Caso nome Pizzerie Sorbillo, Pisani: “E’ solo un’ordinanza cautelare. Il vero processo deve ancora iniziare”

L’avvocato Angelo Pisani accoglie con rispetto ma non si preoccupa dell’ordinanza cautelare del processo sommario emessa dalla sezione imprese del Tribunale di Napoli in merito alla diffida sull’utilizzo del marchio avanzata dal pizzaiolo Gino Sorbillo contro il cugino Luciano.

Pisani però precisa il merito: “Questa non è una sentenza inappellabile, come mediaticamente si vuole far credere, ma solo un’ordinanza cautelare che sarà oggetto di processi ordinari. Il processo vero e proprio infatti deve ancora iniziare: ci sarà un primo grado, l’appello e la sentenza della cassazione a decidere chi ha ragione sul nome Sorbillo e sul diritto di tutti alla pizza napoletana”.

L’avvocato ha la certezza che la storia non finisca qua: “Si tratta di un’ingiustizia ma è pur vero che alla lunga il bene e la verità vincono sempre. Vietare l’utilizzo del cognome e della propria storia familiare, tra l’latro utilizzata da sempre da Gino per farsi pubblicità fin dai tovaglioli di carta, non può essere socialmente accettabile come principio e non è scritto in nessuna sentenza passata in giudicato”.

E poi esprime amarezza su quanto si legge: “Leggo che Gino Sorbillo si starebbe tutelando da tentativi di imitazione e questo non è corretto: il ricorso lo ha fatto contro cugini più grandi di età rispetto a lui che è uno degli ultimi dei cugini pizzaioli, che sicuramente hanno più anni di lavoro, esperienza e tradizione anche se meno esposizione mediatica essendosi dedicati alla tradizione della pizza e non alla pubblicità . Difficile sostenere che lo stessero imitando”.

Poi ribadisce un principio: “La pizza dovrebbe essere libera e a giudicare dovrebbero essere solo i consumatori, veri giudici del gusto”.

Infine l’annuncio: “Tutte queste storie, i valori a cui si ispira la mia difesa e molto altro sono oggetto del mio prossimo volume, ‘Diritto alla pizza’, in uscita in primavera; racconterò quanto la pizza sia diventata un business quando invece era il cibo del popolo e di una comunità”.

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Redazione

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