Addio al ‘tenore di vita’ nell’assegno di mantenimento dopo il divorzio

E’ una rivoluzione il verdetto della Cassazione che archivia il “tenore di vita” goduto durante il matrimonio come parametro perenne che l’ex coniuge era (fino a ieri) tenuto ad assicurare con assegno alla moglie divorziata. Questo ‘spauracchio’ della condanna al ‘mantenimento a vita’, va in soffitta e – sulla scorta di quanto succede anche nel resto d’Europa – lascia il posto a un nuovo “parametro di spettanza” basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che chiede l’aiuto del partner, compagno di una vita a due ormai dissolta.

Il matrimonio non è più la “sistemazione definitiva”: sposarsi, scrivono i supremi giudici nella sentenza 11504, è un “atto di libertà e autoresponsabilità” e se le cose vanno male si torna ad essere “persone singole”, senza rendite di posizione. Anche perché dover versare un assegno “può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia” e questo in violazione del diritto a rifarsi una vita riconosciuto dalla Corte di Strasburgo e dalla Carta fondante dell’Unione Europea.

Il caso che ha generato questo sommovimento del diritto di famiglia, è quello del divorzio nel 2013 tra un brillante ex ministro e una affascinante imprenditrice sposati dal 1993. Lui le versa due milioni di euro durante la separazione – tra i motivi di dissidio ci sono anche i debiti accumulati dalla signora – sperando che non ci siano altre richieste. Ma si sbaglia. Perché l’ex moglie ricorre in Cassazione per avere anche un ‘vitalizio’ dopo che la Corte di Appello di Milano nel 2014 glielo aveva negato ritenendo incompleta la sua documentazione dei redditi, e considerando anche che l’ex marito aveva subito una “contrazione” delle sue entrate.

Ad avviso dei supremi giudici, la decisione milanese deve essere ‘corretta’ perché a far perdere il diritto all’assegno alla ex non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’”.

“Si deve quindi ritenere – afferma il verdetto – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”. Questo vuol dire che saranno d’ora in poi passati ai raggi ‘x’ i beni, la disponibilità di una casa, e la capacità lavorativa, attuale o potenziale, di chi chiede l’assegno e “se è accertato che è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto”.

Per Gian Ettore Gassani, avvocato matrimonialista, “si tratta di un terremoto giurisprudenziale in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei”. L’ex ministro – difeso da Ida Favero e Daniele Mariotti – è soddisfatto del verdetto, ma chiede il rispetto della richiesta di riservatezza stampigliata sul verdetto degli ‘ermellini’. Far calare il sipario su questa storia, oscurando i nomi dei protagonisti, è la richiesta che viene anche da Salvatore Santagata, legale della signora.

Ecco i principali “indici” – forniti dal verdetto 11504 della Cassazione sull’assegno di divorzio – “per accertare” la sussistenza, o meno, “dell’indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno e quindi l’adeguatezza, o meno, dei “mezzi”, nonchè la possibilità, o meno, “per ragioni oggettive, di procurarseli. Sono quattro:

1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;

2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri ‘lato sensu’ imposti e del costo della vita nel luogo di residenza, inteso come dimora abituale, della persona che richiede l’assegno;

3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo;

4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione”.

Tocca all’ex coniuge che chiede l’assegno, “allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive”. “Tale onere probatorio – spiega la Cassazione – ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell’indipendenza economica, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo ex coniuge, restando fermo, ovviamente il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro” ex coniuge al quale l’assegno è chiesto.

 noIn particolare, prosegue la Suprema Corte, “mentre il possesso di redditi e cespiti patrimoniali formerà oggetto di prove documentali, soprattutto le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale formeranno oggetto di prova che può essere data con ogni mezzo idoneo, anche di natura presuntiva, fermo restando l’onere del richiedente l’assegno di allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative iniziative assunte per il raggiungimento dell’indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative”.

Più le coppie sono ricche e celebri e maggiori sono al momento del divorzio gli importi degli assegni di mantenimento. Almeno in Italia ha funzionato così fino a ieri. Oggi, una sentenza della Cassazione ha archiviato per sempre l’assegno di mantenimento legato al parametro del tenore di vita. Addio quindi divorzi ‘da favola’, dove il più ricco pagava per molti anni la libertà a caro prezzo.

Tra i casi più clamorosi, il divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario: la cifra dell’assegno di mantenimento che il Cavaliere stacca da anni alla ex moglie, è materia di continui ricorsi ai tribunali da parte del leader di Forza Italia. Nel novembre scorso la Procura della Cassazione ha spezzato una lancia a favore di Berlusconi contro l’assegno stratosferico da due milioni di euro al mese che ha dovuto versare durante la fase di separazione alla ex moglie, per decisione della Corte di Appello di Milano, che già nel 2014 aveva ridotto di un milione l’importo stabilito nel 2013 dal Tribunale di Monza. Ad avviso del Sostituto procuratore generale Francesca Cerioni, la cifra anche se era stata ridotta era sempre eccessiva. Il Pg aveva condiviso la tesi sulla necessita’ di porre una “soglia” massima, agli assegni di mantenimento, non solo a quelli dei ‘paperoni’ ma anche in tutti i casi in cui la ‘rendita’ finisce per produrre ricchezza, o consentire grandi investimenti.

Berlusconi ora versa alla Lario un assegno di 1,4 milioni. Diversa la situazione negli Stati Uniti, dove i ‘paperoni’ di solito si affidano ai contratti pre-matrimoniali, firmando davanti ai rispettivi legali dettagliati accordi che stabiliscono cifre e immobili che spettano ai coniugi in caso di divorzio. Ma le liquidazioni ‘da favola’ all’ex coniuge continuano a svuotare le tasche dei ricchi e famosi. Vedi la separazione tra Ben Affleck e Jennifer Garner: secondo le stime, l’attore-regista verserebbe all’ex moglie 145 milioni di euro.

Tra i casi celebri di divorzi costosi non si può non citare quello avvenuto dopo 24 anni di matrimonio tra Bernie Ecclestone, patron della Formula Uno, e l’ex modella Slavica Radic, alla quale sono poi stati versati un miliardo e mezzo di dollari. E come non ricordare Madonna e l’ex marito Guy Ritchie, insieme per otto anni e poi divorziati spendendo tra i 76 e i 92 milioni di dollari. Il matrimonio tra Harrison Ford e Melissa Mathison che nel 2004 per una sbandata di lui per l’attrice della serie tv Ally McBeal Calista Flockhart, attuale moglie dell’attore, finì con un divorzio costato a Ford 85 milioni di dollari. Mel Gibson, sposato per 26 anni con Robyn Moore, da cui ha avuto sette figli, ha divorziato nel 2006, versando 425 milioni di dollari alla ex moglie.

In Italia proprio oggi arriva la notizia che Barbara d’Urso, non dovrà pagare più all’ex marito, Michele Carfora, l’assegno del divorzio riconosciutogli in primo grado dal Tribunale di Roma. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Roma, perché Carfora, formando una nuova famiglia dalla quale è anche nata una figlia, “ha determinato il venire meno dell’obbligo di solidarietà post-coniugale” e anche perché durante il matrimonio ciascuno dei coniugi, entrambi personaggi dello spettacolo dotati di reddito, si manteneva da sé.

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Redazione

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