Valencia. Culto e tradizione per il Santo Graal
Trovandomi in viaggio a Valencia ho avuto modo di fare visita al Santo Graal, venerato da tutti i pontefici e considerato ufficialmente il calice utilizzato da Gesù per l’Ultima Cena. Questa è l’occasione giusta per raccontarvi la storia del vero sangue di Cristo. Il Santo Graal si trova all’interno della Cattedrale di Valencia ed è visibile in una cappella a pianta quadrata con pareti di pietra lavorata subito dopo l’entrata a destra. Sia Giovanni Paolo II nel 1982 che Benedetto XVI nel 2006 hanno reso omaggio al calice e lo hanno utilizzato nella loro celebrazione eucaristica in questa città.
La vera e propria coppa è alta 7 centimetri e larga 9.30 mentre la base è composta da una coppa rovesciata costituita da tante pietre preziose come rubini e smeraldi dal valore inestimabile. Secondo la tradizione aragonese che ci tocca particolarmente da vicino in quanto a Napoli vi è il Castello Aragonese, il Santo Graal fu usato dagli Apostoli a Gerusalemme anche dopo l’Ultima Cena. San Pietro di Arimatea lo avrebbe portato ad Antiochia e quindi a Roma dove venne utilizzato da molti Papi fino a Sisto II, che prima di essere giustiziato, lo avrebbe consegnato al diacono Lorenzo, che poi sarebbe diventato Santo, il quale riuscì a farlo arrivare nella sua città natale, a Huesca in Spagna nel 258 d.C.
All’inizio esso veniva nascosto nelle montagne aragonesi, poi nel 1134 un canonico di Saragozza scrisse di aver visto la reliquia nel monastero di San Juan de la Pena e lo descrive come il calice dell’ultima cena. Il re Martino I convinse i monaci a donarglielo ed esiste la prova certa di questa consegna, datata 26 settembre 1399. Il re lo portò nel palazzo reale dell’Alajaferia, dove rimase 20 anni. Alla morte del re la moglie Margarita de Prades lo donò alla città di Valencia. Dal 1437 esso risiede nella Cattedrale di Valencia e da lì non si è mai spostato tranne che per brevi periodi bellici, dove però rimase sempre nella stessa città per protezione e sicurezza.
Il calice del Sangue di Cristo è un qualcosa di unico e per questo ho voluto riportare la mia esperienza sulla Rampa per condividerla con tutti voi cari lettori e per condividere un pezzo di storia che riguarda la cultura aragonese e quella aversana perché abbiamo subito l’influenza degli aragonesi. Un caloroso saluto.
Davide Simeone