Migranti: con la riforma del patto di Dublino cominciata la battaglia nell’Ue

L’origine di tutti i mali torna sui tavoli Ue. La riforma di Dublino, ovvero il sistema d’asilo europeo che attualmente stabilisce l’assegnazione dei migranti al Paese di primo arrivo, è da oggi al centro della riunione dei ministri degli interni dei 28 a Lussemburgo. E, date le posizioni tuttora inconciliabili sull’ultimo compromesso preparato dalla presidenza bulgara, rischia di trasformarsi in un braccio di forza tra i leader al vertice Ue di fine mese dove debutterà il premier Giuseppe Conte.

Vienna: Roma alleato forte, oggi sento Salvini  – L’Austria considera l’Italia “un alleato forte” e se non ci sarà un’intesa sulla proposta per la riforma del regolamento di Dublino sul tavolo, al vertice dei leader Ue di giugno, alla riunione informale Affari interni di Innsbruck, a settembre (durante la presidenza austriaca), “annuncerò qualcosa come un piccola rivoluzione copernicana” sulla politica di asilo. Così il ministro dell’Interno austriaco Herbert Kickl, entrando al consiglio a Lussemburgo, spiega che in giornata si sentirà al telefono con Matteo Salvini.

Bruxelles e Berlino, infatti, spingono per chiudere prima che il dossier finisca nelle mani della presidenza austriaca ‘hardliner’ sui migranti e che non ha quindi nessun interesse ad avanzare. L’Italia, però, insieme agli altri Paesi del ‘Med’, ha già opposto il suo veto irremovibile, ribadendolo ancora nelle ultime due settimane, alle modifiche peggiorative chieste dai Paesi di Visegrad contrari alla ripartizione dei migranti tra tutti gli stati membri. E che preferiscono quindi lo status quo, in cui questi restano un problema del Paese in cui sbarcano.

Svezia: destre in Ue rendono intesa su Dublino più dura  – “L’Europa ha bisogno di un’intesa sulla riforma di Dublino, ma con le elezioni delle destre in Europa c’è un problema per raggiungere un compromesso oggi. C’è un clima politico più duro. Non si tratta solo dell’Italia, ma anche la Slovenia”, ad esempio. Così il ministro alla migrazione svedese Helene Fritzon, al suo arrivo al consiglio europeo Affari interni, a Lussemburgo.

A Pasqua intesa su Dublino ma non so quale anno – “Per Pasqua avremo un compromesso” sulla riforma del regolamento di Dublino “ma non so ancora in quale anno”. Con questa battuta il ministro degli Esteri del Lussemburgo Jean Asselborn riassume la situazione sul negoziato, al suo arrivo al consiglio Affari interni Ue, a Lussemburgo.

Sono queste le ‘Forche caudine’ della ‘partita migranti’ da cui dovrà passare il neo ministro dell’interno Matteo Salvini. Perché se gli aspetti della questione sono molteplici – dal ruolo di Frontex ai rimpatri sino ai fondi Ue – il nodo da cui dipende l’esito del gioco è la modifica del sistema d’asilo europeo. Solo questo, infatti, nell’architettura delle regole Ue sulla migrazione, può fare davvero la differenza sul peso che l’Italia deve sostenere di fronte agli arrivi dei rifugiati.

La Germania “è aperta ad una discussione costruttiva” sulla proposta della presidenza bulgara per la riforma del regolamento di Dublino, “ma com’è attualmente non la accettiamo”. Così il segretario di stato tedesco Stephan Mayer al suo ingresso al consiglio Affari interni, a Lussemburgo, dove il primo punto della discussione è dedicato alla riforma del sistema di asilo europeo. “Non c’è solo l’Italia ad opporsi, anche i Paesi Visegrad sono contrari, e il governo tedesco critica punti precisi”, ha detto.

Il compromesso della presidenza bulgara mette insieme elementi della proposta originaria della Commissione ma resta lontano da quella dell’Europarlamento che arriva quasi ad annullare il criterio di primo ingresso. E ha inglobato le pressioni in primis di Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia, che vogliono che la responsabilità per i Paesi di primo ingresso sia di 8 anni contro i massimo 2 chiesti da Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Malta. Altra partita chiave, quella del bilancio Ue per il 2021-2027. E’ qui, infatti, che la Commissione ha proposto da una parte di aumentare di 2,5 volte i fondi per la sicurezza (33 miliardi dai 13 attuali) con un ruolo chiave per l’ex Frontex, già trasformata nell’Agenzia per le frontiere, in modo che abbia le risorse per diventare un vero corpo di ‘guardiacoste Ue’ e abbia più mezzi per i rimpatri, che già oggi effettua (150mila nel 2017). L’aumento dei rimpatri, però, dipende anche dagli accordi bilaterali con i Paesi d’origine, che vogliono in cambio fondi per cooperazione e sviluppo, ma anche dalla rapidità con cui ogni stato membro valuta il dossier di ogni singolo migrante, se economico oppure con diritto all’asilo.

E dall’altra parte, Bruxelles ha previsto per la prima volta il criterio ‘migranti’ per l’assegnazione dei fondi Ue, in modo che vadano più risorse a quei Paesi e regioni che hanno costi più alti dovuti alla gestione dei rifugiati ma anche alla loro integrazione (400 euro per migrante). Una busta che, insieme al nuovo criterio della disoccupazione, consentirebbe all’Italia di essere uno dei pochi stati membri a vedere crescere i soldi targati Ue, con ben +2,4 miliardi rispetto al 2014-2020.

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