Arrestato il sindaco di Riace, ‘favoriva immigrazione’

finanzieri del Gruppo di Locri hanno eseguito, alle prime luci dell’alba, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Locri, che dispone gli arresti domiciliari nei confronti di Domenico Lucano, sindaco del Comune di Riace ed il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem, nell’ambito dell’operazione denominata “Xenia”. La misura cautelare rappresenta l’epilogo di approfondite indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri, svolte in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace, per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. Nel corso dell’attività di indagine è infatti emersa la particolare spregiudicatezza del Sindaco Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell’organizzare veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Gli elementi di prova raccolti hanno permesso di dimostrare infatti come il Sindaco Lucano, unitamente alla sua compagna Tesfahun Lemlem, avessero architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia.

Particolarmente allarmanti si sono rivelate non solo la lunga serie di irregolarità amministrative e di illeciti penalmente rilevanti che costellavano la realizzazione del progetto, ma anche e soprattutto l’estrema naturalezza con la quale il Lucano e la sua compagna si risolvevano a trasgredire norme civili, amministrative e penali. Ancor più disarmante è risultata poi la spigliatezza con la quale il Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, ammetteva pacificamente più volte, ed in termini che non potevano in alcun modo essere equivocati, di essersi reso materialmente protagonista ed in prima persona adoperato, ai fini dell’organizzazione di matrimoni “di comodo”. Sul punto, particolarmente significativi appaiono i dialoghi intercettati dalla Guardia di Finanza, ad esempio, in merito all’illecita organizzazione del matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato – per ben tre volte – il permesso di soggiorno, in cui il Lucano: “… se ne deve andare, se ha avuto per tre volte il diniego … ecco perché non lo rinnovano più. Ti spiego dal punto di vista dei documenti lei non può stare … mica dipende da … questo purtroppo, dico purtroppo perché io non sono d’accordo con questo decreto, come documenti lei non ha diritto di stare in Italia, se la vedono i carabinieri la rinchiudono … perché non ha i documenti, non ha niente … da un punto di vista umano ovviamente le possibilità che ha a Riace di non avere problemi sono più alte, si confonde in mezzo a tutti, però lei i documenti difficilmente ce li avrà, perché ha fatto già tre volte la commissione, ecco perché non rinnovano il permesso di soggiorno, se lei va alla Questura di Siderno se parla di documenti … io la carta d’identità gliela faccio … io sono un fuorilegge, sono un fuorilegge, perché per fare la carta d’identità io dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità … in più lei deve dimostrare che abita a Riace, che ha una dimora a Riace, allora io dico così, non mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità e gli dico va bene, sono responsabile dei vigili … la carta d’identità tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo subito …” O anche: “…allora, io fino ad ora la carta d’identità l’ho fatta così, li faccio immediatamente, perché sono responsabile dell’ufficio anagrafe e stato civile, come sindaco. l’impiegato che c’era prima è andato in pensione, sotto i 3.000 abitanti l’ho assunta io questa delega, quindi ho doppia valenza diciamo, sia come sindaco e soprattutto come responsabile dell’ufficio … proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge però non è che le serve molto che ha la carta d’identità…”.

Inoltre, “…allora guarda qua, non andare avanti, analizziamo la sua situazione sul piano giuridico. Oggi lei è una diniegata per tre volte, lei non può fare più una commissione, non è più una ricorrente, se è come dice lei che è stata diniegata per tre volte non c’è una quarta possibilità, lei ha solo la possibilità di ritornare in Nigeria però … fammi andare avanti … sai qual è secondo me l’unica strada percorribile, volendo spremere le meningi, che lei si sposa! come ha fatto Stella … Stella si è sposata con Nazareno, io sono responsabile dell’ufficio anagrafe, il matrimonio te lo faccio immediatamente … con un cittadino italiano … guarda come funziona Daniela, se lei … però dobbiamo trovare un uomo che è libero come stato civile … divorziato si … se lei si sposa a noi deve portare soltanto come richiedente asilo … almeno io non sto là a guardare se i suoi documenti sono a posto, mi fa un atto notorio dove dice che è libera di poter contrarre matrimonio e siccome è una richiedente asilo non vado ad esaminare i suoi documenti perché ovviamente uno che è in fuga dalle guerre non ha documenti con lei e mi basta una sua dichiarazione, un atto notorio … dovremmo chiedere all’ambasciata ma mi basta un’autocertificazione dove mi dice che lei è libera. Quello che invece è italiano che si vuole sposare con lei deve portare i documenti che è libero per sposarsi. Se succede questo in un giorno li sposiamo. poi dopo mi chiede al comune il certificato di matrimonio … va alla questura di Siderno e chiede un permesso di soggiorno per motivi familiari perché si è sposata in Italia con cittadino italiano e non gli deve portare niente … solo il certificato di matrimonio … in quel modo, dopo che lei ha il permesso di soggiorno per motivi familiari, i tre dinieghi non hanno nessun valore è subentrata un’altra situazione civile … non solo, dopo un po’ di tempo prende anche la cittadinanza italiana”. Nel corso delle indagini la Guardia di Finanza ha poi raccolto inconfutabili elementi circa il fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti della cittadina riacese, così impedendo l’effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici e favorendo invece due cooperative sociali, la “Ecoriace” e L’Aquilone”. Le predette cooperative sociali difettavano infatti dei requisiti di legge richiesti per l’ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell’apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore.

Le indagini hanno invece dimostrato come il Lucano, al precipuo scopo di ottenere il suo illecito fine, a seguito dei suoi vani e diretti tentativi di far ottenere quella iscrizione, si sia determinato ad istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente, secondo il sistema agevolato previsto dalle norme, lo svolgimento di servizi pubblici. Il Lucano approntava così le condizioni per incaricare, in maniera solo apparentemente conforme al dettato legislativo, la “Ecoriace” e “L’Aquilone” della raccolta e del trasporto di rifiuti nel territorio comunale riacese: l’attività veniva peraltro espletata dall’ottobre 2012 fino all’aprile 2016. Con tale decisione, in sostanza, si procedeva fraudolentemente all’artificioso riconoscimento (del tutto sganciato dalla normativa vigente e dunque sprovvisto di validi effetti) in capo alle due cooperative dei presupposti necessari per la disapplicazione delle regole in materia di selezione, da parte delle amministrazioni pubbliche, dei soggetti cui aggiudicare servizi, lavori od opere.

Il Lucano dunque, rilevato a seguito del suo quanto meno inopportuno interessamento per conto delle due cooperative, che queste non sarebbero mai riuscite ad ottenere l’iscrizione tempestiva nel citato albo regionale, si risolveva fraudolentemente ad ammantare di legalità l’assegnazione diretta dei servizi alle citate cooperative:

– prima facendo approvare alla Giunta da lui presieduta un albo comunale simile a quello previsto dalle norme;

– poi suggerendo con successo al Consiglio comunale di procedere alla suddetta assegnazione diretta;

– infine proponendo più volte, ancora alla Giunta comunale, la proroga dell’affidamento, che risultava effettivamente concessa.

In conclusione, affidando in via diretta alla “Ecoriace” ed a “L’Aquilone” i servizi di raccolta e trasporto rifiuti, il Lucano ha impedito l’effettuazione delle necessarie e previste procedure di gara, così inevitabilmente:

– condizionando le modalità di scelta dei contraenti da parte dell’ente amministrativo da lui gestito e violando il principio di libera e sana concorrenza;

– producendo in capo alle due cooperative sociali un ingiusto vantaggio patrimoniale, quantificato in circa un milione di euro.

La vasta attività investigativa condotta dalla Guardia di Finanza e diretta da questo Ufficio di Procura, ha poi riguardato numerosi e diversificati profili relativi alla gestione dei rilevanti flussi di denaro pubblico destinati alla gestione dell’accoglienza dei migranti nel Comune di Riace, al cui esito sono emerse e riscontrate diffuse e gravi irregolarità anche in merito:

– ad altre e diverse procedure di affidamento diretto alle associazioni operanti nel settore dell’accoglienza;
– alla irregolare rendicontazione dei criteri riguardanti la lungo permanenza dei rifugiati;
– all’utilizzo di fatture false tramite le quali venivano attestati fraudolentemente costi gonfiati e/o fittizi;
– al prelevamento, dai conti accesi ed esclusivamente dedicati alla gestione dell’accoglienza dei migranti, di ingentissime somme di denaro cui è stata impressa una difforme destinazione, atteso che di tali somme non vi è riscontro in termini di corrispondenti finalità.

Sulla ricostruzione di tali circostanze, così come rappresentate nel corpo della richiesta di applicazione delle misure cautelari, il GIP presso il Tribunale di Locri ha tuttavia affermato che “Ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti S.P.R.A.R. e C.A.S., ed acclarato quindi che tutti i protagonisti dell’attività investigativa conformavano i propri comportamenti ad estrema superficialità, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate”.

È evidente che su tali profili, sui quali lo stesso GIP si sofferma per evidenziare che nella delicata materia dell’immigrazione sono stati riscontrati comportamenti superficiali ed improntati ad un diffuso malcostume, questo Ufficio di Procura doverosamente procederà nei prossimi giorni ad approfondire ogni opportuno aspetto per presentare l’eventuale, apposito ricorso presso il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, fermo restando che dalle indagini è comunque emersa una pluralità di situazioni che, nell’immediatezza, impone la trasmissione degli atti alla Procura Regionale della Corte dei Conti ai fini dell’accertamento del connesso danno erariale.

Redazione

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