(VIDEO) Mirabelli: “Ora dobbiamo ricostruire il PD e il campo del centrosinistra”

“Sono stato rieletto al Senato. Ringrazio tutti i compagni e gli amici che si sono impegnati in questa campagna elettorale per chiedere il voto al PD sul territorio, nei mercati, nei tantissimi presidi, volantinaggi, incontri”. E’ il commento di Franco Mirabelli, senatore Pd appena rieletto a Palazzo Madama.

“Non è stata una campagna elettorale facile e non solo per il clima atmosferico. Abbiamo fatto – grazie a tutti voi – un servizio al Paese e alla politica, dimostrando la nostra forza: quella di una comunità di persone che, gratuitamente e per spirito di servizio e convinzione, hanno sacrificato tempo ed energie per migliorare la vita di tutti, e continueranno a farlo anche da qui in avanti. Naturalmente, mi impegno a portare in Senato le istanze e le sollecitazioni che dai territori arriveranno”.

“Dopo il risultato elettorale, per il Paese si apre una fase assolutamente nuova, con la vittoria di due forze antisistema. Il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti è il Movimento 5 Stelle, mentre la coalizione che ha ottenuto i maggiori consensi è un centrodestra a trazione leghista. Il Pd ha subito una sconfitta pesante e ora abbiamo necessità di discutere per comprendere le ragioni di questa sconfitta. Premetto, però, che questo risultato elettorale non ci deve far cambiare opinione su ciò che di positivo abbiamo fatto negli anni in cui siamo stati al Governo. I risultati ottenuti grazie alle riforme volute dal PD nel corso della legislatura appena conclusa sono fatti concreti. In questi anni abbiamo governato l’Italia nell’interesse del Paese e migliorato la situazione rispetto al 2013, quando abbiamo iniziato questo percorso. Non c’è spazio, quindi, per alcuna autocritica e le ragioni della sconfitta elettorale non vanno cercate nelle nostre azioni di Governo ma altrove. A mio avviso, le ragioni di questa sconfitta vanno ricercate in tre ambiti. Innanzitutto, dobbiamo guardare al contesto internazionale: il centrosinistra in Italia ha perso per le stesse motivazioni per cui ha perso la sinistra in tutto il mondo in questi anni. L’Europa ha subito una crisi pesantissima che come conseguenza ha portato al peggioramento delle condizioni di vita di molti cittadini e i tempi di risposte della politica appaiono sempre troppo lenti, nonostante le numerose ed importanti riforme approvate. Inoltre, non era materialmente possibile dare risposte concrete e immediate a tutti: in questi anni di Governi a guida PD abbiamo iniziato a farlo ma evidentemente non è stato sufficiente. Il peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini, le preoccupazioni per un futuro incerto, la sensazione che dentro la globalizzazione non si capisca dove vengono prese le decisioni, chi decide e quali strumenti si abbiano per incidere hanno creato una situazione di insicurezza e paura. Lega e M5S hanno enfatizzato e cavalcato queste paure, alimentando il senso di insicurezza sociale e del futuro, senza cercare di dare soluzioni, che comunque non sono possibili nell’immediato. Se è stato possibile che queste forme di propaganda abbiano avuto successo e la critica antisistema contro chi governa e chi rappresenta le istituzioni (che avevamo già sperimentato nel periodo del referendum costituzionale) ha vinto, è evidente che c’è un problema. La sinistra, nonostante sia in grado di assumersi le responsabilità e di creare percorsi positivi di soluzione dei problemi, non riesce però ad essere rassicurante rispetto alle incertezze e alle preoccupazioni manifestate dai cittadini. Le moltissime cose positive che abbiamo fatto nel corso della legislatura appena conclusa non sono apparse come sufficienti perché è mancata una proposta complessiva in cui inscriverle. Questa mancanza di proposta complessiva vale per la sinistra in tutto il mondo, visti anche i risultati di Trump, Brexit, Le Pen e altri nazionalisti. La dimensione della sconfitta elettorale si è aggravata a mio avviso non solo perché non abbiamo avuto le parole giuste per confrontarci con i cittadini e le risposte a cui auspicavano ma anche perché non abbiamo avuto credibilità. Questa, a mio avviso, è la seconda motivazione del risultato elettorale: è evidente, infatti, che quando un campo ampio come quello progressista passa gli ultimi anni a discutere su se stesso, a litigare e a dividersi, si è meno credibili agli occhi del proprio popolo. L’analisi dei flussi elettorali mostra che il PD ha perso un 22% dei voti rispetto al 2013 che sono finiti nell’astensionismo. Si tratta di elettori nostri che, di fronte al quadro delle continue divisioni, hanno scelto di non andare a votare. La riflessione che deve aprire il PD, dunque, spero che la aprano anche le altre forze del centrosinistra e in particolare Liberi e Uguali. È evidente, infatti, che questo risultato elettorale sancisce che sbagliava chi era convinto che ci fosse ancora una sinistra ampia e consolidata nel Paese che si poteva ricollocare in una nuova forza politica perché non voleva votare il PD in quanto ostile a Renzi. Probabilmente non c’è questo presunto bacino enorme di elettorato di sinistra da raccogliere anche perché forse bisogna ricostruirlo ma, per farlo, bisogna costruire le risposte adeguate alle domande dei cittadini e trovare le parole giuste per confrontarsi. Infine, un’altra questione riguarda il fatto che il PD ha perso in modo clamoroso queste elezioni perché una parte consistente del Paese che ancora è in difficoltà, mentre eravamo al Governo, non ha ritenuto di aver ricevuto le risposte che considerava più urgenti. Nel Mezzogiorno, ad esempio, nonostante i tanti sforzi fatti, la disoccupazione è più alta rispetto al Nord del Paese; lo stesso vale per la precarietà e le risposte hanno tempi ancora più lunghi. Anche la politica del PD nel Sud e il nostro modo di lavorare non hanno saputo distinguersi da chi ha costruito consensi per molti anni sulle clientele e da un ceto politico che alimentava continuamente il proprio consenso e poi lo portava al partito e al contempo utilizzava il partito per se stesso. Quel meccanismo ha prodotto l’effetto di un partito non in grado di rompere con il passato e con l’idea di politica del passato. Da queste pratiche, in molte realtà ci siamo distinti troppo poco. Questo aspetto lo ha pagato il PD nelle urne ma, soprattutto, ne ha beneficiato il Movimento 5 Stelle che è apparso come l’unico elemento di rottura. Cosa succederà adesso? Di fronte ad un risultato elettorale di queste dimensioni, trovo fuori luogo una discussione tutta autoreferenziale e basata sui personalismi, come quella che appare sui giornali, perché non ci aiuta. Non penso, infatti, che il tema da discutere sia soltanto quello della leadership e che si possa risolvere con le primarie o cercando un presunto “salvatore della patria”. Dobbiamo, invece, cercare di discutere dei problemi e fare una valutazione vera sul risultato elettorale. Credo che lunedì, durante la Direzione Nazionale, verrà chiarito che il PD in Parlamento starà all’opposizione. Ci sono un partito e una coalizione che hanno vinto le elezioni e sta a loro costruire le condizioni affinché ci sia un nuovo Governo. Adesso non spetta al PD fare proposte né fare da stampella a una parte o all’altra. Il PD è stato sempre una forza responsabile, lo abbiamo già dimostrato con il Governo Monti. Questo sicuramente non ci ha aiutati dal punto di vista del consenso. Ha conquistato voti la Lega che, invece, è sempre stata fuori quando si è trattato di assumersi delle responsabilità. L’idea che ora dovremmo fare da stampella a M5S perché ci sarebbe una parte di elettori nostri che li ha votati somiglia molto al ragionamento – errato – secondo cui la Lega sarebbe una “costola della sinistra”. Allo stesso modo è improponibile che possiamo sostenere un Governo guidato da questo centrodestra. Valuteremo poi quelle che saranno le proposte del Presidente della Repubblica ma sicuramente non potremo sostenere né il Governo di M5S né quello del centrodestra. Tutte le discussioni di questi giorni, quindi, servono soltanto a riempire i giornali con questioni deleterie e autoreferenziali. Penso, infatti, che adesso dobbiamo ricominciare a parlare con il Paese, parlando dell’Italia, e rilanciando il progetto politico del Partito Democratico. Oltre al lavoro parlamentare, il PD dovrà ricostruirsi, ripartendo dai territori. Dobbiamo tornare di più nei quartieri a parlare con le persone; dobbiamo farlo costantemente e continuamente e discutere meno di noi stessi e di personalismi. In Direzione Nazionale, inoltre, si prenderà atto delle dimissioni di Renzi e il Vicesegretario farà da reggente fino alla convocazione dell’Assemblea Nazionale. L’Assemblea può anche eleggere un Segretario e, a mio avviso, sarebbe la strada più utile perché adesso dobbiamo concentrarci sulla costruzione del partito. Se saltiamo questo passaggio e ci buttiamo dentro ad una campagna per le primarie in cui torniamo a scontrarci tra di noi, faremmo un pessimo lavoro. Il lavoro di ricostruzione va fatto pensando di ricostruire un campo più ampio del PD. Non credo che sia possibile rifare l’Ulivo ma credo che sia possibile costruire un campo ampio di centrosinistra relazionandosi con pezzi di società con cui ci siamo relazionati al Governo e a cui abbiamo bisogno di chiedere la disponibilità a mettersi in gioco per questo”.

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