Facebook censura nuovamente una mostra di Sgarbi
Ancora una volta Facebook non riesce a distinguere tra arte e pornografia e censura una mostra di Vittorio Sgarbi.
Stamane il noto social network si è rifiutato di pubblicare la foto di una inserzione pubblicitaria (che qui alleghiamo insieme al messaggio di Facebook) di Wilhelm von Gloeden (Wismar, 16 settembre 1856 – Taormina, 16 febbraio 1931) in mostra al Palazzo Doebbing di Sutri, la cittadina di cui lo storico e critico d’arte è sindaco dallo scorso giugno.
In una delle sale di Palazzo Doebbing (www.museopalazzodoebbing.it), inaugurato la scorsa settimana, Sgarbi ha fatto esporre le foto di nudi di Wilhelm Von Gloeden “in dialogo” con altri nudi dell’artista contemporaneo Roberto Ferri: una sequela di membri maschili “immortalati” dal fotografo tedesco celebre soprattutto per i suoi studi di nudo maschile di ragazzi siciliani in ambiente pastorale ritratti assieme ad anfore o costumi ispirati all’antica Grecia.
Non è la prima volta che Facebook censura Vittorio Sgarbi.
Il precedente più clamoroso è stato un “selfie” al Museo d’Orsay davanti a «L’origine du monde» di Gustave Courbet (vedi foto allegata). Poi è stata la volta della mostra «Seduzione e potere. La donna nell’arte» a Gualdo Tadino con opere d’arte (anche lì dei nudi) sulla bellezza femminile tra Cinquecento e Settecento, con opere di Simone Peterzano, Francesco Cairo, Guido Cagnacci, Mattia Preti, Luca Giordano, Lorenzo De Caro).
Ed infine, nel giugno di quest’anno, un nudo dell’artista Luciano Ventrone esposto nella mostra «Meraviglia ed estasi», sempre a Gualdo Tadino».
Vittorio Sgarbi interviene sulla foto di Wilhelm von Gloeden (Wismar, 16 settembre 1856 – Taormina, 16 febbraio 1931) contenuta in una inserzione pubblicitaria e censurata stamane da Facebook. La foto incriminata, esposta nelle sale di Palazzo Doebbing a Sutri, inaugurato la scorsa settimana, è “in dialogo” con altri nudi dell’artista contemporaneo Roberto Ferri: una sequela di membri maschili “immortalati” dal fotografo tedesco celebre soprattutto per i suoi studi di nudo maschile di ragazzi siciliani in ambiente pastorale ritratti assieme ad anfore o costumi ispirati all’antica Grecia.
«La censura di Facebook ai nudi maschili non accadde nel Rinascimento col David di Michelangelo – osserva Sgarbi – oggi invece un pugno di veloci calcoli, detti algoritmi, senza anima, né sentimenti, senza occhi, vieta di pubblicare sulla mia pagina Facebook un’inserzione che sponsorizza le mostre del museo di Palazzo Doebbing.
Secondo il regime di Facebook, la foto di un’opera di Wilhelm Von Gloeden, che fu formidabile veicolo promozionale per la Taormina di inizio secolo, dev’essere censurata. Quelle immagini sono ora nella loro semplicità a Sutri, altro luogo del mito. Un giovinetto nudo e pensieroso che si mostra all’obiettivo del grande fotografo tedesco nella sua nudità, come tributo alla classicità greca, come essenziale richiamo a una dimensione mitologica»
Non è la prima volta che Facebook censura Vittorio Sgarbi. Il precedente più clamoroso è stato un “selfie” al Museo d’Orsay davanti a «L’origine du monde» di Gustave Courbet (vedi foto allegata). Poi è stata la volta della mostra «Seduzione e potere. La donna nell’arte» a Gualdo Tadino. Ed infine, nel giugno di quest’anno, un nudo dell’artista Luciano Ventrone esposto nella mostra «Meraviglia ed estasi», sempre a Gualdo Tadino.
«Dopo le opere di Courbet, Balthus, Rubens e molti altri, ora tocca a Von Gloeden – spiega Sgarbi – in una continua decomposizione morale e del buon senso che sembra, ormai, senza fine, capace di sterilizzare ogni sensibilità ulteriore. Chi vede il male in quelle immagini, lo ha dentro. La censura delle fotografie di Von Gloeden è tanto più grave oggi perché non è ai corpi nudi di ragazzi proiettati nel mito, ma rappresenta una più grande e subdola censura ai valori del mondo omosessuale, del mondo gay che si identifica in Von Gloeden. Nessuno si sognerebbe di censurare le “Tre Grazie” di Canova ma evidentemente tre ragazzi nudi fanno scattare una reazione omofoba, che il cuore e l’intelligenza morta di Facebook registrano con evidente e intollerabile discriminazione»