AIFVS presenta denuncia per strage su A4

Al fianco delle famiglie distrutte dal dolore. Nella giornata di martedì 24 gennaio, l’Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada Onlus (AIFVS) ha sporto denuncia contro ignoti per disastro colposo per la strage del bus del 22 gennaio 2017, avvenuto sulla A4 di Verona, in cui morirono 17 ragazzi ungheresi.

“Abbiamo consegnato alla Procura della repubblica di Verona, una perizia molto dettagliata su quelle che riteniamo essere le reali cause del grave sinistro avvenuto sull’arteria stradale veneta – dice il presidente Alberto Pallotti -. Il documento è stato redatto dal signor Fekete Gyorgi, esperto ungherese,
in collaborazione con l’ingegnere progettista stradale Dévai Gyula e il presidente onorario della Società “Esperti delle Ferrovie e delle Strade” (MAÚT), Tombor Sàndor. Il team di professionisti ha contattato la nostra associazione con l’intento di portare il contenuto all’attenzione degli inquirenti. Nell’elaborato vengono individuate delle presunte responsabilità da parte del gestore del tratto autostradale, progettisti e manutentori. In particolare, una piastra di ferro in disuso, con pezzi di ferro sporgenti, dei prigionieri filettati, era presente sul luogo dell’incidente, appena al di là del guard Rail. Si chiama “mensola di appoggio per pali”. Questa piastra, secondo gli ungheresi, è stata praticamente la causa dell’esplosione degli pneumatici del bus, che ha contribuito alla modifica della traiettoria di uscita di strada, portando il veicolo a schiantarsi contro il pilone risultato poi fatale. Inoltre gli stessi ungheresi ritengono che la piastra non sia stata correttamente rilevata in fase di indagine.

Nella relazione, viene evidenziato anche il ruolo del palo della luce tranciato dal bus, il quale risulterebbe scorrettamente fissato al cemento. Verosimilmente, sarebbe stato proprio il palo della luce che, troncandosi, avrebbe creato lo shock elettrico alla base dell’incendio poi sviluppatosi. La perizia evidenzia, inoltre, un presunto errore di progettazione di tutto il tratto stradale. Non sono presenti, infatti, cartelli di decelerazione. Si passa da velocità normale a 40 chilometri/ora in uscita.

Per proteggere il pilone del cavalcavia è stata adottata una barriera di acciaio fissata al terreno. Il guard rail – si legge – dovrebbe essere fissato nel cemento, non nel terreno, per avere un effetto contenitivo maggiore. Nel caso di ostacoli vicini, come in questo caso il pilone del cavalcavia, sarebbe stato opportuno adottare un sistema di ritenzione fissato sul cemento. Il tratto di guard Rail presenta un elemento di giunzione potenzialmente ancor più pericoloso perché in parte distrutto. La perizia getta pesanti ombre sulla tenuta del guard rail in oggetto, e sul corretto sistema di protezione del pilone. La nostra associazione fu la prima a denunciare che il manufatto di cemento si ritrovasse troppo vicino alla sede stradale. Sarebbe interessante capire perché i pilastri di sostegno dei cavalcavia non sono stati allargati quando si è deciso di portare il tratto autostradale da 2 a 3 corsie di marcia, allargando la carreggiata.

L’esperto ungherese, Devai Gyula ha lanciato precise accuse, sostenendo che la barriera in questione non sarebbe stata inidonea a contenere un bus ad alte velocità anche perché realizzata con materiali scadenti. Il guard rail, a seguito dell’impatto, è rientrato di un metro ed è proprio nello spazio in questione che non doveva essere posizionato alcun ostacolo fisso o, nel caso, fissato fermamente nel cemento. Gli ungheresi non hanno prestato attenzione ai motivi che hanno portato il bus fuori strada. Il presunto colpo di sonno dell’autista o lo scoppio del pneumatico non possono essere considerati gli unici fattori causanti la tragedia. I guard rails, indubbiamente, hanno avuto un loro ruolo in questo dramma; se la barriera avesse offerto la giusta protezione, probabilmente il bus non sarebbe mai andato a collidere con il pilone. Crediamo sia assolutamente velleitario parlare, come ha fatto il gestore, di sistema di ritenzione idoneo. Se fosse stato idoneo, a nostro parere, avrebbe retto l’impatto, laterale e non frontale, con il bus. Gli ungheresi chiedono la pubblicazione delle immagini dello schianto, così che si possa chiarire maggiormente cosa è successo. Il video ci dovrebbe essere, in quanto la webcam autostradale è fissa nel tratto in cui è accaduta la tragedia.

E’ simbolico il fatto che dall’Ungheria abbiano fatto affidamento sulla nostra associazione, da sempre vicina al territorio ed una delle poche realtà italiane capace di dare forza alla voce delle vittime anche nelle corti di giustizia. Un punto di orgoglio e un riconoscimento che è premio per tanto impegno da parte di tutti noi sul territorio. Speriamo – conclude – che la perizia possa contribuire a fare più luce su quello che è realmente successo quella sera. Niente potrà mai far tornare quei giovani dalle loro famiglie, ma forse si potrà evitare che queste cose accadano in futuro”.

Redazione

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