Napoli. Nino D’Angelo riscrive Lacreme napulitane per Gloriana e Merola

Al Trianon Viviani, dal 20 dicembre, per tutto il periodo delle festività, è di scena la commozione e il divertimento della classica sceneggiata natalizia Lacreme napulitane.

Riadattato e diretto da Nino D’Angelo, che l’ha anche arricchito con l’inserimento di sue canzoni, lo spettacolo vede un nutrito cast di una ventina di attori e musicisti, capitanato da Gloriana e Francesco Merola.

«Nella mia riscrittura di questo testo, dove c’è il dramma dell’emigrazione, che mi fa pensare molto all’oggi – spiega D’Angelo -, non c’è l’originario delitto d’onore, perché è una sceneggiata moderna, giocata sui sentimenti, resa ancora più moderna dall’inserimento di molte canzoni, anche recenti: oltre ovviamente a quella di Libero Bovio e Francesco Buongiovanni che dà il titolo e chiude lo spettacolo, per la scena della festa di Pierino, il figlio del protagonista Gaetano (l’«Isso» del triangolo della sceneggiata), c’è Cient’ ‘e ‘sti juorne, una canzone che ho riadattato e che tipicamente si cantava in occasione dell’onomastico di una persona. Il brano segna un momento teatralmente importante, perché, proprio quando c’è la festa e la gioia collettiva, Pierino scopre che la madre («Essa») tradisce il padre con il suo padrino («’o Malamente»). E ci sono varî brani miei, come Mia cara città, il canto del protagonista espatriato in America, pieno di dolore e di nostalgia per la famiglia e la sua terra lontane, nonché le parodie di ‘A storia ‘e nisciuno e Senza giacca e cravatta».

«Ho riadattato il copione di Enzo Vitale ed Elena Cannio, in arte Liliana, in modo un po’ autobiografico – continua il direttore artistico del teatro del popolo -: innanzitutto ho voluto fare un omaggio a san Pietro a Patierno, il mio quartiere di nascita, spostando e ambientando lì la vicenda; poi ho dato ai personaggi tutti i nomi dei miei parenti. Quando, nove anni fa, allestii questa sceneggiata, partecipando anche come attore assieme a Maria Nazionale, nel recitare ritornavo un po’ bambino dentro di me: mi sembrava così di stare a casa mia con zi’ Totonno, con zia Carmela, con zi’ Gennaro…».

«In effetti – prosegue D’Angelo – mi è sempre piaciuto molto questo genere teatrale: quando “facevo filone” a scuola, vicino alla chiesa di santa Maria della Fede, andavo al teatro Duemila, che era a un paio di traverse: la sceneggiata iniziava alle 11 di mattina e si facevano tre, quattro spettacoli al giorno. Pure nella mia famiglia si amava la sceneggiata: il lunedì gli “scarpari” di san Pietro a Patierno facevano festa e andavano a vedere tutti quanti la sceneggiata, al Duemila o al teatro Italia, o al Trianon, che è stato un grande punto di riferimento per questa forma teatrale nella quale ha tanta importanza la canzone napoletana».

La sceneggiata, meglio conosciuta come sceneggiata napoletana, è un genere di rappresentazione popolare, che alterna il canto con la recitazione e il melologo drammatico, nato e sviluppatosi a Napoli particolarmente tra gli anni ’20 e gli anni ’40 del Novecento, che ebbe proprio nel Trianon uno dei teatri di riferimento, e in D’Angelo un apprezzato interprete nel revival che si ebbe negli anni ’70. «Raffaele Viviani, il commediografo al quale ho voluto dedicare il teatro di Forcella – puntualizza l’ex caschetto biondo della canzone -, definiva questo genere teatrale “la puttana dell’arte”, prendendone così le distanze. Però, se guardiamo da vicino qualche suo lavoro, come Lo Sposalizio, vediamo che si tratta di una sceneggiata di grandissimo livello. Forse voleva sottolineare l’importanza del testo, che spesso era esile e magari pure mortificato dal protagonismo degli attori. Non a caso scriveva delle parti fenomenali per la sorella Luisella e la sua compagnia. Diciamo che tra la sceneggiata e le opere di Viviani c’è un po’ il rapporto che possiamo vedere tra le canzoni neomelodiche e Nu jeans e na maglietta, un capolavoro del genere che, comunque, guarda oltre. Comunque non penso che la sceneggiata sia un fenomeno che possa ritornare. Però mi piace riproporre qualche classico come Zappatore, andato in scena al Trianon Viviani nel 2016, o, per l’appunto, Lacreme napulitane, che nove anni fa mi vide, sempre nel teatro del popolo, anche come attore con Maria Nazionale. Sono titoli che abbiamo amato tutti grazie a Mario Merola, l’artefice dell’ultima sceneggiata».

Questo allestimento di Lacreme napulitane vuole ricordare e rendere omaggio al «grande Mario», riproponendo, con il figlio Francesco, il binomio Merola – Gloriana che nacque proprio al Trianon nel 1959, quando i due artisti, al loro debutto come cantanti, parteciparono a un concorso di voci nuove: il primo premio andò a Merola e il secondo a Gloriana, che, essendo minorenne, vinse un pacco di cioccolatini.

(ANSA)

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Redazione

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