la martire il 16 settembre, ma i festeggiamenti in suo onore sono già iniziati giovedì 1 settembre, dando vita ad un nutrito programma di manifestazioni, nel quale i riti religiosi si alternano a cerimonie pubbliche e a spettacoli di piazza. Questa sera, verso le ore 22:30, si terrà la suggestiva manifestazione detta: “‘E mazze ‘e Sant’Eufemia”, una sorta di asta pubblica, nella quale il miglior offerente si aggiudica, appunto, le mazze, ossia il diritto di accompagnare a spalla la statua della santa durante il tragitto per le vie del paese.

Come ogni anno, presiederanno alla manifestazione religiosa le massime autorità comunali, inoltre, è prevista la tradizionale vendita degli oggetti donati alla santa, ossia delle offerte in natura, elargite durante la processione e la visita all’abitato. Questo atto, attestato già da fine Ottocento, prende origine da un’antica raccolta di grano e canapa che venivano devozionalmente offerti alla Patrona del paese.

Sant’Eufemia, nacque nella città di Calcedonia, figlia di Filofrone e Teodosia, ricevette una buona educazione, sempre secondo le regole di vita cristiana a cui la famiglia faceva riferimento. Durante la persecuzione di Diocleziano fu arrestata e torturata, ma restò sempre fedele ai suoi ideali cristiani. Il 16 settembre del 303 D.C, fu gettata in una fossa di leoni che le divorarono la sola mano destra. Gli altri fedeli riuscirono così a recuperare il corpo e a proteggerlo sino all’Editto di Costantino con il quale veniva riconosciuta la religione cristiana. Il suo culto si diffuse notevolmente e il corpo fu trasferito successivamente a Costantinopoli. Nell’Ottocento, secondo quanto dice la tradizione, il sarcofago con le reliquie della santa sparì misteriosamente da Costantinopoli e riapparve, quasi miracolosamente, su una spiaggia di Rovigno in Istria. Probabilmente, i resti furono messi in salvo da alcuni fedeli barcaioli. Ancora secondo la leggenda, gli abitanti di Rovigno tentarono in svariati modi e con gli animali più forti di portare in città il sarcofago, invano. Vi riuscì infine un fanciullo con l’aiuto di due sole giumente, a dimostrazione che la cristianità non si basa sulla forza o sul vigore, ma sulla mitezza e la semplicità. Il culto, poi,si diffuse fino alla cittadina di Carinaro. C’è da ricordare che, il piccolo centro di Carinaro, sorse nel territorio dell’antica Liburia, una regione assai fertile, compresa tra il fiume Clanio, il bosco di Acerra e il fossato di Napoli, già luogo di insediamenti umani in età neolitica. Sappiamo che, il casale di Carinaro, è menzionato per la prima volta in alcuni scritti longobardi del V secolo come ”Cerinaru”.

Durante la dominazione angioina, il feudo fu proprietà dei Sanframondo e venne spartito tra gli eredi, sarà riunito solo nel 1527 dai Brancaccio, ed acquistato dai di Sangro nel 1580. Per più di due secoli, dal 1633 al 1851, furono Duchi di Carinaro i Mormile, una delle famiglie più antiche e nobili di Napoli, iscritta al Seggio di Portanova. Durante il Settecento, gli abitanti dell’ormai eclissato e vicino villaggio di Casignano, furono assegnati alla sua parrocchia e le due circoscrizioni furono unificate. Nel 1928, con l’abolizione di ”Terra di Lavoro”, Carinaro fu aggregata alla città di Aversa e riottenne la sua autonomia solo nel 1946.

Luigi Cipullo

Redazione

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