Mafia, omicidio Vacirca: risolto omicidio dopo 35 anni
Stamane, i poliziotti della Squadra Mobile hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di Vaccaro Domenico, nato a Campofranco, cl.1954, indagato per l’omicidio di Vacirca Vincenzo, niscemese all’epoca 42enne, avvenuto a Niscemi l’8.11.1983. L’operazione di polizia giudiziaria costituisce un importantissimo colpo inferto alla consorteria mafiosa della provincia di Caltanissetta, dal momento che il Vaccaro Domenico, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campofranco, è strettamente legato al noto mafioso Madonia Giuseppe, inteso Piddu, e uomo di fiducia del boss palermitano Bernardo Provenzano, che annotava il nome di Mimì Vaccaro nei suoi “pizzini” rinvenuti nel suo covo al momento del suo arresto. Dopo l’arresto del Barberi Alessandro, uomo d’onore della famiglia mafiosa di cosa nostra di Gela, gruppo Rinzivillo, avvenuto nel gennaio del 2014, nell’ambito dell’Operazione di polizia denominata “Fenice”, Vaccaro Domenico aveva ereditato lo scettro, divenendo il responsabile provinciale per cosa nostra della provincia di Caltanissetta. Le complesse indagini della Sezione Criminalità Organizzata hanno consentito di ricostruire questo efferato delitto, commesso nei sanguinosi anni della guerra di mafia che imperversava, negli anni ’80, nella provincia nissena. In tale contesto scaturiva l’omicidio di Vacirca Vincenzo, assassinato, in Niscemi, nel novembre del 1983
. L’indagine ha costituito, ancora una volta, il frutto di un metodo peculiare di raccolta e incrocio di dati, volto all’individuazione degli autori di fatti omicidiari risalenti nel tempo, i così detti ” cold case”. La particolare efficacia di questo metodo investigativo consente di ripercorrere la carriera criminale di personaggi dell’organizzazione che, come nel caso in esame, hanno svolto, negli anni, il loro ruolo, via via di maggior rilievo, nella struttura criminale, realizzando efferati omicidi che, senza “la ricerca indefessa del riscontro”, rimarrebbero dimenticati e senza risposta, con grave e irrimediabile pregiudizio per il sistema giustizia nel suo complesso. L’attenta analisi delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, corroborata dalla meticolosa ricerca di riscontri oggettivi, ha permesso di individuare i mandanti e gli esecutori materiali del delitto di mafia in argomento. Sono state, infatti, ricostruite le fasi deliberatorie, preparatorie ed esecutive dell’omicidio, scaturito dopo l’uccisione del capofamiglia di Niscemi, Arcerito Salvatore – inteso “u lumiaru”, assassinato a Niscemi il 30 aprile 1983 – che gli altri referenti della famiglia mafiosa di Niscemi addebitavano a Vacirca Giuseppe, fratello di Vincenzo. Chiesta l’autorizzazione all’allora rappresentante provinciale di cosa nostra, Madonia Giuseppe, la famiglia di Niscemi preparava così la sua vendetta, sancendo il mandato di morte di Vacirca Giuseppe. Quest’ultimo, a quel tempo, era latitante per la giustizia ma anche irrintracciabile per i killers e, perciò, la cupola di cosa nostra nissena decise di punirlo con l’uccisione del fratello Vacirca Vincenzo. Furono impiegati – come spesso accadeva nella guerra di mafia di quegli anni – killers di altri centri limitrofi, in specie Vaccaro Domenico di Campofranco e Bevilacqua Antonino di Gela, quest’ultimo in seguito assassinato.