Pensioni, riscatto gratuito della laurea per i Millennials?
Si è diffusa grazie all’hashtag #Riscattalaurea ed è il frutto del coordinamento di due ragazzi che hanno portato l’iniziativa all’attenzione del MIUR, il Ministero dell’Università e della Ricerca. In cosa consiste? I giovani nati tra il 1980 ed il 2000, i cosiddetti ‘Millennials’, dovranno affrontare un mercato del lavoro completamente diverso dal passato, con la prospettiva di raggiungere la pensione sempre più tardi: la soluzione sarebbe quella di riscattare gratuitamente gli anni trascorsi all’università.
Come funziona dal 2008 – Il riscatto della laurea è già possibile, ma non gratuitamente: esso può essere sostenuto da un genitore sin dal 2008. Dopo la laurea è sufficiente presentare domanda di riscatto all’INPS prima di cominciare a lavorare; l’istituto fissa il reddito minimale a 15.548 euro: riscattare quattro anni di laurea costa 20.500 euro e la somma può essere pagata in dieci anni senza interessi, con rate da 170 euro al mese e a versare i contributi (finché il neo laureato non lavora) possono essere i suoi genitori. Un altro vantaggio: la cifra può essere scaricata dalle tasse, recuperando nel tempo fino a 3.900 euro di contributi versati… che portano il costo reale dell’operazione a 16.600 euro, che permettono di mettere in cassaforte quattro anni che avvicinano alla pensione. Riscattare la propria laurea quando già si lavora, invece, può costare molto di più: una donna 40enne con un reddito non superiore a 36mila euro lordi l’anno dovrebbe sborsare circa 65mila euro per riscattare quattro anni di università: praticamente il doppio di quanto guadagna in un anno di lavoro. Ecco perché da giorni si parla di riscatto gratuito, con #Riscattalaurea tra le tendenze sui social ed il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta (Partito Democratico) che da nelle ultime settimane parla con insistenza di una misura allo studio.
Sperimentazione? – Secondo Baretta il progetto per il riscatto gratuito potrebbe partire in via sperimentale il prossimo anno, limitandolo soltanto agli studenti che conseguono il loro percorso di laurea nei tempi prestabiliti. Gli anni trascorsi nelle aule universitarie diventerebbero quindi validi per il computo degli anni utili per raggiungere l’età pensionabile; i contributi verrebbero però pagati all’INPS dallo Stato (ancora da decidere se tutto o in parte) e non dall’interessato. Potrebbe essere una vera e propria ancora di salvezza per i Millennials, che rischiano di andare in pensione a 73 anni e che riceveranno il loro assegno secondo il metodo contributivo (sulla base dei contributi versati) e non, come la generazione dei propri genitori, secondo il metodo retributivo (basato anche sul livello dello stipendio, oltre che sui contributi versati durante gli anni di lavoro). Al momento sembra essere solo un’ipotesi al vaglio di Palazzo Chigi, che nel frattempo sta pensando concretamente alla “pensione di garanzia”: un assegno minimo versato dallo Stato per chi in un futuro avrà una pensione troppo bassa da non poter garantire un livello minimo di sussistenza. Un’opzione che coinvolgerebbe più giovani (non solo quelli che hanno frequentato l’università), ma che sarebbe anche più cara per le casse dello Stato.
Alternative – Per contrastare i dubbi e le incertezze sul futuro, sempre più persone fanno ricorso a misure pensionistiche integrative, dei fondi pensione di tipo assicurativo che assicurano a chi li sottoscrive una specie di rendita che vada ad integrare l’assegno pensionistico negli anni a venire. Orientarsi tra i meandri delle polizze assicurative e di quelle pensionistiche integrative non è semplice: per farlo è sempre opportuno informarsi su portali specializzati come ‘Fisso Variabile’, dove è possibile prendere visione di strumenti come Alleata previdenza, uno dei piani pensionistici integrativi che è anche detraibile e che potrebbe fare al caso vostro. Come funziona? Semplice. La somma maturata nel corso degli anni viene versata sotto forma di rendita vitalizia: insomma, un capitale che dovrebbe mantenere inalterato il tenore di vita di un lavoratore che lascia il proprio impiego per accedere alla pensione.