(VIDEO) Caso Castel Volturno, Don Carmine Schiavone: “Non solo prostituzione ma traffico di organi sul nostro territorio”

C’è stata una delle ragazze  che a ottobre scorso ha cominciato a raccontare un po’ di questa situazione drammatica del commercio degli organi dicendo che alcuni amici suoi, per arrivare in Italia, hanno dovuto dare un rene, alcuni la cornea. Questo è quello che ci crea sconcerto. Si sta aprendo un varco terribile“. E’ il racconto di don Carmine Schiavone, responsabile Caritas diocesana, intervistato da VaticanNews, l’organo ufficiale del Vaticano.

Don Carmine è intervenuto per parlare dei recenti fatti come quello della mafia nigeriana a Castel Volturno nel Casertano. 

La presenza della mafia nigeriana in Italia non è una novità. Se ne parla già da almeno 25 anni, ma di recente sui suoi traffici e sui legami con la criminalità organizzata locale, sta indagando un pool internazionale di polizia, di cui fa parte anche l’Fbi.  A muovere le indagini, la possibilità che in Campania abbia origine un traffico di organi umani che giungono fino agli ospedali di diverse città americane. La mafia nera non agisce da sola, ma gode della collaborazione della camorra. Lo conferma ancora don Carmine: “Noi ci interessiamo di questa zona, siamo nel basso casertano, quindi al limite della provincia di Napoli e qui viviamo il dramma della camorra organizzata e siccome, soprattutto in Campania, la camorra è stata sgominata ai vertici dalla magistratura, essendo i capi clan tutti assicurati alla giustizia, adesso in qualche modo gli eredi si stanno potenziando, e la prostituzione e questo commercio danno loro manforte. La camorra, in fase di ricostruzione, sta quindi trovando un appoggio forte in questi input che vengono da fuori“.

http://www.larampa.it/2019/01/03/castel-volturno-fbi-sul-litotale-domitio-indagare-mafia-nigeriana/

L’impegno della diocesi di Aversa è seri e da 5 anni si è attivata per cercare di aiutare le vittime e offrire loro una possibilità di salvezza. “Per prima cosa –  sottolinea don Carmine – abbiamo realizzato una piccola locandina che consegniamo sui marciapiedi. E’ il primo approccio: così impariamo a chiamarci per nome e a conoscerci. Si cerca poi di dare loro un’opportunità, di dare un numero di cellulare, che è quello della Caritas “mobile”, e soprattutto di dare loro la possibilità di un’attenzione sanitaria gratuita, di un’accoglienza, una volta che scegliessero di lasciare la strada. Però il cammino veramente è lungo e richiede un accompagnamento continuo. Ma è un cammino legato ad un’inculturazione, legato logicamente a dei riti che noi non conosciamo minimamente quanto possano essere forti e avvertiti interiormente. Noi siamo sulla strada da cinque anni e possiamo contare, come Caritas, solo una decina di ragazze che hanno scelto di lasciare la strada. Ma è un cammino che è durato anni“. 

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Redazione

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