Caserta. Al “Sant’Anna e San Sebastiano”, venti anni di donazioni di organi
“Un messaggio di amore e di speranza che parte dall’ospedale. Le donazioni di organi che sono avvenute nell’ultimo mese nella nostra azienda vogliono rappresentare un messaggio di vita che va oltre la retorica”. Sono parole dell’anestesista rianimatore Anna Fabrizio, coordinatore aziendale prelievi organi e tessuti.
Sono venti anni che l’Azienda ospedaliera “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta è impegnata fattivamente nel campo delle donazioni. Le prime, infatti, furono realizzate nel 1998.
«Sono queste le attività – spiega il direttore generale Mario Nicola Vittorio Ferrante – che caratterizzano in campo medico, ma direi anche sociale, l’alta specializzazione di un’azienda ospedaliera e la sua relativa rilevanza nazionale. L’impegno ventennale nel campo delle donazioni di organi è garantito dalle nostre risorse professionali interne, estremamente specializzate e competenti, e dalle tecnologie che abbiamo in dotazione. Riusciamo così a dare un apporto vitale alla rete regionale ma anche nazionale dei trapianti. Stiamo dando impulso alle donazioni con la nuova gestione e devo registrare con soddisfazione che proprio negli ultimi mesi si è avuto un incremento in questo ospedale”.
È la dottoressa Anna Fabrizio ad aggiungere una sua riflessione di grande forza comunicativa: “L’amore è talvolta retorica e mai come in questo caso tutto quello che viene detto può essere rappresentato come tale. Ma tutto parte dal cuore e dalla professionalità di un team che in Rianimazione lotta ogni giorno per la sopravvivenza dei pazienti. Non sempre si riesce, perché davanti ad alcune patologie siamo impotenti. Però ci viene offerta la possibilità di continuare a lottare per chi soffre in attesa di un una speranza, di un atto di amore. La vita stessa è un atto di amore che ci viene offerta alla nascita e che può continuare a esserlo anche dopo la morte. E qui sopravviene la disponibilità, la generosità di chi in un momento di grande sofferenza riesce a superare il proprio dolore e a offrire qualcosa al prossimo, senza nulla in cambio”.