Casapesenna. Don Michele Barone in carcere: ancora tanti perché
Ancora tanti punti interrogativi sulla vicenda di don Michele Barone, il sacerdote del Tempio di Casapesenna arrestato con l’accusa di aver esorcizzato una tredicenne con abusi, maltrattamenti e violenza sessuale. I perché riguardano soprattutto l’origine degli episodi che si sono verificati in carcere fin dai primi momenti del suo ingresso presso il carcere di Vallo della Lucania. Struttura nella quale è stato trasferito dalla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, dove fu condotto al momento del suo suo arresto avvenuto il 23 febbraio di quest’anno. Il sacerdote sarebbe stato minacciato dagli altri detenuti secondo il “codice d’onore” dei carcerati che mira a punire i pedofili e i violentatori.
A comunicarlo alla stampa con una nota è stato Vincenzo Barone padre del sacerdote. Ecco cosa racconta:
“Il primo episodio strano che si è verificato consiste in minacce di morte che il sacerdote ha subito, da altri detenuti, successivamente trasferiti presso altre strutture. Il secondo riguarda altre minacce che lo stesso Don Michele avrebbe ricevuto da altri detenuti e fermate in tempo grazie all’ausilio delle telecamere e al tempestivo intervento della direttrice del carcere di Poggioreale che stava sostituendo la direttrice del carcere di Vallo della Lucania.
Il sacerdote è stato isolato per evitare altri comportamenti dannosi nei suoi confronti. I detenuti responsabili dei fatti si sono giustificati dicendo che era stato Don Michele a mettere in atto le minacce nei loro confronti ma i video delle telecamere di sorveglianza hanno smentito questa tesi. I dubbi relativi alla vicenda riguardano anche le ragioni che fino ad ora hanno impedito al sacerdote di ottenere i domiciliari, anche alla luce della chiusura delle indagini all’incidente probatorio che invece sono stati concessi agli altri soggetti coinvolti nella vicenda. Perché venga fatta maggiore chiarezza sul caso, non resta che attendere la fase del dibattimento, durante la quale verranno portate prove dai difensori, così come gli stessi hanno fatto sapere, di una certa rilevanza, consistenti anche in registrazioni audio o video che dovrebbero testimoniare l’estraneità del sacerdote rispetto ai fatti di cui è stato accusato”.
Anzia Cardillo