Bullismo, le strategie per contrastare il fenomeno
Nonostante i tanti sforzi, soprattutto negli ultimi anni, compiuti da studiosi di bullismo e da educatori attenti al fenomeno, a tutt’oggi non esiste una strategia univoca e universalmente riconosciuta volta a contrastare in modo definitivo il bullismo.
Tuttavia, si è d’accordo sul fatto che per contrastare efficacemente detto fenomeno, bisogna ricorrere al lavoro di gruppo. Lo studioso K. Lewin concepisce il gruppo non solo come un insieme dinamico, caratterizzato da un rapporto di interdipendenza tra i suoi componenti, ma anche dalla comunanza degli scopi. M. Scerif, i cui studi sulla funzione di gruppo e sulle soluzioni fra essi costituiscono un classico della psicologia sociale, ha una concezione “architetturale” del gruppo, considerando sia i piccoli che i grandi gruppi come una struttura in cui i membri sono legati da rapporti di status e ruoli e in cui si delineano norme e valori comuni. Alla base di tale struttura, aggiunge H. Tajfel, c’è il sentimento di appartenenza e include tre componenti: cognitiva (conoscere di appartenere a un gruppo), valutativa (l’appartenenza al gruppo può essere connotata positivamente o negativamente) ed emozionale (cioè gli aspetti cognitivi e valutativi sono accompagnati da sentimenti ed emozioni, quali amore-odio, piacere-dispiacere).
Altri studiosi, come D. Abrams e M. Hogg, ritengono che l’appartenenza ad un gruppo dipenda non solo dal bisogno di autostima, ma anche dalla cosiddetta “riduzione dell’incertezza”, cioè dal bisogno che ogni individuo ha di trovare un significato all’esistenza, di sentirsi sicuri nella vita sociale.
Nel corso dei millenni, si sa, gli uomini hanno saputo creare cultura e civiltà grazie alla collaborazione tra di loro. La cooperazione, quindi, è sempre stato un percorso necessario e determinante. Nella scuola, in particolare, il lavoro di gruppo è fondamentale. Per contrastare la condotta aggressiva tipica dell’atteggiamento del bullo, vengono proposti, nella scuola, dei giochi cooperativi per la fascia di età dagli 8 ai 16 anni, proponendo esperienze basate sullo stile del “tutti per uno, uno per tutti” a sostegno del percorso evolutivo verso una migliore gestione dei comportamenti socioaffettivi. Il risultato supera la soddisfazione individuale e l’allievo scopre la responsabilità per qualcosa di comune attraverso un’esperienza di successo.
Il valore pratico del lavoro di gruppo si evidenzia quando nei giochi affiorano dei conflitti conseguenti al dover prendere decisioni difficili, quando vi sono diverse strategie di soluzione o uno scarso impegno di alcuni, occasioni preziose di apprendimento in cui, aiutando gli altri e lasciando che essi ci aiutino si manifesta l’impegno verso di loro, ma anche la disponibilità a riconoscere i propri limiti permettendo loro di esserci di aiuto. Durante i giochi cooperativi è importante che gli insegnanti-animatori adottino i seguenti principi pedagogici:
– Inscenare il gioco: creare le condizioni per consentire gli alunni di giocare spontaneamente;
– Imparare a stare in disparte;
– Aiutare gli allievi a risolvere da soli i problemi, appianando eventuali conflitti;
– Avviare all’autoregolazione: fare in modo, cioè, che gli allievi risolvino i problemi in modo regolare ed autonomo, senza che uno di loro si imponga con gli altri.
E’ necessario che la scuola favorisca un clima accogliente delle differenze e delle diversità con una politica scolastica basata sull’inclusività e sul rispetto delle persone. Coloro che sono disabili o vittime di abusi, o provenienti da diverse etnie, sono più vulnerabili rispetto agli altri allievi, perciò la scuola deve essere consapevole delle particolari esigenze di questi bambini o di questi ragazzi, coinvolgendo le famiglie.
I docenti e i genitori devono lavorare insieme per trovare il modo di aiutare l’allievo.
Ci sono, infine, due componenti di efficacia pratica contro il bullismo: la prevenzione di episodi negativi e la costruzione di un sistema di dialogo tra docenti ed alunni.
Sonia Cristiano