Caso Emanuela Orlandi, il fratello Pietro: “Vaticano ha nascosto telefonata rapitori”
“Non possiamo rinunciare a cercare la verità, la verità e la giustizia sono un diritto che nessuno potrà mai toglierci”, “il Papa ci aiuti, lui può chiudere questa storia”. Lo dice Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che questa sera in piazza Giovanni XXIII, vicino al Vaticano, ha organizzato un sit-in per ricordare la sorella Emanuela a 35 anni esatti dalla sua scomparsa. Orlandi si appella direttamente a papa Francesco, dopo che nel novembre scorso la famiglia ha presentato formale denuncia di scomparsa in Vaticano, Stato di cui Emanuela era cittadina. All’epoca, la denuncia fu fatta invece all’ispettorato di polizia presso il Vaticano, e quindi in territorio italiano. La procura di Roma ha archiviato l’inchiesta sulla scomparsa nel 2016.
La famiglia però non si arrende, tanto più che spunta ora un nuovo elemento che potrebbe aiutare a fare luce nel buio di una vicenda tutt’oggi avvolta nel mistero, una presunta telefonata dei rapitori in Vaticano la sera stessa della scomparsa. A rivelarlo è lo stesso Pietro Orlandi che spiega: “Abbiamo fatto denuncia di scomparsa in Vaticano l’anno scorso a novembre e insieme abbiamo chiesto risposte a tutte le incongruenze che ci sono state in questi anni rispetto alle indagini, dalle telefonate che sono state fatte in Vaticano che non avevano mai messo a disposizione degli inquirenti, all’ultimo fatto di cui siamo venuti a conoscenza ieri”. “Noi – afferma – siamo sempre stati convinti che la prima telefonata dei rapitori fosse stata il 5 luglio, cioè dopo che Giovanni Paolo II aveva già lanciato un appello per Emanuela. Invece la prima telefonata è arrivata il giorno stesso della scomparsa di Emanuela. Emanuela è scomparsa alle 19 e 15 circa, tra le 20 e le 21 è arrivata la prima telefonata, prima al centralino poi alla sala stampa vaticana dove annunciavano il rapimento di Emanuela e dicevano di voler parlare con la segreteria di stato. Noi – prosegue – in quel momento neanche sapevamo che cosa fosse successo a Emanuela mentre in Vaticano già sapevano che c’era stata questa chiamata e l’hanno nascosto fino ad oggi. Mi domando perchè, questi elementi potevano essere importanti già all’epoca e questo fa capire anche perché Giovanni Paolo II nell’appello del 3 luglio parlò subito di ‘responsabili’ e fece riferimento ai rapitori, perchè già avevano avuto contatti la sera stessa”.
“Noi – aggiunge – neanche avevamo fatto la denuncia perchè il giorno stesso ci dissero di aspettare, mentre il Papa veniva avvisato in Polonia dove si trovava per un viaggio. Mi sono sempre chiesto, ma possibile che avvisano il Papa per una ragazza che ha fatto tardi a casa? E invece una risposta ce l’ho adesso, perché loro già sapevano di questa telefonata”.
(ANSA)