La storia di Aversa. San Francesco di Paola: “‘o santo rattuso!”

Correva l’anno 1876, quando l’antico Convento di San Francesco di Paola subì una radicale trasformazione, dalle  ceneri del complesso sorse così il Manicomio Criminale di Aversa come ”sezione per maniaci”.

L’illustre luminare dell’antropologia criminale, Gaspare Virgilio, aveva previsto per la nuova istituzione un progetto diverso, adattando l’ex convento alle nuove esigenze risparmiando la chiesa dei Minimi, ma negli anni successivi sotto la direzione di Filippo Saporito anche la chiesa aversana subì la sorte della demolizione tra il 1912 e il 1917.

L’altare maggiore con lo stemma CHARITAS dell’ordine dei Paolotti, venne assegnato alla Chiesa di Santo Spirito in Casal di Principe, alcune tele delle cappelle laterali sono conservate presso la Pinacoteca del Palazzo Vescovile, la tavola dell’Adorazione dei Magi, attribuita a Cornelius Smeth, è ora collocata nella Cattedrale di San Poalo in Aversa.

Numerosi arredi e paramenti sacri, furono affidati alla Chiesa di Santa Maria a Piazza, come la stessa statua settecentesca del santo, che prima di giungere nel luogo dove tutt’ora è venerata, subì alcune particolari vicissitudini.

Durante i suddetti anni compresi tra il 1912 e il 1917, il Signor Luigi Grassia potè osservare con i suoi occhi la demolizione dell’antico luogo, con grande amarezza vide la statua del santo quasi martoriata e chiese di prendersene cura.

Prima che le autorità scegliessero il luogo di destinazione, si decise di spostare il simulacro nella Chiesa dello Spirito Santo in Piazza Cirillo. Qualche tempo dopo,  durante una notte, dei ladri riuscirono a trafugare il bastone che il santo di Paola stringeva tra le mani e nel compiere il gesto sacrilego, gli danneggiarono le mani.

In seguito, la statua venne affidata alla Chiesa di Santa Maria a Piazza, e ogni 26 Gennaio era portata in processione dai devoti del quartiere, non si fermò la devozione della famiglia Grassia, che le risistemò  la tonaca ormai logorata dagli anni, ma intanto le mani restavano rotte… Luigi Grassia venne a mancare, non riuscendo a veder realizzato il desiderio di restaurare l’adorata stutua. Dopo un po’ di tempo, un vecchio parente incontrò per caso Francesco Paolo, figlio di Luigi, e gli disse che durante il sonno  gli era apparso suo padre, il quale gli aveva riferito le testuali parole:

”Ricorda a Francesco della promessa fatta” , colto dall’incredula rivelazione, le mani, come avrebbe voluto don Luigi, furono restaurate.

Qualche tempo dopo a causa di un delicato intervento chirurgico, la famiglia Grassia invocò ancora una volta l’amato santo, il tutto andò per il meglio, e il Paolotto si guadagnò anche un bel voto in argento. Il santo sfilerà per gli anni a venire nella tradizionale processione di S.Paolo, insieme ai numerosi ”colleghi” delle varie chiese e congreghe cittadine e ai tradizionali busti in argento, grazie a questi ultimi infatti, venne a coniarsi l’espressione cittadina: ”Quando esceno ‘e statue argiente,è fernuta ‘a prucessione”.

Non tutti sanno, che nel corso dei secoli, la tradizione popolare ha attribuito al Paolotto altre qualità, diverse da quelle religiose. Infatti, per la particolare inclinazione della testa che guarda a sinistra verso l’alto, il popolo aversano è solito ricordarlo come ”il santo guardone” , a cui piace sbirciare sotto le gonne delle donne affacciate ai balconi. Le fanciulle aversane, sappino che non correranno più il rischio di essere osservate da ”occhi indiscreti”, in quanto la processione patronale non prevede più l’accompagnamento delle statue cittadine. S.Francesco da decenni riposa in Santa Maria a Piazza, nella teca donatagli sempre dalla famiglia Grassia, alla quale vanno i ringraziamenti della città tutta, grata per la devozione perpetuata negli anni che ha permesso di ricostruire un pezzo di storia cittadina.

Luigi Cipullo

Redazione

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