Omicidio Vannini, Trenta e il caso sul reintegro di Ciontoli nelle Forze Armate
“Sul caso dell’omicidio di Marco Vannini non posso entrare nei meriti della sentenza giudiziaria, poiché esula dalle mie competenze e prerogative, ma una cosa la posso fare: il mio impegno, il mio massimo impegno, fin quando sarò io a guidare il Ministero della Difesa, affinché al signor Ciontoli non sia concesso il reintegro in Forza Armata“. E’ quanto annuncia, tramite Facebook, Elisabetta Trenta, ministro della Difesa.
“Ho già in questo senso dato disposizioni alle competenti articolazioni della Difesa – sottolinea il ministro -. Colgo l’occasione per esprimere anche tutta la mia vicinanza ai cari e alla famiglia di Marco, in questo difficilissimo momento. Comprendo il vostro dolore, comprendo la vostra rabbia, ma sappiate che non siete soli“.
Marco Vannini, il 20enne ucciso nel 2015 dal sottufficiale di Marina Antonio Ciontoli in circostanze mai chiarite, forse a causa di un colpo partito per errore. Ciontoli è il padre dell’allora fidanzata di Vannini, e il ragazzo era morto proprio nell’abitazione di famiglia della ragazza. Nei giorni scorsi la pena di Ciontoli è stata ridotta da 14 a cinque anni perché i giudici della corte d’appello hanno derubricato il reato da omicidio volontario a omicidio colposo.
Il web risponde con una petizione on line, su Change.org, per riesaminare il caso, indirizzata al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, con oltre 130mila firme raccolte in poco più di un giorno.