(VIDEO) Bollate. Assalto portavalori gioielli Bulgari: così agì la banda dei ‘pugliesi’

La Polizia di Stato nella giornata di ieri e nel corso della notte ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nella provincia di Foggia e di Barletta-Andria-Trani, emessa dal G.I.P. dr. Carlo Ottone De Marchi su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, Dott.ssa Isabella Samek Lodovici, nei confronti di sette persone, G.V.D.A. 41 anni Cerignola, R.D. 29 anni Canosa di Puglia, F.M. 43 anni, C.L. 42 anni di Manfredonia, C.V. 41 anni Barletta, F.S. 37 anni San Giovanni Rotondo, A.Q. 43 anni San Giovanni Rotondo già detenuto presso la casa circondariale di Melfi, ritenute responsabili di una rapina pluriaggravata ai danni di un furgone portavalori della società di trasporti “Ferrari”, consumata il 15.10.2016 a Bollate (MI) in via La Cava.

L’indagine condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Milano con la stretta collaborazione della Squadra Mobile della Questura di Foggia e del Gabinetto Regionale della Polizia Scientifica di Milano, è stata avviata dopo l’imponente assalto al portavalori “Ferrari” sulla rampa di accesso della strada provinciale Monza-Rho.

Nel corso della rapina sono stati prelevati gioielli storici della ditta BULGARI, collezione “Heritage”, del valore stimato superiore ai 4 milioni di euro e gioielli di altre prestigiose case. Nella circostanza due furgoni della ditta “Ferrari”, dopo essere usciti dalla sede della società “Battistolli” di Paderno Dugnano (MI), sono stati bloccati da almeno 5 persone, travisate con passamontagna ed armate, giunte sul posto a bordo di tre auto.

Gli stessi, con una motosega, hanno creato un’apertura nella carrozzeria del furgone ed hanno asportato solo alcuni plichi contenenti i gioielli.

Abbandonata sul luogo della rapina una delle autovetture utilizzate, i rapinatori si sono allontanati a bordo di due autovetture.

L’attività investigativa è partita dall’analisi dei traffici di cella attraverso cui è stato possibile risalire alle utenze in uso ai rapinatori, localizzate dapprima in questo Capoluogo e poi nella provincia pugliese; dal successivo sviluppo dei tabulati telefonici è stato possibile risalire all’identità dei reali utilizzatori cui le utenze sono state poi attribuite.

Uno dei rapinatori, nel prelevare i sacchi dallo scorcio creato alla lamiera del portavalori, si era procurato una ferita da cui aveva perso sostanza ematica.

È stato così possibile estrapolare un profilo genetico valido che, mesi dopo, comparato con quello prelevato a F.S. nel corso di una perquisizione, ha dato riscontro positivo.

Redazione

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