(VIDEO) Caporalato, blitz GdF tra l’Agro Pontino e il Casertano

In data 12 ottobre 2018, il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso ordinanza applicativa della misura cautelare personale degli arresti domiciliari nei confronti di M.M., quarantanovenne tunisino, e della sua compagna S.N., coetanea di nazionalità ucraina, entrambi gravemente indiziati del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto e punti dall’art. 603 bis c.p., avendo costoro reclutato quotidianamente decine di persone straniere in stato di bisogno ed in condizioni di sfruttamento, per la raccolta, di prodotti ortofrutticoli, per la gran parte a beneficio di due aziende agricole con sede in Fondi (LT) presso il locale mercato ortofrutticolo (M.O.P.) e a Falciano del Massico (CE), attività svolte su terreni siti in Vairano Patenora, Pietravairano e zone limitrofe.

Il provvedimento restrittivo segue al fermo, disposto dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, eseguito dai finanzieri della Compagnia di Mondragone in data 9.10.2018, provvedimento restrittivo emesso a seguito ad una prolungata attività d’indagine – diretta da questa Procura – operata attraverso attività di intercettazioni telefoniche, prolungati servizi di appostamento, osservazione occulta, pedinamento e l’audizione dei lavoratori vittime del reato. Gli approfondimenti investigativi, che sono stati avviati già nel 2016, si sono concentrati nelle fasi stagionali della primavera – autunno 2016 e della primavera – estate del 2017, per poi trovare ulteriori e ancor più mirati riscontri nel corso della stagione di raccolta del 2018.

L’indagine, quindi, ha trovato nuovo vigore e più solida base normativa grazie alla riforma operata dalla legge 199/2016 che ha ridisegnato la fattispecie, modificando l’art. 603 bis c.p.. così ampliando la portata precettiva della norma penale. Dal contributo probatorio tratto dalle intercettazioni e delle fonti dichiarative emergeva la sussistenza di numerosi indici rivelatori dello sfruttamento richiesti dal legislatore per la configurazione della condotta in esame, atteso che i “caporali” sottoposti al fermo:

  • operavano con continuità, abitualità e in maniera professionale;
  • impiegavano i lavoratori senza far stipulare contratti di lavoro con il committente/utilizzatore della manodopera;
  • corrispondevano retribuzioni ben al di sotto degli standard previsti dai contratti collettivi di lavoro, nazionale e provinciale, per gli operai agricoli e florovivaisti;
  • obbligavano i lavoratori a turni massacranti, che si protraevano dalle prime luci dell’alba fino al tardo pomeriggio, violando i limiti giornalieri;
  • non riconoscevano ai lavoratori reclutati alcuna maggiorazione per il lavoro straordinario, notturno o festivo;
  • prevedevano una retribuzione ridotta per i lavoratori di sesso femminile in violazione al divieto di discriminazione di genere;
  • impiegavano stabilmente i lavoratori in prestazioni eseguite sotto serra, in condizioni disagiate, per orari superiori ai limiti previsti;
  • esigevano, scomputandole dalla retribuzione, le spese per il trasporto oltre al compenso spettante al caporale per il reclutamento e l’intermediazione con il proprietario terriero;
  • sottoponevano i lavoratori a metodi di sorveglianza e condizioni di lavoro degradanti, controllando costantemente anche la quantità di prodotti raccolti dalle singole squadre e pretendono una quantità minima di raccolto pena la decurtazione di una parte consistente della retribuzione;
  • impedivano ai lavoratori le possibilità di,comunicare tra loro, né garantivano le necessarie pause di riposo, non prevedendo l’utilizzo di adeguati servizi igienici, considerando peraltro la prevalenza di lavoratori di sesso femminile;
  • impiegavano i lavoratori in violazione ad ogni norma in materia di sicurezza, non garantendo loro alcun dispositivo di protezione individuale ed inducendoli al lavoro in ogni condizione meteorologica.

Tali indicatori di sfruttamento sono stati accertati grazie a tutti i mezzi di ricerca della prova messi in capo dagli uomini delle Fiamme Gialle. Non ultimo, per mezzo delle numerose audizioni dei lavoratori reclutati, svolte con le massime cautele e con assoluta riservatezza, anche per evitare condizionamenti e rappresaglie. In tale contesto, sebbene intimiditi e impauriti, alcuni di loro hanno fornito preziose indicazioni circa alcuni dettagli dell’accordo illecito con il caporale, confermando quanto già emerso a seguito delle attività
d’intercettazione operate.

Nel corso dell’indagine sono Stati peraltro assunti opportuni contatti con Associazioni e Enti di tutela operanti sul territorio per assicurare una mediazione linguistica e culturale tale da rassicurare le vittime e stimolarne la fattiva collaborazione, in aderenza ed attuazione al protocollo d’intesa siglato nel mese di giugno 2017 da questa Procura della Repubblica con le Forze di, Polizia, gli Organi ispettivi, le strutture sanitarie e le associazioni del territorio, finalizzato proprio al rafforzamento del percorso di tutela degli stranieri vittime di reato, di intermediazione illecita e di sfruttamento lavorativo e sessuale.

Dai riscontri effettuati nel tempo è emersa dunque un’attività illecita organizzata nei minimi dettagli, che, potendo contare su una continua e sistematica domanda da parte di alcune fidelizzate aziende committenti, reclutava in prestabiliti punti di raccolta, situati all’interno del tessuto urbano di Mondragone e lungo il litorale domizio, decine di stranieri, per lo più bulgari, ma anche di nazionalità tunisina ed ucraina, in un numero mediamente mai inferiore ai trenta e con picchi fino a 90 lavoratori al giorno, trasportati sui luoghi di lavoro
stipati in furgoni del tutto inadeguati con grave rischio anche per l’incolumità personale.

Il modus operandi dei caporali si è poi addirittura perfezionato nel tempo per dissimulare la pratica illecita e per contrastare e neutralizzare i controlli che vengono ordinariamente operati sul territorio da parte dei competenti Organi di vigilanza, anche alla luce delle nuove disposizioni normative e regolamentari. Infatti è emerso che, proprio con queste finalità elusive, i caporali hanno deciso di costituire delle ditte individuali che utilizzano per assumere, a tempo determinato e solo formalmente e cartolarmente, una parte almeno dei braccianti agricoli posti a disposizione dei committenti, ovviamente non adempiendo poi agli obblighi contributivi e previdenziali, e tanto meno a quelli tributari.

Sono stati poi indagati, in concorso con i caporali, anche due committenti, D.T.P. di Fondi (LT) di anni 61 e GM. di anni 53 di Giugliano in Campania (NA), commercianti all’ingrosso di frutta e ortaggi, che hanno a loro volta beneficiato di tale sistema illecito per abbattere drasticamente i costi della raccolta. In merito le attività tecniche di intercettazione hanno evidenziato un vero e proprio rapporto di collaborazione continuativo tra il singolo commerciante ed il caporale di riferimento, tanto che quest’ultimo diventava, per il commerciante stesso, una persona di fiducia. Il committente, inoltre, ha alimentato il sistema illegale con il pagamento in contanti e senza tracciabilità delle prestazioni lavorative in nero
cosi ottenute e dei compensi da riconoscere al caporale peri servizi resi.

In sintesi gli elementi investigativi raccolti nel tempo e a base dei disposti fermi fanno emergere, in tutta la sua gravità e pervasività, un’economia deviante che brutalizza l’importanza del lavoro al solo fine del contenimento dei costi, secondo una dinamica perversa per cui lo sfruttamento è direttamente correlato alla massimizzazione dei profitti. Una pratica illecita talmente radicata e diffusa da apparire come normalità.

Redazione

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