(FOTO) La Storia di Aversa. Immagini inedite: l’interno dell’antico Monastero di Montevergine

Incerto è l’anno della fondazione del Monastero benedettino di Montevergine, ormai demolito, ubicato in Via Vittorio Emanuele III ad Aversa (ex ufficio postale). Molto probabilmente il complesso fu fondato intorno al 1300, grazie all’opera del Sign. Bartolomeo di Capua, già benefattore de’ Monaci di Montevergine Maggiore in Napoli. Nel 1559, ad opera del priore Tullio Simeone, furono eseguite importanti riparazioni, con una spesa di circa 1500 ducati. Una descrizione risalente al 1594 fornisce informazioni riguardo alle caratteristiche del monastero: edificato all’interno della città, con una chiesa comoda, ma povera di decorazioni. All’interno vi erano pitture eccellenti come: “l’ultima Cena di Nostro Signore con gli Apostoli”, una tavola dell’400 attribuita ad Alessandro Martucci e, trasferita, secondo il Parente, nella Cappella di Succurre Miseris, ed altri due dipinti che raffiguravano S. Guglielmo e S. Giovanni Evangelista. Attualmente, presso la Chiesa di San Lorenzo di Aversa, si conserva, invece, la pala d’altare della suddetta chiesa, raffigurante la Madonna di Montevergine in trono (foto della pagina ”In Octabo”).

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Nel 1611 il monastero fu elevato ad abbazia, ed ebbe come primo abate Giovanni Battista Chiara. Fu ampliato nuovamente col disegno di F. Domenico (converso domenicano) nel 1636.

Con la soppressione dei benedittini, avvenuta nel 1807, la struttura monastica fu adibita a magazzino di viveri e foraggi per le truppe militari, e fu concessa nel 1821 al morotrofio, quale sede-succursale della Maddalena e  destinata ad accogliere il manicomio femminile (da qui nasce il toponimo della strada conosciuta dagli aversani anche come ”areto ‘a pazzaria”.

Si insediarono in questi locali, quindi, le donne folli, sotto la disciplina delle Suore della Carità di Besanzone, chiamate così, perché, per appunto, istituite a Besancon (Comune francese) l’11 aprile del 1799, da Suor Giovanna Antide Thouret, loro fondatrice. Riconobbero come loro protettore e modello S. Vincenzo de’ Paoli e  S. Francesco Sales, loro scopo era di sollevare i poveri, assistere i malati e seguire la gioventù. Un ordine rigorosissimo, difatti, loro obbligo, era quello di svegliarsi tutti i giorni alle ore 4 dopo mezzanotte, eccetto un sol giorno della settimana in cui si permettevano altre due ore di sonno. Successivamente, le donne folli furono trasferite in S. Agostino degli scalzi, altra casa ausiliaria del grande morotrofio. Sempre verso l’Ottocento, si radunò in questo luogo, per qualche tempo, una loggia massonica, e nel 1812 l’officina del pannaggio militare.

Nel 1960 i locali furono venduti ad un privato e trasformati in un condominio residenziale.  Nel 1985 fu sacrificata un’ala dell’adiacente complesso per la costruzione della sede delle Poste e Telecomunicazioni.

Nel 1999 la struttura conventuale, che ancora conservava testimonianze medievali, è stata demolita completamente e sulla sua superficie è stato costruito un fabbricato, ignorando il vincolo imposto dalla legge 1089 del 1939 sulla salvaguardia dei beni artistici.

Unica testimonianza ancora visibile dell’antica struttura, è parte della chiesa, e una porzione della cupola, il tutto è stato inglobato nelle strutture in cemento armato del nuovo edificio. Un’ennesima testimonianza artistica ed architettonica aversana allo sfacelo, tesori seppelliti sotto cumuli di sterile cemento armato.

Luigi Cipullo

Redazione

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