Castel Volturno. “Canapa in Terra di Lavoro”, Benigno: “Convegno partecipato, passo verso futuro”
Si è tenuto nel pomeriggio di giovedì 7 dicembre, a partire dalle ore 17:00, presso la chiesa Santissima Maria del Mare di Castel Volturno, località Pineta Mare, il convegno riguardante il progetto sociale (lavoro-ambiente-cultura-salute) dal nome “Canapa in Terra di Lavoro”.
Nel corso dell’evento, che ha vantato il patrocinio morale del Consiglio Regionale della Campania, della Provincia di Caserta, della città di Aversa, della città di Marcianise, dell’Arcidiocesi di Capua, dell’Arcidiocesi di Napoli, della Diocesi di Aversa, della Diocesi di Caserta, dell’ISSR San Paolo Aversa, dell’Eupolis e della Cattedra Italiana di Bioetica UNESCO, sono intervenuti il Dott. Cesare Diana (apertura conferenza e saluti), l’avv. Nicodemo Di Michele (il quale ha esplicato tutti gli aspetti dell’attuale normativa vigente), la Dott.ssa Raffaella Pergamo (Researcher Crea che ha approfondito gli aspetti economici e produttivi della filiera di Canapa), il Dott. Sergio Cerrato (che ha posto l’accento sugli effetti nutraceutici della Canapa), l’Avv. Luigi Benigno (Presidente dell’associazione di promozione del progetto sociale della Canapa in Terra di Lavoro) e Don Antonio Palazzo (Parroco cella comunità locale).
“Il progetto – dice l’Avvocato Benigno -, è promosso dall’Associazione di promozione sociale denominata “Canapa in Terra di Lavoro ETS”; una realtà senza scopo di lucro, composta da cittadini desiderosi di realizzare il bene comune. Da qui la connotazione sociale, ideata e finalizzata al perseguimento di quattro grandi obiettivi, sarebbe a dire: la tutela dell’ambiente in cui viviamo e della biodiversità; il disinquinamento ambientale e dei suoli; la tutela della dignità umana attraverso la cultura della legalità, dell’effettività del lavoro con opportunità di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro; la tutela della salute dell’uomo, nella sua piena personalità morale e giuridica; lo sviluppo dell’agricoltura biologica e moderna in Terra di lavoro. Sono queste le grandi tematiche che costituiscono la fonte ispiratrice e il filo conduttore del progetto, che poggia sulla memoria e sulla cultura del nostro territorio, che dovrebbe caratterizzare l’identità del popolo e di un’area geografica, appunto quella in cui viviamo. La riscoperta ed il ritorno in chiave moderna e industrializzata della coltivazione e trasformazione della canapa nei suoi molteplici utilizzi rappresenta un passo verso gli anni ’50, età storica ad altissima vocazione agricola in cui migliaia di ettari di terreno erano utilizzati per la coltivazione della canapa, principalmente nell’area dei Regi Lagni in provincia di Caserta, sebbene non sia mai stata realizzata una vera e propria filiera. L’Italia era il secondo produttore europeo di canapa ed il primo produttore in termini di qualità; le regioni più attive erano il Piemonte (Carmagnola), l’Emilia Romagna e la Campania. Successivamente con l’avvento del proibizionismo, anche fagocitato dalle grandi lobbies internazionali, la coltivazione della canapa ha subito una globale battuta d’arresto. Negli ultimi anni è tornata alla ribalta, con il favore anche del legislatore che a livello nazionale ne ha liberalizzato la coltura sciogliendola da quei vincoli e lacciuoli che di fatto l’avevano relegata quale attività illecita, essendo sottoposta alla normativa per le sostanze psicotrope. La canapa si divide in due grandi famiglie o specie, la canapa sativa e la canapa indica. La prima specie è quella coltivata per l’impiego industriale, il cui contenuto di THC (tetroidrocannabinoide), molecola responsabile dell’effetto psicotropo, è molto ridotto mentre la seconda contiene un più elevato contenuto di questa molecola ma il progetto prevede la coltivazione della sola CANAPA SATIVA per uso industriale. Siamo partiti valutando le problematiche del territorio e la sostenibilità ambientale del progetto industriale che andrà ad incidere sul territorio senza danneggiare l’ambiente anzi favorendone la cura prevedendo una intensa attività formativa/educativa sui valori etici, sulla legalità e sulla formazione scolastica, anche mediante l’attivazione di accordi per l’alternanza scuola/lavoro. Abbiamo attentamente valutato l’impatto e la sostenibilità ambientale del progetto riscontrando tutti i requisiti necessari alla qualificazione del progetto quale eticamente sostenibile. Al centro del progetto c’è l’uomo a cui vogliamo offrire gli strumenti necessari per vivere una vita connotata di cultura, legalità, di attenzione per l’ambiente con la consapevolezza che tutti abbiamo il dovere di averne cura ora e per le generazioni future. Il progetto consentirà la creazione di centinaia di posti di lavoro sia nei campi che nell’industria (filiera) e creerà nuove opportunità anche nel campo della ricerca industriale e scientifica. La filiera dovrà necessariamente essere corta per cui la coltivazione e la trasformazione saranno effettuate in loco. La canapa è voluminosa e la percorrenza di molti chilometri per raggiungere gli impianti di conferimento produrrebbe un inquinamento ambientale causato dal trasporto oltre ad incidere negativamente anche sui costi per i coltivatori. Le attività saranno sviluppate in un incubatore locale, in via di individuazione con la valutazione di strutture pubbliche in disuso oppure di strutture confiscate alla criminalità; l’incubatore favorirà la nascita di startup innovative sia in termini di prodotto che di servizio. Avvieremo un dialogo con le industrie di vari settori in cui è possibile sostituire l’utilizzo di combustibili fossili o di altre materie prime più dannose per l’ambiente con la canapa e i suoi derivati. L’obiettivo è favorire la delocalizzazione o l’apertura di stabilimenti green in Campania con la possibilità di assumere giovani opportunamente formati anche attraverso l’alternanza scuola lavoro. Si pensi al settore del tessile, del cordame, dei biocarburanti, della bioedilizia, della cosmesi, del food etc.. Basti pensare che numerose applicazioni dei derivati della canapa sono oggi effettuate in vari settori, da quello alimentare a quello industriale (carta, cordame, automotive, calzaturiero, bioedilizia etc), a quello farmaceutico e della cosmesi nonché a quei settori che costituiscono una validissima alternativa ai combustibili fossili, in primis il petrolio ed i suoi derivati. Con la canapa si produce biocarburante, biodiesel, biomasse, e soprattutto tali prodotti sono altamente compatibili con l’ambiente in quanto biodegradabili. Nel solo settore della carta si pensi che per 1 ettaro di terreno coltivato a canapa occorre disboscare ben 4 ettari di foresta. La canapa, a differenza degli alberi, impiega circa cinque mesi per completare il ciclo agricolo (dalla semina al raccolto) mentre un albero, prima di essere abbattuto, impiega circa 30 anni per crescere. È chiaro che, essendo noto oggi che la deforestazione è causa o concausa del buco dell’ozono, l’abbattimento degli alberi è nocivo per l’ambiente e per la biodiversità, seriamente minacciata dalla trasformazione dell’ambiente naturale e degli ecosistemi. Milioni di ettari di terreno nel mondo sono stati sottratti all’agricoltura perché destinati a soddisfare le esigenze abitative oppure alcune specifiche coltivazioni a danno di altre. Ciò rientra nel fenomeno della globalizzazione. Basti pensare che sulle nostre tavole arrivano spesso prodotti provenienti da altri continenti e che tali prodotti sol per questo non sono connotati dalla sostenibilità ambientale poiché il solo rapporto costi benefici, dovuti i primi alle emissioni nell’aria di diserbanti utilizzati per la coltivazione e di inquinanti generati dal trasporto, azzerano di gran lunga i benefici nutrizionali di qualunque prodotto. È per questo che il progetto si basa su una filiera corta i cui prodotti derivati debbano essere realizzati nelle zone d’origine limitando al minimo i trasporti sebbene l’utilizzo del biodiesel e dei biocarburanti, di fatto neutralizzerebbero gli effetti delle emissioni nocive nell’aria che respiriamo. Per ciò che concerne il food basti pensare che i semi di canapa possiedono un’altissima proprietà nutraceutica essendo in grado di favorire un apporto proteico, oltre ad amminoacidi essenziali per l’organismo, in grado di consentire la nutrizione di un individuo per circa 10 giorni utilizzando 1 kg di semi. Si pensi ai benefici che potrebbe apportare nelle aree del pianeta perennemente colpite dalla fame e dalla malnutrizione. Dal punto di vista scientifico in campo farmacologico, studi di laboratorio rivelano che gli estratti della canapa, le molecole di Thc e Cbd, applicate in campo medico consentono di curare e gestire i sintomi di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer, la Sindrome laterale amiotrofica (SLA), il morbo di Parkinson, l’Autismo, ma ancor più importante consentono di curare il cancro e di alleviare gli effetti collaterali della chemioterapia. La realizzabilità del progetto dipende da molti fattori ma siamo convinti che il senso di responsabilità di ciascun attore e il dovere di curare noi stessi e l’ambiente che ci circonda e di cui dovremmo esserne i guardiani, favoriranno e scuoteranno la sensibilità affinché tutti possiamo contribuire a rimediare ai disastri finora provocati per soddisfare l’irrefrenabile corsa ai consumi. Intendiamo anche recuperare alla legalità quei terreni e strutture sottratti alla mafia che ha prodotto nei nostri territori ingenti disastri ambientali. Abbiamo – conclude – avviato un dialogo con alcuni Enti ed Istituzioni del nostro paese che possano contribuire a fornire non solo gli strumenti ma anche le opportune reti di protezione. Intendiamo connotare ed esaltare le caratteristiche del progetto per avviare un dialogo ad ampio raggio con quella parte della finanza non speculativa che sempre più non presta attenzione alla remunerazione degli investimenti ma presta molta attenzione alla destinazione e all’impiego di essi. Per dirla in breve, il denaro non è inteso quale fine ma quale strumento per la realizzazione di progetti connotati dal rispetto dell’ambiente e della legalità”.