Agrorinasce, beni confiscati alla mafia: il valore della legalità

Oltre 30.000 immobili – per l’esattezza 30.360 – e ben 3784 aziende italiane sono stati sequestrati o confiscati, destinati o da destinare, per effetto della normativa finalizzata al contrasto della criminalità organizzata di tipo mafioso: si tratta di beni di competenza dell’ANBSC, l’Agenzia nazionale dedicata al riutilizzo dei beni mobili, immobili e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata.

I dati sono stati comunicati in occasione dell’evento promosso da Fondazione FICO dal Direttore dell’ANBSC, Ennio Mario Sodano, a Bologna presso il Parco agroalimentare FICO.

All’incontro hanno preso parte anche il Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri Antonio Basilicata, Capo del primo reparto indagini preventive della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) e il presidente di Fondazione FICO Andrea Segrè.

L’analisi dei dati illustrati dal Prefetto Ennio Maria Sodano permette di tracciare una nuova e illuminante “geografia” delle attività economiche criminali oggetto di sequestro e confisca, in una distribuzione territoriale che si va modificando nel tempo e che va a scardinare la percezione classica della concentrazione della attività economiche illegali nelle regioni del Sud con tradizionale presenza di organizzazioni criminali organizzate. I dati sono impressionanti, sono attualmente in gestione all’Agenzia ANBSC 17220 immobili e 2894 aziende, potenzialmente restituibili alla società.

Gli immobili già destinati al 31 dicembre 2017 sono oltre 13.000. Circa il 60% di questi risultano essere unità immobiliari per uso abitazione o assimilabile, circa il 30% sono terreni e circa il 9% sono immobili a destinazione commerciale e industriale. Rispetto al tipo di destinazione prevalgono gli immobili trasferiti al patrimonio degli enti territoriali, seguiti da quelli mantenuti al patrimonio dello Stato. Dal punto di vista della distribuzione territoriale, oltre il 95% degli immobili destinati è concentrato in 8 regioni, con una netta prevalenza della Sicilia, dove è situato circa il 40% degli immobili destinati (5106), seguita da Calabria (17%), Campania (14%), Puglia (11%), Lombardia, Lazio, Piemonte e Emilia Romagna. In ogni caso gli immobili confiscati alle mafie e destinati alle Amministrazioni sono presenti in tutte le regioni.

All’evento di Fondazione FICO ha preso parte anche Giovani Allucci, direttore generale del Consorzio Agrorinasce, che ha illustrato tutte le realtà sociali presenti sul territorio dei sei Comuni di Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, S. Maria La Fossa e Villa Literno. Il direttore Giovanni Allucci ha anche illustrato la sfida per il prossimo futuro e che riguarda il complesso agricolo denominato “La Balzana”, azienda agricola (200 ettari), confiscata a prestanome della famiglia degli Schiavone e dei Bidognetti.

“Siamo stati onorati – dichiara il dott. Giovanni Allucci – che il Prefetto Ennio Maria Sodano ci abbia voluti a Bologna per illustrare il grande lavoro svolto in 20 anni di attività, evidenziando nel corso del Suo intervento l’importanza che Agrorinasce ha avuto nel creare le condizioni affinché tanti beni confiscati venissero recuperati per fini istituzionali, sociali e produttivi. Nel corso dell’intervento ho avuto modo di illustrare tutte le iniziative sociali e produttive sorte sui beni confiscati nel settore dell’alimentazione in un luogo simbolo dell’agroalimentare italiano, ma anche le sfide che ci attendono per Il futuro, a cominciare dallo sviluppo di una delle più grandi aziende agricole confiscate alla camorra, come la Balzana, e i molti progetti predisposti per l’ultimo bando promosso dal Ministero dell’Interno e Regione Campania.’

Agrorinasce ha, infatti, illustrato il lavoro svolto dal consorzio e dai Comuni soci nel creare le condizioni per la nascita e lo sviluppo delle seguenti attività sorte nell’agroalimentare, come:

1)    Le ‘Ghiottonerie di Casa Lorena’, gestito dalla cooperativa sociale EVA Onlus

2)    Il laboratorio di rosticceria e pasticceria senza glutine ‘Farinò’, gestito dalla cooperativa sociale LFS Global Care

3)    La cioccolateria sociale ‘Dulcis in fundo, gestito dalla cooperativa sociale DAVAR Onlus

4)    Il ristorante pizzeria ‘NCO’, gestito dalla cooperativa sociale Agropoli Onlus

5)    Il caffè letterario ‘Arte Espressa’, gestito dall’Associazione di promozione sociale MaeditActio

6)    Il centro di agricoltura sociale ‘Antonio di Bona’, gestito dalla cooperativa sociale Eureka Onlus, con la produzione di uva, mele, pesche, susine, pere e tanti altri prodotti

7)     La Fattoria ‘Integra’, gestito dall’Associazione ATS Terra Verde, per la produzione di grano, legumi e ortaggi vari

8)    La Fattoria sociale ‘Meta’, gestito dall’Associazione Nero e Non solo Onlus, con l’allevamento di elicicoltura

9)    L’impianto di biogas per il trattamento dei reflui zootecnici, per il rafforzamento degli allevamenti bufali del territorio e la riduzione dell’inquinamento dai nitrati, gestito dalla società Power rinasce.

Nel corso del convegno sono state poi presentate le esperienze di tre cooperative sociali sorte su beni confiscati: tre case-history di particolare rilievo per comprendere l’attività e le ricadute dell’Agenzia Nazionale, di Agrorinasce e dei Comuni soci a favore del sociale.  Sono la Cooperativa sociale DAVAR Onlus, con la presidente Tina Borzacchiello, per la produzione di cioccolata con l’inserimento lavorativo di persone affette da gravi disabilità; la Cooperativa sociale EVA Onlus, con la responsabile delle ‘Ghiottonerie di Casa Lorena’, Daniela D’Addio, per la produzione di alimenti e catering con l’inserimento lavorativo di donne vittime di violenza; e la Cooperativa sociale L.F.S. Global Care, con il Presidente Vincenzo Abate, per la produzione di alimenti da forno e pasticceria senza glutine con l’inserimento lavorativo per giovani affetti da autismo.

Redazione

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